I cristiani, dicono gli Atti degli apostoli (2,42), uniti fraternamente “erano assidui nella frazione del pane”.
Spezzare il pane: il gesto di Gesù nell’Ultima Cena è il primo nome dato all’Eucaristia ed è anche una delle immagini più frequenti nell’arte delle origini, quella delle catacombe.
Le catacombe in questione si trovano lungo la via Salaria.
Il nome deriva probabilmente dal nome della donna che donò il terreno per la realizzazione dell’area sepolcrale.
Le catacombe vennero scavate nel tufo a partire dal II secolo e fino al V secolo, quando raggiunsero la struttura definitiva, che si sviluppa complessivamente per 13 chilometri di gallerie sotterranee.
Fra le raffigurazioni presenti ve n’è una che rappresenta un banchetto eucaristico (Fractio Panis), cui partecipano alcuni uomini ed una donna.
Questa immagine del II secolo, che si trova nella Cappella Greca della più antica catacomba romana, quella di Priscilla, è un documento importantissimo: è forse la prima rappresentazione della CENA EUCARISTICA come veniva celebrata – in una casa privata – nei primi anni dopo Cristo, dai cristiani delle origini.
La scena è gioiosa, dipinta con tocco rapido su uno sfondo rosso pompeiano, presenta una mensa con pani, pesci e un calice; intorno alla mensa sono disposte sette figure: cinque uomini adagiati sul divano romano – il triclinio – una donna seduta col capo velato e, all’estremità destra nel posto d’onore, un uomo che indossa tunica e pallio; è seduto, ha le braccia protese sulla mensa e compie l’atto di spezzare il pane.
Leggiamo negli atti degli Apostoli (At. 2,42; 20,7-11; 27,35) che i cristiani della prima chiesa di Gerusalemme, “nel giorno del Signore”, la domenica, giorno della risurrezione di Cristo, si radunavano in case private a “spezzare il pane” ripetendo il gesto di Gesù descritto da Paolo nell’anno 55: Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». 1Cor 11,23-25
Sul lungo tavolo della scena catacombale, appaiono ai lati della mensa sette ceste contenenti dei pani, tre da una parte quattro dall’altra. Le sette ceste rimandano al racconto della moltiplicazione dei pani e dei pesci: «Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie li distribuì, così fece per i pesci» (Mc 6,41-43) un fatto
che allude, come dice Giovanni al Cap. 6, al cibo eucaristico, Pane Vivo che avrebbe dato Gesù «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna» (Gv 6,54).
Luca e Paolo riportano il racconto dell’istituzione dell’Eucaristia concludendo con l’invito del Signore «fate questo in mia memoria». Fare “memoria” in senso biblico non è, secondo le nostre concezioni, un semplice riferimento al passato, ma è un “rendere presente” nell’oggi l’azione di Cristo; come gli ebrei che, nel banchetto pasquale ebraico, facevano e fanno memoria della storia dell’alleanza e attualizzavano l’evento della loro liberazione dalla schiavitù d’Egitto, rendendolo presente per ciascuno di loro. Facendo “memoria” in senso biblico della morte e risurrezione di Cristo, l’azione di Gesù è resa attuale ed efficace per i credenti di tutti i tempi; il Risorto è realmente vivo e presente con il suo Corpo e il suo Sangue come nel Giovedì Santo, del 14 di Nisan (aprile) fra l’anno 30 e 33 quando, sapendo che sarebbe stato ucciso come agnello pasquale della Nuova Alleanza, Gesù volle consegnare, nel segno del pane e del vino, come supremo atto di amore ai discepoli il suo corpo e il suo sangue, per restare con loro per sempre “Sarò con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo” (Mt 28,20).
(da www.insiemesullastessabarca.it)
Nessun commento:
Posta un commento