La risposta del Papa: "Pensa a Pietro quando ha presentato le dimissioni..." e la reazione del card. Marx


In una lettera la risposta di Papa Francesco al cardinale Marx in cui respinge le dimissioni, riconoscendone il coraggio. Notevole la conclusione di Papa Francesco:

"Mi piace come finisci la lettera: “Continuerò con piacere ad essere sacerdote e vescovo di questa Chiesa e continuerò ad impegnarmi a livello pastorale finché lo riterrò sensato e opportuno". E questa è la mia risposta: continua come ti proponi ma come arcivescovo di Munchen e Freising. E se sei tentato di pensare che, confermando la tua missione e non accettando la tua rinuncia, questo Vescovo di Roma (tuo fratello che ti ama) non ti comprende, pensa a ciò che ha provato Pietro davanti al Signore quando, a suo modo, ha presentato le dimissioni: "allontanati da me, perché sono un peccatore", e ascolta la risposta: "pasci le mie pecorelle".

All'invito del Papa il card Marx ha reagito con questa dichiarazione: «La lettera di papa Francesco mi ha sorpreso. Non pensavo che avrebbe reagito così presto e non mi aspettavo neppure la sua decisione che io dovessi proseguire il mio servizio come arcivescovo di Monaco e Frisinga. Sono commosso per l’ampiezza e il tono molto fraterno della lettera e sento quanto egli comprenda e abbia accolto le mie preoccupazioni. In obbedienza accetto la sua decisione, come gli avevo promesso.
Ciò significa però per me e per il nostro lavoro comune nell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga la necessità di riflettere su quali strade possiamo intraprendere – anche di fronte ad una storia di molteplici fallimenti – per annunciare e testimoniare il Vangelo. In questo il vescovo non è solo e nelle prossime settimane rifletterò sul modo in cui possiamo maggiormente contribuire insieme al rinnovamento della Chiesa qui nella nostra arcidiocesi e in generale, perché il papa riprende molte delle cose di cui scrivo nella mia lettera e ci dà molti incitamenti. Riguardo a ciò che ho sottolineato anche nella mia dichiarazione, rimane il fatto che io devo assumermi una responsabilità personale e che ho anche una “responsabilità istituzionale”, in particolare nei confronti delle vittime, le cui prospettive devono essere prese in considerazione in misura maggiore. Sia per me che per l’arcidiocesi, la strada non può essere semplicemente quella di tornare al lavoro come al solito»
(da www.erzbistummuenchen.de)

In precedenza Francesco nel rispondere alla lettera di dimissioni del card Marx gli aveva scritto che “tutta la Chiesa è in crisi a causa della vicenda degli abusi”. “La Chiesa – aggiunge - oggi non può fare un passo avanti senza assumere questa crisi” perché “la politica dello struzzo non porta da nessuna parte, e la crisi deve essere assunta dalla nostra fede pasquale. I sociologismi e gli psicologismi sono inutili”.

“Assumere la crisi, personalmente e comunitariamente – afferma Francesco - è l’unica via fruttuosa perché non si esce da una crisi da soli ma in comunità”. Nella lettera, pubblicata in spagnolo e tedesco, il Papa scrive: “Sono d'accordo con te nel descrivere la triste storia degli abusi sessuali e il modo in cui la Chiesa l'ha affrontata fino a poco tempo fa come una catastrofe. Rendersi conto di questa ipocrisia nel modo in cui viviamo la nostra fede è una grazia, è un primo passo che dobbiamo fare. Dobbiamo farci carico della storia, sia personalmente che come comunità. Non possiamo rimanere indifferenti di fronte a questo crimine. Accettare significa mettersi in crisi”.

È vero, aggiunge Francesco, “che le situazioni storiche devono essere interpretate con l'ermeneutica del tempo in cui sono accadute, ma questo non ci esime dal prenderle in carico e assumerle come la storia del ‘peccato che ci assedia’. Perciò, secondo me, ogni vescovo della Chiesa deve assumerlo e chiedersi: cosa devo fare di fronte a questa catastrofe?”.

Il Papa ricorda il “mea culpa” già più volte ripetuto “di fronte a tanti errori storici del passato”. Oggi, spiega, “ci viene chiesta una riforma, che - in questo caso - non consiste in parole ma in atteggiamenti che hanno il coraggio di affrontare la crisi, di assumere la realtà qualunque siano le conseguenze. E ogni riforma comincia da sé stessi. La riforma nella Chiesa è stata fatta da uomini e donne che non hanno avuto paura di entrare in crisi e lasciarsi riformare dal Signore”. Questo “è l'unico modo, altrimenti non saremo altro che ‘ideologi della riforma’ che non mettono in gioco la propria carne”, come invece ha fatto Gesù, “Il Signore non ha mai accettato di fare ‘la riforma’ (mi consenta l'espressione) né sul progetto dei farisei né su quello dei sadducei, degli Zeloti o degli Esseni, ma lo ha fatto con la sua vita, con la sua storia, con la sua carne sulla croce”. E questo “è il modo, il modo che tu stesso, caro fratello, hai assunto nel presentare la tua rinuncia”, perché “seppellire il passato non ci porta a nulla. Il silenzio, le omissioni, il dare troppo peso al prestigio delle istituzioni portano solo al fallimento personale e storico e noi a convivere con il peso di ‘avere scheletri nell'armadio’, come si suole dire”.

“È urgente – prosegue la lettera – ‘dare aria’ a questa realtà degli abusi e di come la Chiesa ha proceduto, e lasciare che lo Spirito ci conduca al deserto della desolazione, alla croce e alla resurrezione. È la via dello Spirito che dobbiamo seguire, e il punto di partenza è l'umile confessione: abbiamo sbagliato, abbiamo peccato. Né i sondaggi né il potere delle istituzioni ci salveranno. Non ci salverà il prestigio della nostra Chiesa, che tende a nascondere i suoi peccati; non ci salverà il potere del denaro o l’opinione dei media (così spesso siamo troppo dipendenti da loro). Ci salveremo aprendo la porta a Colui che può farlo e confessando la nostra nudità: ‘ho peccato’, ‘abbiamo peccato’... e piangendo, e balbettando come meglio possiamo quel ‘allontanati da me, perché sono un peccatore’, l'eredità che il primo Papa ha lasciato ai papi e ai vescovi della Chiesa”. Così facendo, “sentiremo quella vergogna guaritrice che apre le porte alla compassione e alla tenerezza del Signore che è sempre vicino a noi”.

(in “vatican.va” del 10 giugno 2021)

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