È iniziato il tempo ordinario nel quale la Chiesa vive ogni giorno la sua fatica e la sua fedeltà, consapevole di essere il corpo del Signore, ma che riesce ad esserlo solo seguendo gli uomini che Dio ama, in attesa della novità, dell’inedito del Regno di Dio che sta preparando e costruendo assieme a Lui, ma che anche la sorprenderà.
L’Evangelo di Marco inizia dirci com’è questo Regno che stiamo attendendo, verso il quale stiamo camminando guardando avanti, imparando a vivere come Dio e lo fa con due parabole.
La prima racconta che il Regno è simile a un uomo che ha gettato il seme sulla terra: poi attende perché, dormi o vegli, di notte e di giorno quel seme in ogni caso germoglia e cresce. Nel suo racconto Marco sorvola sulla semina perché è già avvenuta: è stata la venuta del Signore che ha donato tutto, morendo e risorgendo per noi.
Nel frattempo che sta fra questa e il suo ritorno, la Chiesa assomiglia a questo contadino e deve fare come lui che sa che il seme è stato gettato ma che non spetta a lui (e quindi non spetta alla Chiesa, a noi) far crescere; sa pure che porterà senz’altro frutto ma non ci è dato di conoscere il come ed i tempi nei quali il Regno di Dio cresce.
Alla Chiesa, a noi, viene chiesto di stare in questo modo, di vivere questo frattempo con lo stesso atteggiamento fiducioso, assecondando la crescita del seme, vegliando sulla sua crescita pur accettando di non esserne i protagonisti. Quante volte la Chiesa è distratta e assomiglia quest’uomo che dorme e quante altre volte, per dono del suo Signore, veglia e pronuncia parole profetiche: è Dio che costruisce il suo Regno, non senza di lei ma al di là di lei. A noi sta accogliere il seme, della Parola, custodirla e meditarla come ha fatto Maria (Lc 2,19), accettare che fruttifichi con i suoi tempi, confidando nella misericordia e nella pazienza del Signore con il nostro terreno spesso sassoso se non irto di rovi.
La seconda parabola prosegue lo stesso discorso. Il chicco di senapa, che è il più piccolo dei semi, diventerà un albero grandissimo. Il cuore della parabola sta appunto nella sproporzione fra il seme e l’albero talmente grande che gli uccelli possono fare il nido fra i suoi rami, ripararsi alla sua ombra.
Alla Chiesa è chiesto di stare in questo frattempo, seguendo e rimanendo fedele agli uomini che Dio ama, nella consapevolezza che il Regno di Dio viene perché Lui sta preparando il banchetto nel quale berremo un vino nuovo. Non sa come, ma sa che verrà nonostante le sue inadempienze, il suo sopore, il suo dormire e, un giorno, avrà la gioia di scoprire con sorpresa quanto sproporzionato sia l’amore di Dio rispetto al suo piccolo modo di vivere la nostra storia. Si tratta di mettersi al servizio accettando di non essere i protagonisti, assecondarne la crescita vegliando su di essa al passo degli ultimi.
Domenica scorsa ci è stato detto che non è l’Eucarestia come non è la Chiesa la parola definitiva, al medesimo modo nel quale non lo è il seme di senape e quel chicco che è già stato seminato.
La parola definitiva sarà la regalità di Dio che è certamente già presente nella realtà, ma la supera, la oltrepassa, la sorprenderà.
L’Evangelo presenta poi una distinzione fra i discepoli e gli altri, ancora una volta quella distinzione fra la Chiesa e il mondo. Alla Chiesa è dato di vivere quello che stanno vivendo tutti all’interno di un Regno già presente che cresce anche se non si sa come, però alla Chiesa è affidata la parola per annunciarlo.
Anche noi, la Chiesa è una specie di parabola con la quale il Signore parla e spiega quella Parola che tutti stanno vivendo. Allora L’Evangelo di oggi non è un testo sul futuro, su quello che ci attende, è un testo fiducioso che ci annuncia quello che è già presente. Non è un testo che ci parla dell’escatologia, di quello che verrà alla fine, ma che ci indica qual è la fedeltà che ci è chiesta: stare in questo frattempo sapendo che non conosciamo come e quando il Regno verrà, ma con la certezza che il Signore sta pronunciandoci come una parabola per agli uomini, perché guardando la Chiesa capiscano qual è questo grande disegno d’amore che Dio sta conducendo lungo la propria storia.
Ordinariamente la Chiesa vive questo, aspettando di essere sorpresa alla fine del suo tempo da una parola più grande che Dio pronuncerà definitivamente quando Lui sarà tutto in tutti.
(BiGio)
Vivere il frattempo... un atteggiamento che non condiziona lo sviluppo e la crescita del seme, basta accogliere la Parola, vegliare e... fidarsi! Dio ci sorprende ogni giorno mostrandoci le sue opere dentro e fuori di noi. Lode a Te, Signore Gesù!
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