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Le parabole del seme

di Carlo Maria Martini

Credo che le prove attraversate dalla nostra fede siano analoghe a quelle di Gesù, dei suoi, di coloro che erano con Gesù, dei cristiani primitivi e di tutti coloro che lo seguono.
Le domande che possiamo farei dal punto di vista personale sono: perché Dio non mi fa migliore? Perché dopo tanti anni di vita ascetica, di impegno, di preghiera, di meditazione, siamo sempre gli stessi, con gli stessi piccoli difetti, con le stesse piccole difficoltà, quasi fossimo agli inizi della vita spirituale?

Perché la parola di Dio non mi ha trasformato? E poi, guardandoci attorno, ci possiamo chiedere: perché il Vangelo non cambia il mondo? Perché così poco frutto dal mio apostolato? Perché il nostro messaggio non è attraente, non ha un’immediata rispondenza nella gente, in modo da essere subito capito, assimilato e messo in pratica? Perché non c’è corrispondenza immediata tra la parola pastorale bene annunciata e la rispondenza della gente? Perché pastoralmente non è possibile programmare in modo da vedere presto una risposta che ci permetta di fare, in crescendo, un ulteriore programma con nuove risposte sempre migliori? Altre domande ei vengono poi, in momenti particolari della vita, nei momenti drammatici: perché la sofferenza? Perché questa morte, lo stroncamento di un apostolato che produceva tanto frutto? Perché Dio sembra non aver bisogno di persone all’acme dell’attività e del rendimento? Tutte situazioni nelle quali possiamo ripetere: Perché il Regno di Dio va così; perché non c’è un’immediata rispondenza tra potenza della Parola e sua attuazione? Ecco alcune ripercussioni di questa perenne purificazione della fede che si attua nei Dodici, nella Chiesa primitiva e in ciascuno di noi. Vediamo ora, come quarto punto della nostra riflessione, in che modo il capitolo delle parabole risponde a questa situazione di crisi.

Le tre parabole - che hanno come protagonista comune il seme - ci danno, ciascuna con ‘un messaggio diverso, la risposta alla domanda fondamentale: perché la parola di Dio non fa frutto subito e non trasforma il mondo, non trasforma gli altri, me stesso, ecc. La parabola - del seme che cresce da solo - è, come spesso avviene nel Vangelo, in certo modo il rovescio della precedente. La prima ci ha detto che la parabola non fa frutto da sola; qui, al contrario, si afferma: «spontaneamente» da sola (4, 28).

Vuole dire agli apostoli, che temono perché la parola è respinta, che la parola fa frutto a suo tempo. Bisogna avere fiducia, perché la parola seminata va avanti da sola. Buttatela quindi con coraggio, non tenetevi indietro dicendo che il terreno non va e bisogna aspettare condizioni migliori, non crediate di essere voi i padroni della parola. Voi sparge tela e poi andate pure a dormire; non pensateci più, ed essa da sola porterà frutto. Mentre la prima parola esprime un insegnamento di realismo, questa ci presenta un insegnamento di fiducia assoluta che la parola, da sola, fruttificherà. Basta seminarla con coraggio, con pazienza e con perseveranza.
La terza parabola - quella del granello di senape - è anch’essa adattata a questa situazione. Gli apostoli che sono attorno a Gesù vedono, ad un certo punto, che il loro gruppo rimane un piccolo gruppo, non si sviluppa, molta gente non prende seriamente il Maestro. Ed egli risponde ai loro muti interrogativi con la parola del grano di senapa, del piccolo seme. Non abbiate paura - dice - il Regno di Dio comincia con poco. Non vogliate pretendere chissà quali risultati; lasciate che le cose si sviluppino gradualmente: da piccoli semi, da invisibili inizi, nascerà il grande successo del Regno di Dio. Gesù chiede, in sostanza, agli apostoli una cambiale in bianco; chiede fiducia assoluta in Lui: venitemi dietro! Voi vedete che le cose non vanno bene, vi immaginavate di avere un Maestro trascinatore di folle, vedete invece che non lo sono. Questo non dipende da me, dipende dal fatto che il Regno ha la struttura di proposta di una persona ad un’altra persona; però il Regno di Dio è potenza di Dio e quindi si sviluppa certamente. Dal poco, Dio produrrà il molto; dal pochissimo, si svilupperanno cose immense. Gesù educa i suoi - e la Chiesa primitiva ripete questo insegnamento ai catecumeni - a chiudere gli occhi su ciò che sembra realtà perché si vede e ad aprirli su ciò che è; cioè, sulla realtà misteriosa del Regno di Dio che sta fruttificando silenziosamente, mentre noi non ce ne accorgiamo, e darà frutto a suo tempo.

                                                                                                                      (dal sito: www.insiemesullastessabarca.it)

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