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Rapporto ISPI 2025: L'ora della verità

 Dagli Stati Uniti di Trump alla Cina di Xi, dal conflitto in Ucraina a quelli (incrociati) in Medio Oriente, non c’è dubbio che per molti attori internazionali sia sempre più vicina “l’ora della verità”.



Trump è già all’opera, ma quanto potrà davvero continuare a fare il disrupter-in-chief? Con quali conseguenze sull’ordine internazionale e sui principali alleati e avversari degli Stati Uniti? E, con il fragile cessate il fuoco a Gaza, è scoccata l’ora della verità per il Medio Oriente? 
È, d’altronde, l’ora della verità anche per l’Europa. In un contesto segnato da crisi internazionali, appuntamenti elettorali nazionali (in Germania) e ricorrenti crisi politiche (in Francia), i governi nazionali e una Commissione europea appena entrata in carica dovranno andare alla ricerca di risposte condivise su difesa, sicurezza economica e transizione verde.
Di tutte queste “ore della verità” parla il Rapporto ISPI 2025 con cui puntia a offrire, una volta di più, una bussola per un mondo che cambia.

Questo Rapporto è stato curato dd Alessandro Colombo (Responsabile del Programma Relazioni Transatlantiche dell'ISPI e Professore all'Università degli Studi di Milano) e Paolo Magri (Chair del Comitato Scientifico dell’ISPI)

Per l'indice e scaricare il Rapporto questo è il link:

https://a7b4e4.emailsp.com/f/rnl.aspx/?fjd=rytw_y.-ge=tyah0=nwvx/8-70.=&:1e34769&x=pp&wx0b49c16dax.5g=rqt1tNCLM

Brasile e Amazzonia in fiamme: nel 2024 un’area grande come l’Italia è stata distrutta dagli incendi

Il Brasile ha affrontato una devastante stagione di incendi nel 2024, con 30,8 milioni di ettari ridotti in cenere. L'Amazzonia è stata la più colpita, con 17,9 milioni di ettari bruciati, un aumento del 79% rispetto al 2023. La siccità, El Niño e l'azione umana, tra cui l'agribusiness, sono tra le cause principali. Quali gli impatti sul clima e sulla biodiversità?


Il 2024 è stato un anno nero per il Brasile, segnato da una devastante ondata di incendi che ha ridotto in cenere oltre 30,8 milioni di ettari di vegetazione, un’area pari alla superficie dell’Italia. Un dato che rappresenta un aumento del 79% rispetto al 2023 e il valore più alto registrato dal 2019, quando l’ex presidente Jair Bolsonaro, con le sue politiche a favore dell’agribusiness, era al potere.
Secondo i dati di MapBiomassono stati registrati 140.328 roghi, il numero più alto in 17 anni e un aumento del 42% rispetto all’anno precedente.
L’Amazzonia, cuore verde del Pianeta e scrigno di biodiversità, è stata la regione più colpita, con 17,9 milioni di ettari bruciati, il 58% del totale. Un dato che preoccupa gli scienziati, considerando il ruolo cruciale della foresta amazzonica nella regolazione del clima globale. ...

L'articolo di Riccardo Liguori è a questo link:

IA opportunità, ma l’uomo può diventare schiavo delle macchine

Pubblicata la Nota sul rapporto tra Intelligenza Artificiale e Intelligenza umana dei Dicasteri per la Dottrina della Fede e per la Cultura e l’Educazione: “L’IA non è una forma artificiale dell’intelligenza, ma uno dei suoi prodotti”. Evidenziate le potenzialità e le sfide nei campi di educazione, economia, lavoro, sanità, relazioni umane e internazionali, contesti di guerra


Qui la sintesi del documento a cura di Salvatore Cernuzio:



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Benati: Un documento che aiuta a farci le domande giuste. 

Qui il suo commento:

https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2025-01/benanti-intervista-intelligenza-artificiale-antiqua-et-nova.html?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=NewsletterVN-IT


Attacco al Congo e il rischio che il conflitto esploda. L'Ispi cerca di spiegare cosa accade

I ribelli filo-rwandesi dell’M23 espugnano Goma, e la caduta della città chiave nell’est del Congo rischia di innescare un conflitto più ampio.

Ma chi sono queste milizie M23? Chi le comanda? La missione di caschi blu delle Nazioni Unite è dispiegata nell’est del Congo dal 1999. La Monusco – la più estesa e longeva missione di peacekeeping dell’Onu al mondo pare del tutto ininfluente tanto che ne era stato richiesto il ritiro. Anche la Comunità per lo sviluppo dell'Africa australe (Sadc), che riunisce 16 paesi della regione, ha schierato una forza militare che però non è riuscita a fermare l’avanzata ribelle. La violenza continua ad essere ormai da decenni, sia internamente che esternamente, lo strumento privilegiato dal leader di Kigali per affrontare chiunque possa minacciare la sopravvivenza dell’attuale assetto di potere politico ed economico rwandese. 

Il report dell'ISPI che cerca di fare un po' di chiarezza è a questo link:

https://a7b4e4.emailsp.com/f/rnl.aspx/?fjd=rytw_y.-ge=tyah0=nwws/8-70.=&:1e34769&x=pp&wx0b49c16dax.5g=rqtvvNCLM

Per una Chiesa in missione, quale prete?

È entrata in vigore lo scorso 9 gennaio la nuova Ratio Nationalis Institutionis Sacerdotalis per l’Italia, approvata ad experimentum per 3 anni dal Dicastero per il Clero l’8 dicembre 2024. Non si può certo dire che la cosa sia passata inosservata ma in modo molto parziale (due numeri su 120). Vediamo nel suo insieme senso e messaggio di questo documento nel momento storico che stiamo vivendo.

Ratio vuol dire regola, progetto definitivo, indicazione vincolante… Non è facile in un tempo come il nostro parlare in questi termini, per di più in relazione a un’istituzione che sta conoscendo una fase piuttosto problematica, e a una figura che ne è al centro (sia dell’istituzione che della crisi), come quella del prete. Il presente documento corre il rischio di farlo, senza pretendere di rispondere a ogni dubbio o di definire proprio tutto né di proporre chissà quali novità, ma ricordando che questo testo è solo e comunque un punto di riferimento per il progetto che ogni Chiesa locale dovrà pensare, discernere e porre in atto. E un domani condividere, in una Chiesa sinodale.

Ma c’è una domanda, neanche tanto nascosta anche se non appare nell’indice, che fa da punto di partenza dell’analisi e poi di confronto d’ogni proposta qui contenuta: quale prete e per quale Chiesa?

L'analisi del documento a cura di Amedeo Cencini è a questo link:

https://www.settimananews.it/chiesa/per-una-chiesa-e-un-prete-in-missione/?utm_source=newsletter-2025-01-28

Troppo odio, ripensare la fratellanza

A proposito del conflitto israeliano-palestinese diversi commentatori politici hanno fatto notare come uno degli ostacoli maggiori di fronte all’ipotesi dei Due popoli in Due Stati sia la presenza di spinte fondamentaliste di tipo religioso attive da ambo le parti. È una osservazione che condivido perché il discorso religioso quando viene sequestrato dal fanatismo fondamentalista tende sempre a imporre l’Uno sul Due.


In questo senso esso sarebbe strutturalmente allergico al principio della democrazia che è invece sempre un’esperienza radicale del lutto dell’Uno nel nome del Due. Varrebbe la pena a questo proposito ricordare che il primo moto che orienta i legami tra i fratelli non è quello della fratellanza ma quello dell’odio e dell’inimicizia: l’odio è più antico dell’amore, il ripudio del fratello o della sorella più originario rispetto alla loro accoglienza. Questo per una ragione evidente: la nascita del fratello o della sorella impone un decentramento inevitabile alla vita del figlio, il quale è costretto a esporsi giocoforza al regime plurale del Due, all’impossibilità di essere un Uno tutto solo....

La riflessione di Massimo Recalcati continua a questo link:

https://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt202501/250115recalcati.pdf

Mi volete vittima o genocida?

Quante volte, camminando in questi giorni che precedono il giorno della memoria, viene fatto di riflettere e chiedersi quale sia il comportamento giusto da tenere: riflettere in solitario, riflettere in collettivo, studiare e approfondire, e quant’altro.


La corsa alla memoria in questi ultimi anni si è sprecata e tutti hanno voluto mettere una parola loro su un dramma oggettivo, unico e terribile.
Poi, ancora, un altro dilemma: la giornata è per noi, vittime della Shoah, sia pure indirettamente, o per gli altri? Cosa faccio, partecipo alle manifestazioni, oppure lascio che gli altri le gestiscano?

La riflessione di Renzo Ventura è a questo link:

https://moked.it/blog/2025/01/24/la-rifessione-renzo-ventura-mi-volete-vittima-o-genocida/

Cosa significa ricordare l’Olocausto

La memoria della Shoah è tutt’uno con la difesa della civiltà europea e occidentale democratica, pluralista, liberale e prospera. La riflessione di Giancarlo Elia Valori



Oggi, la memoria della Shoah si riflette in un mondo del tutto diverso da quello che abbiamo conosciuto fino a pochissimi anni fa.

Nella fase culminante della guerra fredda, ricordare l’Olocausto implicava la riaffermazione di una tradizione democratica e civile dell’Europa e della stessa civiltà occidentale contro la terribile degenerazione delle ideologie totalitarie e, proprio per questo, antisemite e antisioniste. Nel quadro della guerra fredda, la “questione ebraica” e quindi la politica estera dello Stato di Israele coinvolgevano sia la tradizione ...

L'intera riflessione è a questo link:

https://formiche.net/2025/01/ricordare-olocausto-valori/#content

Il 7 ottobre spartiacque Ma l’«antiebreismo» era in crescita ovunque

«La crisi in Medio Oriente, riesplosa il 7 ottobre 2023 con un massacro di ebrei senza precedenti dalla Seconda guerra mondiale, cui è seguita la durissima reazione d’Israele contro Hamas a Gaza, è uno spartiacque che fa riemergere oggi in modo esplicito l’antisemitismo. Ma il pregiudizio e certe pulsioni viscerali c’erano già prima, erano soltanto latenti».

«Prima di analizzare la situazione, credo sia utile una premessa. Io stesso uso la parola antisemitismo perché è quella entrata nel lessico comune, ma non andrebbe mai dimenticato che è un’espressione concepita per offendere, non è neutrale. Nasce contro gli ebrei, anche se usando il più generale riferimento ai semiti si è cercato di imbellettarla. Per esprimere quello che comunemente si intende per antisemitismo io propongo, piuttosto, antiebreismo. Attenzione, non antiebraismo, perché l’ebraismo è un termine che afferisce al mondo dei concetti, mentre l’ostilità è proprio contro le persone appartenenti al popolo ebraico. Poi, da studioso, c’è una seconda premessa». ...

L'intervista a Sergio Della Pergola a cura di Alessia Rastelli è a questo link:

https://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt202501/250119dellapergolarastelli.pdf

27 gennaio: il Giorno della Memoria. Una spaventosa schiavitù. Il testo della lettera di Primo Levi riscoperta

La lettera a Bianca Guidetti Serra, scritta da Katowice, datata 27 aprile 1945. Il documento appartiene all’Archivio privato Primo Levi. "Ecco un riassunto della mia storia".

Bianca carissima,

posso finalmente tentare di nuovo di scrivere a Torino: chi sa che non succeda un nuovo miracolo, e non ci riesca ancora una volta di stabilire una comunicazione attraverso mezza Europa in armi. Ed ecco un riassunto della mia storia. 

Prima di tutto, occorre qui correggere e completare tutte le vaghe notizie che ho mandato da Monowiz. L’anno di schiavitù sotto i tedeschi è stato spaventosamente duro: a causa della fame, del freddo, della fatica e soprattutto delle decimazioni che, a intervalli irregolari, hanno diradato le nostre file. Fra i 600 partiti con me da Fossoli, sono stati scelti all’arrivo 95 uomini “validi” per il campo di Monowiz. Degli altri, vecchi, donne, bambini, si è persa ogni traccia. Di noi 95, siamo vivi in 6: scriverò in fine il nome degli altri 5. Gli altri, per lo più, sono morti di malattie o di stenti, o sono stati uccisi perché inabili al lavoro. Io ho potuto mantene[rmi] in salute e (relativamente!) in forze, grazie alla generosità senza pari di Lorenzo Perrone, un muratore di Fossano che oltre a permettermi di comunicare coi miei, mi ha portato quasi quotidianamente, per 6 mesi, il cibo che detraeva dalla sua misera razione. Non è vero che io abbia lavorato con soddisfazione. ...

L'intero testo della lettera di Primo Levi è a questo link:

https://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt202501/250119levi.pdf

27 gennaio: il Giorno della Memoria. Primo Levi, un’altra Europa

Il 27 aprile 1945, «stabilire una comunicazione attraverso mezza Europa in armi» inviando una lettera da Katowice, Polonia, era una scommessa con scarse probabilità di vincita. Ma a Torino quella lettera ci arrivò, anche se le sarebbe poi toccata la sorte di rimanere ignota fino a oggi. Solo ora, infatti, emerge dall’archivio privato di Primo Levi questo foglio grigiastro, scritto a matita su ambedue le facciate e sfruttandone la superficie senza lasciare margini da nessun lato. 

È la prima lettera, completamente inedita, che Levi abbia spedito in Italia dopo la sua liberazione da Auschwitz avvenuta il 27 gennaio 1945, quando i soldati dell’Armata Rossa raggiunsero il più importante dei Lager nazisti. A ottant’anni esatti da allora, raccontare le avventure di questa lettera significa ricostruire un mezzo secolo di storia europea: e si deve cominciare proprio dal foglio e dallo strumento di scrittura. Benché fossero vittime di Hitler e di Mussolini, i pochi ebrei italiani sopravvissuti ai campi appartenevano a un Paese sconfitto; così come gli altri loro concittadini rimasti incagliati nell’Europa dell’est, furono trattenuti a lungo; potevano infatti venire buoni come pedine di scambio, o essere perfino costretti ai lavori forzati. Primo Levi ebbe un destino più benigno ma rivide la sua casa di Torino solo il 19 ottobre 1945, dopo gli oltre otto mesi (e le svariate migliaia di chilometri) di peregrinazioni che nel 1963 avrebbe raccontato nella Tregua. In questo libro alcuni capitoli sono dedicati al «campo di sosta» di Katowice che «era stato un minuscolo Lager tedesco»...

L'articolo di Domenico Scarpa è a questo link:

https://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt202501/250119scarpa.pdf

Nella Domenica della Parola abbiamo pregato così ...

Spero nella tua Parola


 

Introduzione

 

Oggi è la Domenica della Parola e, celebrarla in questo anno giubilare è dire ancora una volta al Signore “Spero nella tua Parola” (Sal 119,74) che è il titolo scelto quest’anno da papa Francesco.

In questa “speranza” e in questa “Parola” sarà immersa oggi una nuova sorella che accoglieremo nella nostra Comunità attraverso il rito del Battesimo.

Il Vangelo di oggi ci presenta la predicazione di Gesù nella sinagoga di Nazareth e ci invita a riconoscere nella sua Parola la fonte della speranza per tutti: per i poveri, i prigionieri, i malati, gli oppressi. Il lieto annuncio che tutti noi attendiamo. 

Oggi la Liturgia ci fa riprendere la lettura dell’Evangelo di Luca che afferma di aver scritto il suo Evangelo per “Teofilo” che significa “amico di Dio” cioè lo ha scritto per ciascuno di noi. Poi e ci dice che Gesù in Sinagoga “trovò” il brano di Isaia sul rotolo che gli era stato posto, ma la traduzione letterale dice che “cercò” quel brano. 

È un invito a “cercare” nella Scrittura, a “scavarci” dentro. La sapienza ebraica afferma che il senso delle Scritture, nel quale trovare quello della nostra vita, sta nello spazio bianco che c’è tra una lettera e l’altra: è lì che bisogna “scavare”.

Il brano di Isaia annuncia l’Anno di Grazia del Signore: il Giubileo che prevedeva anche la “liberazione dei prigionieri.

Il verbo usato da Isaia per dire “liberazione” letteralmente significa “sciogliere da ciò che impedisce di correre speditamente”. Allora “oggi” la Parola di Gesù comincia a stemperare fino alla loro dissoluzione tutto ciò che è sotto il segno di una diminuzione di vita, tutti i blocchi psicologici e morali che ci rattrappiscono, non ci permettono di avanzare e di crescere; il groviglio di passioni incontrollate che ci fanno ripiegare su noi stessi nella ricerca del nostro proprio tornaconto, la sete di possesso, la frenesia del potere e del successo che ci inibiscono la possibilità di guardare e di chinarsi sul bisogno dell’altro.

 

Intenzioni Penitenziali

 

Padre, tu ci convochi perché ascoltiamo tuo Figlio, ma i nostri orecchi sono sordi. Perdonaci. Signore pietà

 

Spirito Santo, ci chiedi di renderci conto che ci hai consacrato per portare il lieto annuncio, ma facilmente rimaniamo silenti e inoperosi. Perdonaci. Cristo pietà

 

Signore Gesù, noi siamo il tuo corpo, ma ci dimentichiamo di agire come te. Perdonaci. Signore pietà

 

 

Preghiere dei Fedeli

 

Padre, in questa Domenica che ci è chiesto centrare la nostra attenzione sulla tua Parola, aiutaci a tenere i nostri occhi fissi sul tuo Figlio, pronti ad accogliere il suo invito di salvezza e a renderlo concreto nella nostra vita. Per questo ti preghiamo

 

Signore Gesù ci ha detto che oggi, non domani o chissà quando, si compie in noi la tua Parola di salvezza: aiutaci ad assecondare la tua azione per renderci partecipi della tua attenzione agli ultimi. Per questo ti preghiamo

 

Spirito Santo, tu ci rendi un solo corpo. Aiutaci non solo a comprenderlo ma anche ad agirlo, senza dar deleghe a nessuno, senza disimpegnarci per comodità, senza voler imporre a nessuno il nostro pensiero, ma a vivere l’unità nella carità, nell’attenzione reciproca. Per questo ti preghiamo

 

Signore, domani celebriamo la Giornata della Memoria: fa che l’umanità non ricada più in simili aberrazioni e che non ci fermiamo a denunciare ma ad operare affinché questo non possa più accadere. Per questo ti preghiamo

 

Per il Vescovo che domenica prossima verrà a visitarci: aiutalo a confermarci nella fede comune e ad aiutarci ad essere un unico corpo nella diversità dei doni, dei ministeri, dei servizi. Per questo ti preghiamo

 

Per Vittoria che oggi, nella fede dei suoi genitori e nostra, il Signore ha chiamato ad essere tua discepola, fa che assieme riusciamo ad essere al suo fianco ogni giorno nella sua crescita in forza e sapienza nella tua grazia. Per questo ti preghiamo


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Il Battesimo di Vittoria in due immagini e un video







 

Il Foglietto di Domenica 26 gennaio 2025

 



III Domenica del Tempo Ordinario - Lc 1,1-4;4,14-21

Oggi inizia l’anno di grazia del Signore, la liberazione dei prigionieri”, la salvezza gratuita e senza condizioni. Il termine ebraico usato da Isaia per indicare la liberazione dei prigionieri, è deror che significa: “sciogliere da ciò che impedisce di correre speditamente”



Le ultime due domeniche ci hanno presentato il Battesimo e le Nozze di Cana. In quest’ultima si era notato come Giovanni, guardando la vita di Gesù, inviti a superare la dialettica tra “promessa e compimento” e, invece, far nostra quella tra “continuità e novità” o, meglio, la novità nella continuità. La “novità” che Gesù porta si innesta nella “continuità”, nell’Alleanza stretta da Dio con il popolo d’Israele. Nessuna sostituzione e ci si riallaccia a quell’espressione del Padre al Battesimo: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento” che racchiude in sé tutta la Scrittura che ci è chiesto di far nostra e, in questa, trovare il senso della nostra vita.

 

Oggi si riprende l’Evangelo di Luca che ci accompagna lungo questo anno liturgico e incontriamo Gesù che, tornato a casa sua (“nella sua patria”) in Galilea, vive “secondo il suo solito”, secondo i ritmi appresi durante la sua crescita. Non si parla della sua vita quotidiana, di incontri con conoscenti o amici d’infanzia ma del suo recarsi il sabato nella Sinagoga, il luogo dove risuona e si studia la Torà, dove si nutre il proprio rapporto con Dio in quella dimensione di relazionalità che è solennemente proclamata fin dall’incipit del Decalogo.

Già nel Battesimo secondo Luca si è notato come il centro sia la relazione che Gesù, immerso nella preghiera, aveva con il Padre e come viva la Parola nell’essere e nell’agire di ogni giorno. Tale è la sua familiarità con le Scritture che, quando proclama la profezia di Isaia, la percepisce non solo come rivolta a se stesso, ma che parli di lui stesso. Paolo nella lettera agli Ebrei (10, 6-7) scrive: “Per questo entrando nel mondo Cristo dice: tu non hai voluto nel sacrificio ne offerta, un corpo invece mi hai preparato (…) allora ho detto: ecco io vengo poiché di me sta scritto nel rotolo del libroper fare o Dio la tua volontà “.

Con questo torna l’invito a noi di frequentare come lui le Scritture fino a farle diventare quel nostro pane quotidiano capace di farci partecipi della sua vita, del suo modo d’essere, di esistere e fare, rendendola parola vivente. Nella nostra liturgia proclamare la Parola significa darle corpo attraverso il nostro agire; significa essere resi presenti al momento in cui si è avverata, per renderla viva nel nostro quotidiano nelle forme che questo chiede. Ci è chiesto di farla uscire dalla ripetitività, dalla consuetudine di un gesto liturgico che finisce per essere fine a se stesso e per questo inerte, morto, privo dello Spirito che vivifica ogni essere vivente che manda a proclamare “oggi” il lieto annuncio che è la misericordia di Dio. Oggi, non ieri o domani, oggi e questo oggi è il nostro momento presente.

L’Evangelo di oggi è l’ouverture dell’opera di Luca, la sintesi di tutta l’attività di Gesù in completa sintonia con quelle ascoltate le settimane precedenti lungo il tempo di Natale, quasi un’altra faccia di quel prisma prezioso che è la presenza di Dio nel suo creato e ci dice che ha scritto questo testo “per te Teofilo”. Questo nome significa “amico di Dio” e lo sono tutti coloro che si impegnano a realizzarne l’opera affidata che troviamo subito dopo e che è una citazione di Isaia. Il testo della nostra traduzione dice che Gesù la “trovò” nel rotolo che gli era stato dato, ma letteralmente il verbo greco significa “cercò”. C’è una ricerca nella Scrittura che non è scegliere arbitrariamente un brano piuttosto che un altro; è l’invito a “scavarci” dentro per trovarci il senso della nostra vita. La sapienza ebraica afferma che il significato delle Scritture per ciascuno di noi va cercato nello spazio bianco che c’è tra una lettera e l’altra per poi gridare come Archimede “eureka!”, “ho trovato!” che è la radice greca del verbo cercare.

Gesù non commenta, ne proclama la realizzazione della profezia di Isaia ma sottolinea che “Oggi inizia l’anno di grazia del Signore, la liberazione dei prigionieri”, la salvezza gratuita e senza condizioni. Il termine ebraico usato da Isaia per indicare la liberazione dei prigionieri, è deror che significa: “sciogliere da ciò che impedisce di correre speditamente”. In altri termini “oggi” la parola di Gesù comincia a stemperare fino alla loro dissoluzione tutto ciò che è sotto il segno di una diminuzione di vita, tutti i blocchi psicologici e morali che rattrappiscono, non permettono di avanzare e di crescere; il groviglio di passioni incontrollate che fanno ripiegare su se stessi nella ricerca del proprio tornaconto, la sete di possesso, la frenesia del potere e del successo che inibiscono la possibilità di guardare e di chinarsi sul bisogno dell’altro. Questi i ceppi che ci tengono incatenati “oggi cominciano ad essere frantumati da quella forza irresistibile che è lo Spirito Santo. Ce ne accorgiamo quando teniamo gli occhi “fissi” sul Signore come coloro che erano in quella Sinagoga.

(BiGio)

 

 

 

 

Come uscire dalla violenza? Il fattore religioso secondo Tonelli e Mannion

La globalizzazione, necessaria ma in forme profondamente diverse da quelle che appiattiscono tutti, ha favorito il revivalismo tradizionalista. È qui che si impone una riflessione nuova: come costruire la comunità dei diversi, non le comunità dei nostalgici. E per riuscirci leggere questo volume è un passo importantissimo. 


È proprio il momento giusto questo per la scelta della casa editrice De Gruyter di pubblicare il volume “Exiting Violence. The role of religion”, curato da Debora Tonelli e Gerard Michael J. Mannion, purtroppo scomparso recentemente. Basta il titolo per capirne l’urgenza. La forza della prefazione  di José Casanova pone davanti alla necessità di soffermarsi sulla parola  “violenza”: da molti mesi si legge soprattutto di aggressioni, reazioni, azioni preventive,  ritorsioni, mai di “violenza”. Ma se c’è la violenza, dall’altra ci dovrebbe essere la non-violenza: papa Francesco, ha detto che occorrerebbe definire una “non-violenza attiva” di cui ci ha spiegato l’urgenza nella sua autobiografia, come dicevo, citando un inviato di guerra per il quale i danni collaterali ormai sono ...

L'intera recensione di Cristiano Riccardo è a questo link:

https://formiche.net/2025/01/violenza-fattore-religioso-libro-tonelli-mannion/#content

Domenica della Parola: Dio ci ha parlato ed è entrato nella storia

Non si tratta solo (e neppure tanto) di cogliere l’utilità della fede mettendola a servizio del bisogno di senso dell’uomo, ma di vedere il tipo di umanità realizzata e vissuta da Cristo come il fondo più vero dell’umano. Essa, la fede, è decisione dell’impossibile rispetto alle normali possibilità umane e, quindi, sfida alle presunte certezze della ragione. Il Dio rivelato in Gesù Cristo oltrepassa gli schemi logorati della logica umana e del cerchio dei bisogni e desideri di gratificazione istantanea. È il riconoscere che Dio cammina con noi oggi


Essere credenti significa essere interpreti del mondo e della storia, a partire dalla consapevolezza che l’esperienza della storicità dell’uomo esige una continua capacità di interpretazioneLa fede è dinamica, movimento dell’esistenza, inquietudine per la salvezza che rappresenta l’interrogativo essenziale dell’uomo e che si manifesta come tensione all’autenticità e alla felicità. Ma si è in cammino con altri, continuamente chiamati dal Dio che è entrato nella storia e nelle vicende degli uomini e delle donne. Lo specifico della fede è proprio quello di tenere aperta l’esistenza e la storia alla Parola che ci dà sempre a pensare, stella di orientamento che muta la comprensione della fede in un di più rispetto alla sola interpretazione concettuale. È la via per esercitare e confermare quotidianamente la decisione dell’affidarsi, perché tale scelta richiede all’uomo la capacità di fare esodo verso l’inesauribile creatività del progetto salvifico di Dio, laddove Dio è Altro, non riducibile alla misura dell’uomo, né risolvibile entro condizioni predeterminate. Per questo occorre ...

La riflessione di Valentin Bulgarelli è a questo link:

Abitare l’inquietudine del tempo

Se la teologia osasse “pensare le onde”, chiunque ci abita in mezzo, purché non abbia ostilità preconcette, la sentirebbe amica, forse interlocutrice.


Un articolo potente. È questo che ho pensato leggendo il testo che padre Antonio Spadaro, sottosegretario del Dicastero per la cultura e l’educazione, ha pubblicato su Avvenire del 19 gennaio (qui). Mi ha riguardato.

Spadaro parte dalla velocità dei cambiamenti che caratterizzano il mondo d’oggi: non sembra proprio che ci indichino un’epoca di cambiamenti, ma un cambiamento d’epoca. I cambiamenti che avvengono Spadaro li definisce rapidi; e spiega che “nell’aggettivo rapido si trova la radice del rapire, cioè afferrare, trascinar via”. Rapidus, ci ricorda con Calvino, non è ciò che è veloce, ma ciò che rapisce, trascina, travolge. Basta l’esempio della corrente elettrica, della luce, e del suo effetto sulle nostre giornate per capire. A questo punto del suo testo che spiega perché serva una “teologia rapida”, sostiene che occorra attraversare questo tempo rapido. E richiama il noto passaggio evangelico di Gesù che tra venti e onde paurose invita gli apostoli a passare all’altra riva. Qui interviene la prima osservazione del lettore, credente o non credente non credo che cambi molto....

La riflessione di Cristiano Riccardo continua a questo link:

https://www.settimananews.it/societa/abitare-inquietudine-del-tempo/?utm_source=newsletter-2025-01-21

Una donna prefetto al prezzo di una confusione normativa

In un articolo di commento alla notizia sulla nomina di Simona Brambilla a Prefetto del Dicastero per la vita consacrata, Lorenzo Prezzi ha portato bene alla luce, oltre al coraggio della nomina, la tensione che si manifesta nella configurazione giuridica della stessa (cf. SettimanaNewsqui). Vorrei riportare integralmente il passo che esprime meglio proprio questa interna tensione

"La dottrina canonistica che ha supportato la costituzione apostolica è attribuita al card. Gianfranco Ghirlanda che ha presentato il documento alla stampa. In realtà è frutto dell’insegnamento del diritto canonico in Gregoriana e in altre facoltà pontificie. In esso si afferma che le posizioni direttive in curia non dipendono dalla posizione gerarchica, non sono legate all’ordinazione, ma sono giustificare solo dal mandato conferito dal papa. È il mandato che conferisce l’autorità di governo e non l’ordinazione. Si è quindi distinto il potere del governo dal potere dell’ordine, superando una precedente fusione attiva ancora nel Vaticano II e confermata nel Codice di diritto canonico. Al canone 129 esso prevede come abili alla potestà del governo gli appartenenti all’ordine sacro mentre i fedeli laici «possono cooperare a norma di diritto”. 

Le affermazioni contenute in queste 9 righe sono tutte importanti, ma rivelano diverse contraddizioni, che meritano di essere accuratamente identificate ...


L'intervento di Andrea Grillo è a questo link:


https://www.settimananews.it/chiesa/una-donna-prefetto-al-prezzo-di-una-confusione-normativa/?fbclid=IwY2xjawHzBK9leHRuA2FlbQIxMQABHcEqLBEl7tdgCokU65snbJA329EGsx7-WFmxrb9LALO72uQOprZTMHYJ1w_aem_AWpFg2VYFQnvic8FlBA9yg



Neuroscienziati italiani scoprono un nuovo gene che scatena l'Alzheimer

I neuroscienziati, coordinati dalla Città della Salute di Torino, hanno studiato per 8 anni una famiglia con la malattia. «È stato come cercare un ago in un pagliaio. Ora nuovi target terapeutici»


Sinora erano note in letteratura scientifica tre rare mutazioni quali causa della malattia di Alzheimer: quelle dei geni Psen1, Psen2 e App, principalmente rilevabili in età presenile. Oggi, grazie a un team di ricercatori italiani, è stato identificato per la prima volta un nuovo gene coinvolto nella patologia, chiamato “Grin2C”, che suggerisce il ruolo di altre mutazioni come causa scatenante di Alzheimer anche in età senile. La scoperta, pubblicata sulla rivista internazionale Alzheimer’s Research Therapy, è arrivata dopo 8 anni di studi sui comportamenti di una famiglia italiana con Alzheimer ad esordio senile. «È stato come cercare un ago in un pagliaio», hanno commentato i ricercatori coordinati 

L'articolo di Vito Salinaro è a questo link:

https://www.avvenire.it/attualita/pagine/italiani-scoprono-nuovo-gene-che-scatena-l-alzheimer

Chiesa, società e religioni: il dialogo necessario

Abbiamo posto alcune domande al teologo Brunetto Salvarani su cristianesimo e dialogo interreligioso.


Prima domanda. In questo primo quarto di XXI secolo, dopo aver più volte convocato la clamorosa «morte di Dio», declinandola a seconda dei diversi ambiti che intrecciano il discorso pubblico, si assiste oggi alla sua problematizzazione, soprattutto perché, nei vari conflitti che continuano a funestare il pianeta, l’incidenza politica della questione «Dio» si ripropone con ineludibile drammaticità. È ancora possibile parlare di dialogo fra le religioni, o è questione che può ormai riguardare unicamente (eventualmente) la mistica? 

Per quel che vedo, negli ultimi anni ci si riferisce comunemente, sempre più di frequente, alla conclamata crisi delle chiese, limitandosi a leggerla in chiave funzionale, sociologica o antropologica. In realtà tale crisi presenta una connotazione fortemente teologica. In altri termini: la crisi acuta delle chiese di questo nostro tempo incerto ed etimologicamente apocalittico, cioè rivelativo, mi pare sia riflesso e conseguenza diretta della crisi dell’immagine di Dio, e – alle nostre latitudini – tanto dell’immagine del Dio della tradizione giudaico-cristiana quanto del pur straordinario immaginario che vi è collegato ...

L'intera intervista è a questo link:

https://www.settimananews.it/religioni/chiesa-societa-e-religioni-il-dialogo-necessario/?utm_source=newsletter-2025-01-21

Sabino Chialà: l’unità dei cristiani riparte dal Concilio di Nicea

L'intervista a fr Chialà, Priore della Comunità monastica di Bose sulla settimana di preghiera per l'unità dei cristiani


Dopo 1700 anni quale significato assume il Concilio di Nicea?

“Questo è un grande problema, perché il Concilio di Nicea nasce in un contesto storico molto particolare ed è stato anche utilizzato dall’imperatore per poter creare un’unità all’interno del mondo politico del tempo; quindi può essere anche interpretato in maniera non proprio evangelica. Per i cristiani è per la prima volta il convergere sul fatto che in Gesù non riconosciamo non solo un profeta particolare, ma il Figlio di Dio, cioè quell’uomo che allo stesso tempo è pienamente uomo e pienamente Dio. Questo è detto per la prima volta da tutti i cristiani, anche se quel Concilio ha avuto una ricezione difficile, in quanto esso è stato convocato per il fatto che alcuni negavano questa fede, in particolare Ario. Però, alla fine, tutte le Chiese cristiane, attraverso un lento cammino, arrivano ad accogliere questa fede ed a farne la base della loro comune fede in Gesù. Il nostro essere cristiani si basa su questa comune professione di fede”.

Quindi è possibile ‘mangiare e bere dallo stesso calice’?

“Per me sì; però, siccome ci sono alcuni elementi teologici, che le Chiese non condividono, purtroppo ancora oggi non è possibile. Ritengo che si potrebbe fare qualcosa in più da questo punto di vista ...

L'intera intervista a cura di Simone Baroncia è a questo link:

https://www.acistampa.com/story/27963/fratel-chiala-lunita-dei-cristiani-riparte-dal-concilio-di-nicea?utm_campaign=ACI%20Stampa&utm_medium=email&_hsenc=p2ANqtz--ptXkBVLsuR7K-L7tv350oJJvpoz5xifGZLQkudd5cyaYM7zqw4AIzFk5GwOW2PFPvux8xl3xyooRqef4TLcRTeCDIRw&_hsmi=343253110&utm_content=343253110&utm_source=hs_email