Il 27 aprile 1945, «stabilire una comunicazione attraverso mezza Europa in armi» inviando una lettera da Katowice, Polonia, era una scommessa con scarse probabilità di vincita. Ma a Torino quella lettera ci arrivò, anche se le sarebbe poi toccata la sorte di rimanere ignota fino a oggi. Solo ora, infatti, emerge dall’archivio privato di Primo Levi questo foglio grigiastro, scritto a matita su ambedue le facciate e sfruttandone la superficie senza lasciare margini da nessun lato.
È la prima lettera, completamente inedita, che Levi abbia spedito in Italia dopo la sua liberazione da Auschwitz avvenuta il 27 gennaio 1945, quando i soldati dell’Armata Rossa raggiunsero il più importante dei Lager nazisti. A ottant’anni esatti da allora, raccontare le avventure di questa lettera significa ricostruire un mezzo secolo di storia europea: e si deve cominciare proprio dal foglio e dallo strumento di scrittura. Benché fossero vittime di Hitler e di Mussolini, i pochi ebrei italiani sopravvissuti ai campi appartenevano a un Paese sconfitto; così come gli altri loro concittadini rimasti incagliati nell’Europa dell’est, furono trattenuti a lungo; potevano infatti venire buoni come pedine di scambio, o essere perfino costretti ai lavori forzati. Primo Levi ebbe un destino più benigno ma rivide la sua casa di Torino solo il 19 ottobre 1945, dopo gli oltre otto mesi (e le svariate migliaia di chilometri) di peregrinazioni che nel 1963 avrebbe raccontato nella Tregua. In questo libro alcuni capitoli sono dedicati al «campo di sosta» di Katowice che «era stato un minuscolo Lager tedesco»...
L'articolo di Domenico Scarpa è a questo link:
https://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt202501/250119scarpa.pdf
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