L’incipit è stata la lettura dell’articolo di Pier Giorgio Gawronski, Le chiese vuote e l’umanesimo integrale, apparso sull’Osservatore Romano lo scorso 22 febbraio, che pone con la domanda se l’uomo ha ancora bisogna di Dio (si può leggere l'articolo a questo link: https://www.osservatoreromano.va/it/news/2021-02/quo-043/le-chiese-vuote-br-e-l-umanesimo-integrale.html)
Da qui alcune osservazioni. Fino a qualche tempo fa tutto si basava su due principi: al dovere seguiva l’impegno ma, per seguirli, abbiamo dimenticato la fede riducendola a una morale: culturalmente questo non regge più.
La fede oggi è una possibilità e non più una evidenza perché non si nasce più cristiani, si può forse diventarlo anche se l’esserlo non è più percepito come necessario per vivere bene ed avere un orizzonte di senso.
D’altra parte Gesù stesso si è reso “non necessario” perché ha fatto di sé stesso un dono totalmente gratuito non obbligato e non è necessaria la fede per essere salvi, ma l’amore.
Lo si comprende guardando alle due parabole affiancate che troviamo in Mt 13,44-46 quella del tesoro nascosto nel campo e della perla preziosa. I due personaggi vivono situazioni diverse: il primo non sta cercando il tesoro, mentre il secondo sta cercando una perla preziosa; tutti e due vengono sorpresi, spiazzati, da quello che trovano. Il finale è uguale: i due personaggi vendono tutto quello che hanno per acquistare il primo il campo nel quale ha trovato il tesoro e, il secondo, per acquistare la perla preziosa.
Quale fede allora può avere un futuro? Solo quella della grazia, della gratitudine, della gioia.
Papa Francesco ha un riferimento costante alla gioia come eco dell’incontro con Cristo. Basta leggere i titoli delle sue encicliche e lettere apostoliche per rendersene conto.
Quale spiritualità, quale fede il Papa invita ad avere? Certamente non intimistica, né quella legata a doveri e impegni, bensì a quella che proviene dall’esperienza di essere stati amati che ci rilancia nella vita in contesti più ricchi, più grandi che fanno esplodere la vita verso tutti, con gratitudine, responsabilità, dedizione.
Da questo nasce una fede e una spiritualità adulta che porta a stare al mondo nel modo nel quale lo è stato Gesù che prese il pane rese grazie, lo spezzò e lo diede. Se prende il pane e rende grazie significa che non lo possiede, riconosce che gli viene da altro, lo condivide (il riferimento è alla sua vita) e, a sua volta lo dona.
Fare altrettanto (fate questo in memoria di me, ndr) significa avere una fede adulta perché è presa di coscienza di essere stati graziati, per questo si è grati e gratuiti, senza confini, senza limiti.
Una fede adulta allora è avere con questo atteggiamento una spiritualità prima di tutto incarnata nella terra; capace di ospitare cioè che sa che non può più darla ma solo testimoniarla; capace di farsi ospitare da tutte le culture. A Zaccheo Gesù non dice di scendere dall’albero e di andare a casa sua, ma è lui che si fa ospitare, che va a casa di Zaccheo.
Ancora, una fede che, una Chiesa che sa regalare la differenza cristiana che non è una contro-cultura, ma che è a favore di tutti e di tutto.
(BiGio)
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Alcuni appunti dall’intervento di Simone Morandini
Come ripartire oggi dopo il Covid-19? Con un ripensamento costruttivo o cercando di ripristinare lo status ante? Viene da chiedersi: “quando tornerà, troverà ancora fede sulla terra?”
La sfida è di riuscire a dire Dio come sorpresa, annunciare un Signore che accompagna e dona futuro, una salvezza sorprendente, gratuita, capace di dedizione, di custodia che predispone alla pratica della cura.
È necessario essere coscienti che lo Spirito non crea l’identico, ma suscita l’inedito. Isaia 43,19 il Signore dive: Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?
Che cosa sta nascendo di nuovo oggi?
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