La serie pittorica nella quale il quadro si inserisce, esprime la creatività senza freni di Magritte. Essa vuole rappresentare un’idea, una contraddizione, e lo fa attraverso un’immagine poetica di un paesaggio notturno incoronato dalla luce del sole e dell’azzurro cielo che accompagna il giorno. Se uno conosce i lunghi tramonti nordici, sopra o vicino al circolo polare artico, in cui il sole cala all’orizzonte a mezzanotte, evoca il fatto che il sole può tramontare molto tardi e il buio comparire solo per poco tempo.
Questo ci dice molto della nostra vita.
Un sole che sembra tramontare con la morte ma che in realtà ci mette difronte al fatto che la Luce della Vita in realtà non muore mai... la morte è un buio passeggero e parziale a trionfare sono le luci della quasi immediata alba che segue il tramonto...
Magritte raffigura un viale su cui si affacciano alcune villette, una delle quali illuminata da un lampione che si trova di fronte. L’oscurità che avvolge la piccola strada cittadina, stemperata soltanto dal lampione al centro del quadro, si contrappone così dal limpido cielo azzurro che sovrasta le abitazioni. Il tutto è dipinto con il solito tratto magrittiano, segnato da un elementare realismo che non si sofferma volutamente su nessun dettaglio in particolare. Il pittore belga, senza mai uscire dal quotidiano, riesce comunque a ribaltare una delle più solide certezze della vita di tutti i giorni: l’alternanza tra giorno e notte, luce e ombra. Il cielo diurno, punteggiato da qualche innocua nuvola bianca, diventa elemento di speranza: l’oscurità perde il suo valore tradizionale per amalgamarsi, in quest’opera, in un
generale sentimento di impenetrabilità e mistero. Così la nostra vita fisica sembra tramontare verso il buio ma in realtà permane nella luce… noi abbiamo il compito di lasciare acceso il lampione per noi e per tutti perché il Dio della Vita e della luce prevalga…
Pregare la Madonna della Salute sia allora un piantare quel lampione nella vita di tante persone precipitate nel buio della solitudine e disperazione.
(Fabiano Longoni)
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