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La differenza tra due domande


L’Evangelo di oggi può essere letto come la barca della Chiesa nelle difficoltà del mondo che il Signore salva dalla tempesta nella quale si trova. Però nel brano c’è anche altro e, forse, più importante perché Marco desidera condurci a capire cosa significhi aver fede nel tempo nel quale ci troviamo e che sta tra le due venute del Signore.  

Ci fa comprendere fin dall’inizio che c’è una continuità tra il racconto delle due parabole sul Regno e quello di oggi perché inizia con un “In quel medesimo giorno” che potremmo tradurre “in questo nostro tempo”, il tempo nel quale il contadino (noi) sta attendendo che, senza sapere il come, il seme germogli e porti frutto. 

Tre domande innervano il racconto e guidano alla sua comprensione: una dei discepoli a Gesù, una di Gesù ai discepoli, un’altra dei discepoli che si scambiano tra di loro. Con la prima, svegliano Gesù chiedendogli se non gli importa nulla di loro che sono sull’orlo della morte all’interno di una tempesta. È una domanda che siamo tentati di rivolgere anche noi al Signore nelle nostre difficoltà e ogni volta che non riusciamo a percepire la sua presenza: che Dio sei Signore? Dov’è la tua onnipotenza? Sei scomparso dai nostri orizzonti? Ti sei manifestato nella nostra debolezza incarnandoti, ma ora facciamo fatica a percepirti … hai abbandonato la nostra realtà, i nostri orizzonti? Ti importa ancora di noi?

Gesù si desta e fa tacere la tempesta che mette in difficoltà. Ora però ha diritto lui di porre una domanda, è quella centrale, cioè fondamentale: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”. 

Vale a dire: dopo che io vi ho dato tutto, dopo che vi ho messo in questo frattempo alla maniera del contadino, dandovi la garanzia che il mio Regno è già presente e fiorirà certamente, come potete non avere ancora fiducia in me? Temere che non mi importi più nulla di voi?

Marco ci introduce così nel grande tema dell’aver fede in un Dio che, incarnandosi nella nostra umanità, si è così abbassato da apparire ai nostri occhi meno di quello che noi ci aspetteremo e siamo tentati di porgli la domanda posta all’inizio di questo Evangelo. Una domanda senza fede, atea si potrebbe dire.

Gesù risponde assicurandoci nuovamente che nella storia, nei nostri giorni dove a volte tutto sembra andare a rotoli, sta in ogni caso maturando il suo Regno anche se non comprendiamo il come e ci invita ad avere in ogni caso “fede”, fiducia, come il contadino delle parabole immediatamente precedenti.

Questo scuote gli apostoli che si pongono l’un l’altro la terza domanda: “Chi è costui?”. Questa è una domanda sostanzialmente uguale a quella incontrata poco prima della Quaresima, dopo che Gesù aveva guarito un indemoniato nella Sinagoga di Cafarnao anche lì invitando a tacere lo spirito che aveva cacciato da quell’uomo. Anche allora i presenti si erano chiesti: “Chi è costui che ha una simile autoritàDa dove gli viene?” e, da allora a oggi, il cammino che ci è stato proposto dalla liturgia ha cercato di farcelo comprendere. Non ci è bastato come non è bastato agli apostoli. 

Ecco allora di nuovo l’invito a porci la domanda giusta: “Chi è costui?” perché vogliamo conoscere il volto di questo Dio-con-noi, non accusando più Dio di essere assente dai nostri giorni, non ponendogli più una domanda che lo giudica, ma quella fondamentale: “Vogliamo conoscere questo Signore al quale persino il vento e il mare gli obbediscono” per conoscerlo sempre di più. Gli evangeli delle prossime settimane ci accompagneranno ed aiuteranno in questo e a comprendere meglio che cosa significa aver fede.

(BiGio)

1 commento:

  1. Commento chiaro, profondo, espresso in modo comprensibile per chi cerca la risposta alla domanda che porta alla fede: Chi è costui?
    Grazie

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