L'Evangelo di oggi invita a non temere ma a vivere la presenza del Signore nell’oggi, pronti ad incontrarlo e stare in piedi davanti a lui con franchezza e fiducia alla sua venuta che ci rende liberi e gioiosi verso un futuro sperato che non ci deluderà perché fondato sulle sue promesse.
Come ogni anno, nella staffetta tra due anni liturgici, il testimone che si scambiano sono due pericopi evangeliche di taglio escatologico, non per incutere paura ma per richiamare l’attenzione da dare sull’attesa dell’avvento del Signore della storia che porterà la fine definitiva di un mondo nel quale domina il potere e la sopraffazione egoistica e l’avvento definitivo di uno nel quale regna la fraternità, lo spendere la propria vita chinandosi sul bisogno dell’altro chiunque questo sia.
Tanto è vero che, nel brano di oggi, Gesù cita il profeta Gioiele per annunciare una cosa buona e positiva: l’arrivo del giorno del Signore e spiega che la distruzione del tempio non è segno della fine del mondo. Pone invece l’accento sulla storia che è il luogo nel quale il credente è chiamato a sperare e a vigilare nelle difficoltà che possono essere fonte di angoscia, smarrimento, paura, morte. È in questi frangenti che il credente è chiamato ad alzarsi e sollevare il capo “perché la vostra liberazione è vicina” (Lc 21,28). Si viene invitati, guardando a quanto attorno accade coinvolgendoci, a non avere atteggiamenti pessimistici, a non dare spazio al cinismo, a non fuggire dalla realtà per rifugiarsi in ingenui atteggiamenti spiritualistici. Ci è chiesto di vedere ciò che emerge dietro le macerie che la storia produce, a non fermarsi a denunciare ciò che accade, ma a saper individuare i germogli di speranza che dentro ogni situazione, anche in quelle più distruttive come in quanto accade in medio oriente o nel centro-est europeo, nella crisi ecologica che siamo vivendo. Non ci è chiesto solo di individuarli, ma anche farli emergere e dargli corpo, fargli spiccare il volo, portandoli a conoscenza di tutti e attivamente sostenendoli. Questo non fa perdere la speranza, libera dalle angosce, proietta verso un futuro che non delude perché fondato sulle promesse del Signore, sicuri che non si smentirà. È però necessario essere pronti, a saper accogliere, testimoniare e realizzare nel nostro presente il suo avvento.
Le potenze di questo mondo sono giganti con i piedi d’argilla. Anche Sant’Agostino, vedendo il disfarsi dell’impero romano, ha pensato che fosse arrivato il momento della fine non essendo immaginabile un mondo senza quella struttura di potere. Gesù, bisogna fare attenzione, non dice ai suoi discepoli voi “vedrete” le potenze del cielo sconvolte e “il Figlio dell’uomo venire” ma “mentre gli uomini moriranno per la paura – questi ultimi – vedranno il Figlio dell’uomo venire”. Può sorprendere e indurci a chiederci: “e i credenti?”. Per loro c’è un forte richiamo a non appesantirsi “in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita” cioè a non essere integrati in una società dove l’importante è “essere” senza guardare a quanto accade attorno, perché questo significherebbe che quel giorno ci piomberà addosso cogliendoci impreparati come su tutti gli altri uomini. Quindi bisogna rimanere sempre svegli “in ogni momento pregando” che non significa raccogliersi in momenti estatici più o meno lunghi, oppure partecipare frequentemente a riti più o meno di spiritualità od esclusiva. Pregare significa prima di tutto ascoltare la volontà del Signore incrociandola con il nostro quotidiano, è svolgere quel compito profetico che non è predire il futuro bensì leggere nel presente il futuro di Dio, guidando così la storia (il ruolo regale). L’incrociare, realizzandoli, questi due momenti significa interpretare il terzo dono che il Battesimo ci dona: quello sacerdotale.
Allora questo Evangelo è un grande messaggio di incoraggiamento per i credenti ad essere e rimanere fedeli nella sequela del Signore per essere quella luce che splende nelle tenebre, nelle difficoltà nelle quali viviamo e far sì che queste si dissolvano vincendo ogni angoscia, ogni impressione di essere in balia delle forze di questo mondo, rimanendo smarriti ai margini di quanto ci accade attorno pieni di insicurezze e incertezze che conducono alla morte. È quella “preghiera” più sopra delineata che fa essere “vigilanti”, superando ogni abitudine con la sua influenza anestetica e, al contrario, vivere la presenza del Signore nell’oggi, pronti ad incontrarlo e stare in piedi davanti a lui con franchezza e fiducia alla sua venuta che ci rende liberi e gioiosi verso un futuro sperato che non ci deluderà perché fondato sulle sue promesse. Sono le parole chiave del nostro cammino in questo Avvento.
(BiGio)
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