Dio si fa migrante, la giornata del 29 settembre vista dagli scalabriniani

Un colloquio con Gioacchino Campese, docente di ‘Teologia della mobilità umana’ alla Pontificia Università Urbaniana

“L’accento posto sulla sua dimensione sinodale permette alla Chiesa di riscoprire la propria natura itinerante, di popolo di Dio in cammino nella storia, peregrinante, diremmo ‘migrante’ verso il Regno dei cieli (‘Lumen gentium’, 49). Viene spontaneo il riferimento alla narrazione biblica dell’Esodo, che presenta il popolo d’Israele in cammino verso la terra promessa: un lungo viaggio dalla schiavitù alla libertà che prefigura quello della Chiesa verso l’incontro finale con il Signore. Allo stesso modo, è possibile vedere nei migranti del nostro tempo, come in quelli di ogni epoca, un’immagine viva del popolo di Dio in cammino verso la patria eterna”.

Attingendo dalla parte iniziale del messaggio (‘Dio cammina con il suo popolo’) di papa Francesco per la 110^ Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che si celebra domenica 29 settembre, abbiamo domandato a...

L'articolo di Simone Baroncia continua a questo link:

https://www.acistampa.com/story/26293/dio-si-fa-migrante-la-giornata-del-29-settembre-vista-dagli-scalabriniani?utm_campaign=ACI%20Stampa&utm_medium=email&_hsenc=p2ANqtz-_gha447rr93v7pG6NIT99wEjJG3WiifgFVRwgv7I0iabh1IcQl8_qUs-pr92elh8BqVHEPG4pf-p0lsboCIsgmWhwTRg&_hsmi=326712305&utm_content=326712305&utm_source=hs_email

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Il messaggio di Papa Francesco per la 110 Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato è a questo link:

https://www.vatican.va/content/francesco/it/messages/migration/documents/20240524-world-migrants-day-2024.html

Alessandro D'Avenia: Kafkiano

La vita offre spesso gli indizi per risolvere un po’ del suo mistero. La scorsa settimana ne ho ricevuti alcuni che forse fanno una prova.

1. Ho visto un bambino gattonare da solo. Avanzava, si fermava, si voltava a guardare il padre dietro di lui, e poi riprendeva senza paura. Così, diverse volte, fino ad allontanarsi tanto che molti erano in apprensione, ma non lui né il padre. 
2. Ho incontrato i ragazzi di alcune scuole. I loro insegnanti mi avevano mandato in anticipo le domande suscitate dalla lettura di un libro, 50 domande tra cui questa: “Quale consiglio può dare a noi giovani affinché non ci lasciamo bloccare dalla paura di fallire?”. 3. Una studentessa alle prese con un tema di preparazione alla maturità, commentando i versi di una poetessa, scriveva: “La poesia non è un’arte elitaria destinata a qualche eletto, ma è prima di tutto un atteggiamento mentaleche consta dell’amore per la bellezza del quotidiano”. 
3. Oggi è il centenario della morte di Franz Kafka, uno degli autori che ho incontrato proprio nell’anno della maturità e che da allora non ho smesso di frequentare. Ispirato dall’anniversario ho letto Conversazioni con Kafka dello scrittore Gustav Janouch che, da adolescente, poiché il padre lavorava nella stessa compagnia assicurativa di Kafka, lo conobbe ed ebbe come amico e mentore.

Che cosa hanno in comune fatti così diversi?

La riflessione di Alessandro D'Avenia è a questo link:

https://www.profduepuntozero.it/2024/06/04/ultimo-banco-204-kafkiano/

Il Foglietto "La Risurrezione" di Domenica 29 settembre

 



L’incubo della «prima guerra dell’acqua» scatena il caos-alleanze in Corno d’Africa

Al centro della contesa c’è la diga sul Nilo Azzurro in cui l’Etiopia vuole attivare sette nuove turbine entro l’anno. L’Egitto ha siglato un patto con la Somalia per punire Addis Abeba.


 Il Corno d’Africa è attraversato da ampie linee di faglia che determinano una netta contrapposizione tra i diversi schieramenti. La macroregione è estremamente vulnerabile e soggetta a turbolenze e squilibri che potrebbero scatenare un conflitto a tutto campo. Un fattore chiave nell’interpretazione di quanto sta avvenendo è rappresentato dall’accesso alle vie d’acqua, poco importa che si tratti del Nilo o del Mar Rosso. Il primo ministro dell’Etiopia Abiy Ahmed ha promesso recentemente ai propri sostenitori che sette turbine del Gerd, il grande complesso idroelettrico sul Nilo Azzurro, saranno operative prima della fine di quest’anno, precisando che la capacità di stoccaggio del bacino dovrebbe raggiungere i 71 milioni di metri cubi di acqua entro lo stesso lasso di tempo. Come era prevedibile, Egitto e Sudan contestano al governo di Addis Abeba il diritto di impedire il libero flusso dell’acqua senza che venga raggiunta un’intesa vincolante con i Paesi a valle. In particolare, chiedono che ...

L'intero articolo di Giulio Albanese è a questo link:

https://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt202409/240922albanesegiulio.pdf


La nuova teologia per un mare fiorito

Mediterraneo da ascoltare, da consolare, da umanizzare. Per resistere. All’ondata di odio che sta avvelenando le sponde di questo mare meticcio, squarciato da guerre e disuguaglianze. Ferito dalla povertà, rosso di sangue. Attraverso ferite è anche il tema del Festival Francescano, a Bologna da giovedì 26 a domenica 29 settembre: tra i relatori ci sarà il cardinale Jean-Marc Aveline arcivescovo di Marsiglia, città che incrocia storie e identità. Epicentro di una teologia del Mediterraneo che si batte per il dialogo tra popoli e religioni.

"Il 12 settembre abbiamo festeggiato a Parigi i 50 anni del Servizio nazionale della Conferenza dei vescovi di Francia per il dialogo con i musulmani. È stata l’occasione per constatare, a dispetto delle varie crisi vissute, che ognuno di noi si è speso per portare avanti il progetto. Questo per dire che il dialogo interreligioso, come ogni dialogo, è fragile come la fiamma di una candela, ci obbliga a vegliare. E per noi cristiani non è solo questione di pace sociale, a cui è comunque bene contribuire. Si tratta piuttosto di un obbligo che nasce dalla nostra fede in un Dio trinitario, un Dio che, essendo egli stesso relazione, non smette di invitarci a entrare in contatto con i nostri fratelli, nel contesto in cui ci troviamo. Quando i dibattiti accademici arrivano a un vicolo cieco, le relazioni interpersonali tra credenti di religioni diverse possono continuare e questo, lentamente ma realmente, fa avanzare il dialogo...."

L'intervista a jean-Marc Aveline a cura di Annachiara Sacchi è a questo link:

https://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt202409/240922avelinesacchi.pdf

Cristianesimo e migranti

Nella Bibbia è talmente evidente il riconoscimento da parte di Dio del povero e degli stranieri che ci si chiede come possa ancora destare stupore un Papa che collega peccato e non accoglienza dei migranti

In una recente udienza generale, Papa Francesco ha detto una cosa scontata, persino banale nella sua semplicità: mare e deserto si sono trasformati in cimiteri per coloro che fuggono da povertà, guerra e disperazione. In particolare, il Mediterraneo – il Mare Nostrum, un tempo crocevia di civiltà – oggi è solo una distesa d’acqua che inghiotte sogni e vite: non solo per le difficoltà oggettive di questi viaggi della speranza spesso condotti su mezzi di fortuna, ma anche per la negligenza di una politica che ha scelto di chiudere gli occhi e avallare politiche di respingimento. Ecco, quando tutto questo male è fatto con consapevolezza e responsabilità, allora siamo di fronte a un peccato grave.

Se non si è credenti, si può tranquillamente essere indifferenti a queste (e altre) parole del Papa. Il guaio è quando a fare i conti con queste parole devono essere i nuovi rappresentanti della ...

La riflessione di Gian Paolo Bertone continua a questo link:

https://www.vinonuovo.it/teologia/etica/cristianesimo-e-migranti/

la Madonna di Medjugorje e le «nubi» sui veggenti

Giovedì scorso il Vaticano ha pubblicato una Nota, intitolata «La Madonna della pace», secondo la quale sia le apparizioni che i veggenti di Medjugorje sono «supposti»; ad essi si può credere o non credere; tuttavia, precisa, è accertato il rinnovamento della vita cristiana di moltissimi pellegrini (un milione l’anno) che si recano nel villaggio della Bosnia Erzegovina dove tutto cominciò nel 1981.

Il documento, firmato dal cardinale Victor Manuel Fernandez, prefetto del Dicastero per la dottrina della fede, appare salomonico: evita assolutamente di affermare la verità e veridicità delle «supposte» apparizioni; precisa che esse non sono materia di fede; e, nel contempo, constata il rifiorire della vita cristiana di tante persone che si sono recate a pregare nel piccolo villaggio situato tra i monti della ex Jugoslavia.

Sarà chiuso, ora il dibattito intra-cattolico «pro» e «contro» Medjugorje? Pare improbabile...

L'articolo di Luigi Sandri è a questo link:

https://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt202409/240923sandri.pdf



Chiedo perdono se la missione dovesse essere meno di questo!

Il dibattito innescato da Vito Mancuso sulle parole del vescovo Repole forse richiede teologicamente un aggiornamento, un riconoscimento e un incontro...


«Io sono cristiano perché credo fermissimamente ciò che dice Pietro nel libro degli Atti: che non c’è nessun altro nome in cui c’è salvezza, se non Gesù̀ Cristo. Chiedo perdono, ma per meno di questo io non riuscirei a essere cristiano». A partire da queste parole di Mons. Roberto Repole, arcivescovo di Torino, il professor Vito Mancuso coglie l’occasione per una importante invettiva contro l’esclusivismo della Chiesa Cattolica – peraltro superato da successive prospettive teologiche – che per troppo tempo ha legato la salvezza d’ogni persona al riconoscimento del solo nome di Cristo e del valore insuperabile della sua rivelazione, quando invece avrebbe potuto aprire ad altre vie di salvezza secondo quella prospettiva plurale che è propria e degna delle società moderne.

Ora, vorrei proporre alcune considerazioni non tanto in risposta alle parole del prof. Mancuso, quanto per fare in modo che il dibattito non si nutra solo della contrapposizione o dell’antagonismo. In questo senso, vorrei ovviare al rischio di polarizzare il confronto o scivolare nel politicamente corretto che cerca sponde in quella diffusa postura anticlericale, antidogmatica e liberale che finisce col mettersi a servizio di un certo mainstream del pensiero, delle pratiche sociali e delle vendite. Ci muoveremo secondo tre traiettorie, quella dell’aggiornamento teologico, quella del riconoscimento teologico e quella dell’incontro teologico....

L'interessante intervento di Alberto Caccaro è a questo link:

https://www.vinonuovo.it/teologia/pensare-la-fede/chiedo-perdono-se-la-missione-dovesse-essere-meno-di-questo/

Un sistema perverso: il 3+2

L'università dovrebbe definire contenuti e metodi della didattica in base al tipo di studenti e ai contesti sociali. Ma si stringe in una morsa temporale del tutto incompatibile con le sue finalità

I principi che stanno alla base della nuova università sono tre: il contratto, la flessibilità educativa e didattica, la capacità di rendere conto, una capacità quest’ultima sospesa in uno spazio molto ambiguo dove l’accountability viene sistematicamente tradotta in termini di accounting. Nella nuova università, responsabilità significa brutalmente rendicontazione. Questi principi sono ricompresi all’interno di una cornice generale, che dalla metà degli anni Novanta abbiamo appreso a chiamare autonomia. L’autonomia dell’università è il principio primo di tutto il sistema, la condizione di possibilità dalla quale discende il resto.

Che cos’è però autonomia? Alla fine del XX secolo, con la conclusione della Guerra fredda e con il venir meno delle esigenze che le erano connesse di prestigio nazionale, l’autonomia è il modo di funzionare dell’università quando questa smette di dover tener conto della cornice dello Stato-nazione. Autonomia è l’espressione e al tempo stesso lo strumento della disarticolazione del rapporto storico tra ...

L'opinione di Adolfo Scotto di Luzio continua a questo link:

https://www.rivistailmulino.it/a/un-sistema-perverso-br-il-3-2?&utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=Strada+Maggiore+37+%7C+A+scuola+%5B9700%5D

La qualità (perduta) della formazione dello studente

Le scelte politiche mirate a realizzare l’idea di una «scuola di massa» hanno fallito. Diversi esempi registrano un processo degenerativo che sembra ormai difficile da arrestare

Tutti i processi degenerativi hanno un inizio e quello della perdita di qualità della formazione dello studente comincia con due scelte politiche consonanti dal punto di vista cronologico ma velleitarie dal punto di vista degli esiti: l’una affidata alla commissione dei saggi istituita dal ministro Berlinguer per definire le coordinate di “una nuova scuola” per i decenni a venire (1997), l’altra importando in Italia un modello ordinamentale anglosassone, il cosiddetto 3+2 (1999), del tutto estraneo alla nostra storia, con l’intento di dare una sforbiciata al tempo della formazione universitaria dello studente italiano. Scelte cariche dello spirito utopico di un’idea di scuola di massa che avrebbe conseguito risultati di qualità “destrutturandosi e riedificandosi” in coerenza con la fluidità del mondo del lavoro, e nell’illusione che l’accorciamento del percorso di studi universitario vi avrebbe immesso i giovani a 22 anni, come accadeva in tutto il mondo avanzato, invece che a 26, come accadeva allora in Italia. Scelte pensate “investendo” sulla partecipazione delle famiglie, come recitava il documento congedato dalla commissione dei saggi.

A distanza di cinque lustri il bilancio è ...

L'opinione di Loredana Perla continua a questo link:

https://www.rivistailmulino.it/a/la-qualit-perduta-della-formazione-dello-studente?&utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=Strada+Maggiore+37+%7C+A+scuola+%5B9700%5D

Assisi, in tremila in marcia per la pace 2024. Il tema di quella 2025 che sarà europea

Circa tremila persone hanno preso parte alla Marcia della pace 2024 e della fraternità lunga 4 km da Santa Maria degli Angeli ad Assisi: una mobilitazione che ha visto la presenza di tanti giovani contro la guerra e contro il riarmo.. Intanto da oggi a Parigi si apre l'Incontro Internazionale organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio "Immaginare la Pace"


Bandiere arcobaleno, le note di “Imagine” di John Lennon e lo striscione “Prima di tutto la Pace” hanno caratterizzato il corteo al quale si sono uniti anche diversi bambini. Tra i partecipanti, oltre alla sindaca di Assisi Stefania Proietti, i rappresentanti di oltre 120 comuni e province provenienti da ogni parte d'Italia.
Lanciato anche lo slogan della prossima “PerugiAssisi”, “Imagine all the People Living Together in Peace” (Immagina tutte le persone vivere insieme in pace). “Un percorso che faremo assieme – ha concluso Lotti – a due grandi fari che descrivono un orizzonte alternativo alla guerra totale: la lettera di Papa Francesco “Fratelli Tutti, per la fraternità e l’amicizia sociale” e l'Agenda 2030 dell'Onu per lo sviluppo sostenibile”.

L'articolo di Paolo Ondarza è a questo link:


24 settembre 1961: la prima Marcía della Pace


Con la Marcia della pace, fortemente voluta da Aldo Capitini, si avvia un processo di maturazione civile della Repubblica. E si inaugura una nuova forma di protesta pacifica destinata ad avere molto successo negli anni seguenti

Non è semplice riassumere in poche battute il significato della prima Marcia della pace che da Perugia si inerpicò fino alla rocca di Assisi la mattina del 24 settembre 1961: sicuramente per la storia del pacifismo italiano si trattò di un punto di svolta, di una data fortemente periodizzante in grado di segnare un prima e un dopo. Ma una qualche rilevanza, magari più simbolica che fattuale, la si può rintracciare anche nella storia stessa dell’Italia repubblicana: una marcia laica, la cui genesi andava ricercata sorprendentemente al di fuori dei partiti politici, al di sopra della logica manichea della Guerra fredda, della contrapposizione dei mondi e dell’appartenenza ideologica a una delle «due chiese». Una iniziativa che, in qualche modo, testimoniava l’avvio di un processo di maturazione a livello civile da parte di una Repubblica adolescente, di un Paese che da poco più di quindici anni si era liberato del suo passato fas­­cista e della sua pedagogia bellicista e violenta e aveva imboccato, pur tra mille contraddizioni, la strada della democrazia. Provo a sintetizzare tutto questo ricorrendo a ....

L'articolo di Amoreno Martellini è a questo link:

https://www.rivistailmulino.it/a/24-settembre-1961-la-prima-marcia-della-pace?&utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=Strada+Maggiore+37+%7C+Il+ritorno+della+guerra+%5B9663%5D

Adolescenti imprigionati

Seguendo gli episodi drammatici di Paderno Dugnano anch’io mi son posto la domanda che cosa è potuto succedere, se un diciassettenne ha ucciso i genitori e il fratello più piccolo. Non ho risposte. Posso però raccontare un’esperienza positiva vissuta per capire dove dirigersi.


Avendo vinto un bando nazionale sul recupero scolastico per minori, abbiamo creato un centro diurno per adolescenti, dagli 11 ai 17 anni. Lo abbiamo chiamato The Tube, come la metropolitana di Londra. Nessun annuncio ufficiale, nessuna etichetta. Due operatori professionisti con l’apertura della sede dalle 15 alle 19, tutti i giorni eccetto il sabato e la domenica.

Per far conoscere l’iniziativa, sono stati agganciati alcuni ragazzi e ragazze della “piazzetta”, uno dei luoghi di ritrovo della città.

La proposta era semplice: ritrovarsi per parlare. Avevo insistito per il recupero scolastico, tema interessante alla scuola e alle famiglie. Gli operatori mi hanno risposto “dopo”....

L'intervento di Vinicio Albanesi continua a questo link:

https://www.settimananews.it/societa/adolescenti-imprigionati/?utm_source=newsletter-2024-09-10


 

L’Arcivescovo per le vittime di Paderno Dugnano: «Che cosa chiede Dio per decifrare l’enigma»

Nella sua omelia, in un dialogo immaginario con il Signore, il fratello, la mamma e il papà rivolgono pensieri di speranza, amore e responsabilità a Riccardo, che ora vivrà senza di loro


Nell’omelia l’Arcivescovo Mario Delpini cerca di guidare i presenti a riflettere sulla tragedia, attraverso una serie di domande che immagina siano poste da Dio alle vittime. «Io mi immagino che accogliendo Lorenzo il Signore Dio gli abbia detto: perché sei qui, così giovane? Da dove vieni? Che cosa sono queste ferite? Che cosa è stato della tua vita? Io mi immagino che Lorenzo abbia risposto ...

L'omelia è a questo link:





La nostra preghiera per Giacomo

Durante l'Eucaristia abbiamo ricordato Giacomo ucciso perché era corso in aiuto ad una donna che stava per essere rapinata


Ieri Sebastiano, il giovane ferito assieme a Giacomo ucciso perché era corso in aiuto di una donna che stava per essere rapinata, ha ricordato l'amico dicendo ai compagni di strada: "Se tutto questo nasce dall'odio non abbiamo capito nulla.
Signore, aiutaci a riconoscere le testimonianze e le opere di pace di questi due e tanti altri giovani in mezzo a noi. Per questo ti preghiamo

La nostra città, Signore, è sconvolta dal tragico gesto di un giovane ucciso mentre cercava di aiutare e soccorrere. Preghiamo per Giacomo e la sua famiglia. Vigiliamo su chi fomenta odio e predica il rifiuto degli ultimi. Fa che impariamo da Giacomo a fare della nostra vita un dono per chi ci chiede aiuto cercando e lottando per una città più bella, sicura e per tutti. Per questo ti preghiamo




 

Il Foglietto "La Resurrezione" di Domenica 22 settembre

 



Domenica XXV PA - Mc 9,30-37

I discepoli stanno accompagnando Gesù ma non lo "seguono". Non li rimprovera ma riorienta il loro sguardo con un paradosso: “chi vuole essere il primo deve essere l’ultimo di tutti, il servo di tutti e l’accento cade su questo “tutti”, proprio di “tutti” anche di chi ti ha fatto del male e abbraccia un bambino...


L’Evangelo di Marco ci ha accompagnato, attraverso coloro che incontravano Gesù, a porci molte domande su chi lui sia e Domenica scorsa è stato lui a chiederci chi sia lui per noi, su quanto siamo disposti a condividere la sua vita, il suo modo di essere, di vivere ed operare mettendo al centro il bisogno dell’altro e non i nostri interessi personali, fino a donarla completamente.

 

L’intero capitolo 9 di Marco è centrato attorno in modo serrato attorno al verbo “interrogare” all’interno di un dialogo continuo nel quale le reciproche domande si rincorrono e Gesù si dimostra molto attento a far comprendere bene cosa significhi seguirlo fino alla fine. Per questo riprende, lungo il cammino dal nord della Galilea ritornando verso Cafarnao quell’insegnamento che aveva causato la dura reazione di Pietro e l’invito di Gesù a rimettersi dietro a lui. Questa volta la reazione degli apostoli è il silenzio assordante di chi non si vuole rendere conto della realtà alla quale sono chiamati o, meglio, di chi non si rassegna a rinunciare alle sue aspettative per accogliere il progetto di uomo che il Padre attraverso Gesù propone loro. I diversi tipi di messianismo esistenti allora in Israele concordavano su un punto: il Messia sarebbe stato un vittorioso, non quel “perdente” nel quale di primo acchito loro traducevano quello che sentivano dalla bocca di Gesù.

In realtà il suo insegnamento non voleva avere nulla di “intellettuale”, ma desiderava essere totalmente esistenziale. La richiesta di “aderire” a lui, di far proprio il suo modo di vivere, cercava proprio questo. Tra l’altro non è indifferente notare come l’incipit di quanto Gesù dice è al presente         indicativo “Il Figlio dell’uomo viene consegnato” cioè l’uomo riuscito secondo il progetto del Padre, quell’uomo capace di rinunciare ai suoi progetti per assumere quelli di Dio, di farsi carico del bisogno di coloro che incontra, di ridare “vita” a chi l’aveva persa, di riportare nell’altro la capacità di generare vita, questo uomo riuscito è stato consegnato nelle mani degli uomini. Tecnicamente i biblisti chiamano questo presente un “passivo divino”. È qualcosa che è avvenuto o, meglio, avviene nell’incarnazione di un Dio che si fa uomo per rendere l’uomo capace di essere partecipe della sua stessa vita mettendosi nelle sue mani. Da questo dipende tutto il resto di una esistenza nella quale si sceglie liberamente di aderire a quel progetto: nessuna imposizione ma nemmeno illusioni o sogni. È necessario invece aere coraggio e risolutezza in una mitezza capace di non recriminare od avere reazioni violente nemmeno con la parola nei confronti di chi ci farà soffrire. Parafrasando Gesù conclude: “siatene certi che l’unico modo per sconfiggere la morte è donare la vita per amore”.

Nel proseguo della pericope di oggi queste, tre qualità appaiono trasparire con chiarezza in Gesù. Lungo la strada i discepoli non hanno avuto il coraggio di porre domande, né chiedere chiarimenti; possiamo immaginarli borbottanti tra di loro un poco distanti da lui che li. Una volta giunti alla loro meta ed entrati in casa, luogo tranquillo nel quale ci si può rilassare dopo il viaggio, Gesù che pone loro una domanda “Di cosa discutevate lungo la via?”. Il loro silenzio è ora di imbarazzo per un confronto tra di loro su chi fosse “il più grande” che comprendono si poneva all’opposto dell’immagine di “uomo riuscito” che con costanza e coerenza Gesù proponeva loro. 

In altre occasioni Gesù era esploso tacciandoli di essere duri e tardi di comprendonio; questa volta no, si siede e “li chiamò” a sé. Strano sono all’interno di una piccola casa e “li chiama a sé”: ma sono già tutti là, perché questa sottolineatura? Sono vicini fisicamente ma lontani da quanto lui propone loro di essere: lo stanno accompagnando ma non lo “seguono”. Allora pone la stessa attenzione carica di affetto avuta al loro rientro dalla missione e, anche questa volta, non li rimprovera ma riorienta il loro sguardo con un paradosso: “chi vuole essere il primo deve essere l’ultimo di tutti, il servo di tutti e l’accento cade su questo “tutti”, proprio di “tutti” anche di chi ti ha fatto del male. Abbraccia un ragazzino e così lo pone al centro, al suo posto e dice “e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato”. È l’accoglienza degli ultimi quello che permette la presenza continua del Padre all’interno della Comunità, dell’umanità.

Non è sbagliato voler essere i “primi” e Paolo, con altre parole, ci offre delle coordinate precise per esserlo: Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno e fate a gara nello stimarvi a vicenda” (Rm 12,10). Considerate sempre l’altro superiore a voi stessi, state a servizio dell’altro senza fare tutto da soli ma coinvolgendo e condividendo ogni scelta perché sia di tutti, così non si inorgoglisce il cuore e si rimane sereni “come un bimbo svezzato in braccio a sua madre” (Ps 131,2)

(BiGio)

   

Alessandro D'Avenia: Motivi di gioia

Il bel documentario Let it be di Michael Lindsay-Hogg, riedito di recente dal regista Peter Jackson, racconta l’ultimo concerto dei Beatles, eseguito a mezzogiorno del 30 gennaio 1969 sul tetto della Apple Records a Londra. 


 Le riprese seguono il processo creativo del gruppo che si separerà dopo poco. In mezzo a contrasti evidenti accade poi, un miracolo, quella cosa che chiamiamo “grazia”, una bellezza che non è somma di addendi ma la loro sintesi in vita nuova, perché la bellezza non è qualcosa di controllabile ma ciò a cui si può solo dare possibilità di accadere. E la musica, tra le arti, è forse quella che più lo mostra. Il concerto supera le volontà ormai distanti dei quattro Beatles, il canto vince il disincanto, e infatti pur di ascoltarli la gente s’arrampica sui tetti, s’assiepa per strada, tanto che la polizia deve intervenire per ripristinare l’ordine (la grazia crea l’ordine della libertà, l’opposto di quello del controllo). Note e parole, dopo 55 anni, ci portano ancora nello spazio-tempo della gioia. Let it be: lascia che sia, un invito ad accettare che tutto passa, persino i Beatles, ma soprattutto a stupirsi di ciò che invece resta per sempre. Scoprire l’eterno nel mortale, proprio perché è mortale. La vita felice è infatti un equilibrio tra lasciar essere e fare. Come trovarlo?


La riflessione continua a questo link:

Persecuzioni: non abbassare la guardia

A cavallo del 22 agosto, giornata dedicata dall’ONU alla memoria delle vittime della violenza antireligiosa sono usciti due studi importanti e due note sulla questione.

Gli studi riguardano l’impressionante crescita di vittime cristiane nella Nigeria (Observatory for Religious Freedom in Africa – ORFA, Contrastare il mito dell’indifferenza religiosa nel territorio della Nigeria) e la situazione precaria ma non drammatica della libertà religiosa nelle repubbliche asiatiche ex sovietiche (Conferenza episcopale tedesca, Arbeitshilfen n. 340).

Le due note riguardano, invece, le discriminazioni anticristiane nei paesi europei (Osservatorio di Vienna per l’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa – OIDAC) e un aggiornamento dei dati da parte dell’organismo ecumenico Open Doors che fornisce ogni anno un Rapporto a livello internazionale.

L'articolo di Lorenzo Prezzi continua a questo link:

https://www.settimananews.it/religioni/persecuzioni-non-abbassare-la-guardia/?utm_source=newsletter-2024-09-10

Essere, diventare "viandanti": Ulisse o Abramo?

 Per comprendere la logica del viandante è necessario contrapporre ad Ulisse Abramo. Figura del viandante, dell’autentico viandante, non è Ulisse. È Abramo.

Ecco: autentico viandante è Ulisse, che torna a casa sospinto dalla nostalgia e dal desiderio di Itaca e della sposa, o Abramo che cammina verso ciò che non sa, chiamato da una voce misteriosa? Non v’è dubbio: non è Ulisse l’autentico viandante. È Abramo. È chiaro che chi ritorna, come Ulisse, vede prossima la conclusione del suo cammino e, appena giunto, non sarà più viandante, non sarà più lungo la via. E chi, come Abramo, cammina non sa verso dove, solo chiamato da una voce misteriosa, non sa né attende alcun ritorno, è sempre sulla via, sempre viandante...

La riflessione di Marco Bertè continua questo link:

https://www.viandanti.org/website/essere-diventare-viandanti-ulisse-e-abramo/


Bose: Basilio il Grande, maestro di vita cristiana

Dopo aver dedicato un convegno a s. Isacco di Ninive o il Siro (nel 2022) e uno ai Detti dei Padri e delle Madri del deserto (nel 2023), quest’anno la Comunità di Bose ha dedicato la 30ª edizione a una delle figure più importanti della storia del cristianesimo, che è anche uno dei principali santi padri della tradizione monastica orientale e occidentale, particolarmente caro anche alla nostra comunità fin dagli inizi: san Basilio il Grande (330-379), vescovo di Cesarea in Cappadocia.

Nel convegno di quest’anno abbiamo scelto di ritornare a parlare di questo grande padre della Chiesa, certamente una delle figure più importanti della storia del cristianesimo antico.

Nei giorni scorsi, dopo aver presentato l’itinerario biografico all’interno del contesto storico ed ecclesiale in cui questo santo ha vissuto, i lavori del convegno si sono focalizzati in particolare sul suo insegnamento spirituale, sul suo impegno ecclesiale che l’ha visto coinvolto in particolare nella ricerca della comunione fra le Chiese e sulla sua attività in ambito sociale, che lo ha posto a diretto confronto con le autorità politiche.

Quale è l’eredità che lascia a noi oggi? Quali ispirazioni possiamo trarre dai suoi insegnamenti noi cristiani che viviamo tanti secoli dopo di lui, in condizioni sociali ed ecclesiali indubbiamente molto diverse?

Ripercorriamo brevemente il cammino di queste nostre giornate di intenso studio e confronto tra cristiani provenienti da Chiese diverse....

La sintesi di Lisa Cremaschi (relatrice al Convegno) continua a questo link:

https://www.settimananews.it/teologia/bose-basilio-grande-maestro-vita-cristiana/?utm_source=newsletter-2024-09-10 

I lavori del Sinodo: abbozzi di sinodalità

Per la prima volta, da quando fu introdotto da Paolo VI con l’intento di dare forma continua alla collegialità episcopale creata dal Vaticano II, il tema scelto per un Sinodo della Chiesa cattolica lo ha trasformato e riconfigurato in maniera profonda – già questa è una forza apprezzabile della sinodalità a cui aspira la Chiesa sotto la guida di papa Francesco.


Gli abbozzi di sinodalità, dalla fase preparatoria alla prima sessione dell’anno scorso, rappresentano per la Chiesa cattolica un lento processo di apprendimento che si muove in acque finora sconosciute. Tentennamenti, errori, ricerca di nuovi passaggi, sono parte di questo percorso ecclesiale in cerca della sua forma per il tempo che viene. Tutti apprendisti immersi in una pratica sinodale che chiede di essere intelligentemente apprezzata. Questa è l’atmosfera che respira anche l’Instrumentum laboris (IL) approntato per la seconda sessione del Sinodo, che si svolgerà nel prossimo ottobre. Non può essere letto e valutato mantenendo i parametri abituali con cui ci si accostava a quelli che organizzavano i sinodi precedenti. Certo, ogni testo ha i suoi limiti – anche quelli scritti da coloro che stanno imparando a essere Chiesa in maniera inedita –, ma sarebbe inadeguato, e ingeneroso, fermarsi soltanto a essi.

Il merito principale di questo IL è quello di voler dare valore alla ...

Il contributo di Marcello Neri continua a questo link:

https://www.settimananews.it/sinodo/per-i-lavori-del-sinodo/?utm_source=newsletter-2024-08-20

Il futuro del primato petrino

«In un’epoca in cui i risultati dell’impegno ecumenico sono spesso considerati scarsi o insignificanti, gli esiti dei dialoghi teologici – internazionali e nazionali, ufficiali e non – dimostrano il valore della loro metodologia, cioè di una di riflessione fatta “evidentemente insieme”».

Nell’attuale “inverno ecumenico” merita particolare attenzione un documento di studio del Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani presentato a Roma il 13 giugno scorso dai cardinali Kurt Koch e Mario Grech, assieme a K. Barsamian e I. Ernest. Esso riguarda il servizio petrino e la prassi sinodale. Il titolo recita: Il vescovo di Roma. Primato e sinodalità nei dialoghi ecumenici e nelle risposte all’enciclica Ut unum sint.

Il possibile sviluppo del primato petrino si incrocia con la pratica e la domanda di sinodalità, alla vigilia della seconda assemblea sinodale dedicata al tema. Una delle difficoltà più rilevanti nei rapporti fra le confessioni cristiane – il primato del vescovo di Roma – si apre a nuove e inedite possibilità in connessione con la spinta sinodale.

L'articolo di Lorenzo Prezzi continua a questo link:

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Dalla Germania una indicazione per i cattolici?

Accanto all’esempio tedesco si potrebbe invitare a guardare anche a quello vicino sanmarinese: entrambi sollecitano i cattolici italiani ad abbandonare le zavorre formatesi negli ultimi 25 anni e a riprendere in autonomia il ruolo di difensori della democrazia integrale. 

In queste settimana alcune notizie si stanno rivelando assai interessanti per comprendere ed analizzare alcuni aspetti della democrazia italiana ed europea. Andando in ordine cronologico è passato un po’ inosservato, l’intervento fatto dal direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini al Meeting di Rimini di quest’anno. All’interno della condivisibile riflessione durante il panel Qual è il volto buono della pubblica amministrazione? che non può non essere riconosciuta come il miglior alleato di ogni governo e del parlamento e la principale infrastruttura pubblica del paese, perché ne garantisce ad ogni livello il funzionamento avendo così bisogno di investimenti e formazione continui, ha fatto una affermazione di notevole importanza alla luce della evidente crisi di partecipazione che, conferma con le sue parole, non può essere disgiunta dalla crisi di rappresentanza: ha detto, infatti, che l’astensione era minore con il sistema proporzionale e aggiungendo “ma era minore anche l’evasione fiscale.  Come se, ma è un dato tutto da dimostrare, il sentirsi rappresentati spingesse di più a votare ma anche a contribuire per la collettività”.

Si tratta di un argomento centrale per ...

Il commento di Giancarlo Chiapello continua a questo link:

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Cina: la brezza e il tuono

Un vento leggero a favore dei rapporti fra Cina e Santa Sede si combina con il tuono delle preoccupazioni relative alla “sinizzazione” delle fedi e al controllo ossessivo delle libertà civili.


I segnali del funzionamento dell’accordo Santa Sede–Cina a proposito della nomina dei vescovi trovano conferma nelle tre nomine avvenute a gennaio 2024 e nel trasferimento, concordato con il Vaticano, di mons. Giuseppe Yang Yongquiang alla sede di Zhuocun. Correggendo in qualche maniera lo spostamento senza permesso romano di mons. Giuseppe Shen Bin a Shanghai.

Ma soprattutto nel riconoscimento legale di mons. Melchiorre Shi Houghzen come vescovo di Tianjin. A 95 anni, dopo 32 anni di episcopato “sotterraneo”, mons. Shi è stato formalmente riconosciuto in una cerimonia avvenuta in una sala di albergo della città con la presenza del vescovo di Pechino, Giuseppe Li Shan, presidente dell’Associazione patriottica cattolica, e delle autorità politiche.

Cerimonia laica, a indicare che l’elezione e l’ordinazione erano precedenti; testimoniate dal dono che mons. Claudio Celli gli aveva portato due anni fa da parte del papa: una croce pettorale. È la prima volta che un vescovo “illegale” entra in carica senza transitare per vie traverse come vescovo ausiliare di un “patriottico” o similari....

L'articolo di Lorenzo Prezzi continua a questo link:

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