La sete è tutto.
Lo sperimentiamo in particolare d’estate e in particolare chi abita in paesi caldi, assolati, desertici ma oggi anche nella nostra Italia le scarse piogge creano preoccupazione continua. La sete è tutto, quella materiale, fatta d'acqua, l'oro del futuro che probabilmente sarà l'origine di nuovi conflitti fra popoli, ma anche la sete del cuore, quella che ti inaridisce la vita, se non si incontra nulla che possa appagare il bisogno di felicità che ci portiamo dentro.
Sovente (per 67 volte) nella Bibbia qualcosa accade attorno a un pozzo, a una sorgente d’acqua. In terre come quelle, ogni fonte diventa luogo privilegiato d’incontri, di conflitti, di amori, di riconciliazioni, di antichi ricordi. Anche nell’Evangelo di oggi durante un viaggio a mezzogiorno in una terra assolata e assetata come la Samaria, tutto accade attorno a un pozzo profondo, da dove l’acqua non zampilla ma va attinta con fatica.
Per Gesù, per tornare in Galilea dalla Giudea, la via più comoda era quella di risalire il Giordano senza deviare per una terra montagnosa abitata da una popolazione considerata impura perché, assieme a Dio, adorava contemporaneamente altre 5 divinità (i cinque “mariti” della Samaritana …). L’Evangelista invece sottolinea che “doveva attraversare la Samaria” invitandoci a leggere in controluce la vicenda di Osea che, quando la sua sposa è tornata a fare la prostituta sacra, prima l’ha allontanata da casa ma poi è andato a cercarla, l’ha riconquistata e ricondotta a casa. Questa vicissitudine è stata letta ed è diventata il simbolo del rapporto tra il Signore e Israele. È per questo che Gesù va in Samaria: ha bisogno di andare a recuperare anche quella piccola frazione di popolo riconquistandolo al suo amore. È questa la sua sete che lo porta a sedere ai piedi del pozzo di Giacobbe a Sicar (Sichem in ebraico), il luogo dove Giosuè aveva convocato tutti gli israeliti usciti dall’Egitto chiedendo loro quale Dio volevano adorare.
Il testo dice “sedeva”, l’imperfetto indica un’azione continuativa per dirci che il Signore ci attende sempre in qualsiasi situazione della nostra normale attività quotidiana. Anche una donna che ci rappresenta tutti (per questo è senza nome) giunge al pozzo. Gesù, senza alcuna superiorità, non ha paura di lasciarsi coinvolgere in un dialogo con lei. Anzi, prende l’iniziativa che provoca lo stupore della donna che si lascia interpellare e suscita altre domande che finiscono per intessere un dialogo sempre più profondo.
Gesù non la giudica ma la porta a capire che, fino a quel momento, aveva cercato di dissetarsi con un’acqua salata e fa trasparire che la sete dell’uomo (riecheggiando il profeta Amos 8,11), non è solo una sete d’acqua, ma di ascoltare la parola di Jhwh e suo cibo è fare la volontà di colui che l’ha inviato. Questa non è un pozzo, ma una sorgente di acqua zampillante, fresca, pura capace di colmare quella sete con la quale il Salmo 63 descrive il bisogno di amore del credente: “O Dio sei tu il mio Dio, di te ha sete l’anima mia, a te anela tutto il mio essere come terra deserta, arida, senz’acqua”.
La samaritana ha colto bene l’invito di Gesù e si pone il problema di dove andare a rendere culto, ma non è questo che Dio si aspetta. Chiede invece agli uomini di essere accolto per renderli capaci di un amore generoso ed incondizionato come il suo. Questo indica quell’adorare “il Padre in spirito e verità”: significa partecipare della sua energia vitale e creatrice.
È questo il cibo che Gesù dice ai discepoli essere il suo nutrimento e la donna che, lasciata la sua brocca con l’acqua, si fa sua portavoce presso i compaesani, proponendo, non imponendo nulla: “Venite a vedere! Che sia lui il Cristo?”. Alla fine i samaritani affermano: “non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente”, ed ecco la rivelazione, “il salvatore del mondo”. Mentre gli ebrei aspettavano in salvatore d'Israele, gli eretici, i meticci, gli impuri samaritani hanno compreso la vera identità di Gesù, il salvatore di tutti gli uomini, di tutto il creato.
In questo Evangelo per noi c’è l’invito a non trascurare alcun momento della nostra vita: nessuno di questi è banale, sono tutti importanti perché in ciascuno sono possibili degli incontri dei quali non dobbiamo avere paura nonostante le diversità e le possibili lontananze.
C’è l’invito a non sentirsi superiore a nessuno, a proporre senza avere la pretesa di imporre, a non trascurare nessuna persona, ad avere occhi non frettolosi per tutti, ad aver cura e non paura dello straniero, del diverso, del piccolo, dell’indifeso, di chi a prima vista ci appare come insignificante.
C’è l’invito a capire quale sia la nostra vera sete e di comprendere che, ciò che può colmarla, è quello che ci fa capire chi siamo chiamati a essere.
Accogliere, ascoltare, condividere, prendersi cura dell’altro. Facendo attenzione, sono i “movimenti” di ogni celebrazione eucaristica e, dalla quale, siamo inviati a viverli nei sentieri della nostra vita.
(BiGio)
Grazie del prezioso commento. Andremo a dire quello che abbiamo scoperto: l'acqua che disseta la nostra sete d'amore e che disseta la sete del mondo.
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