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Giustizia riparativa Un percorso difficile, ma che porta alla pace

La giustizia, basata esclusivamente su sentenze giuridiche, non riesce a sanare le crepe personali e sociali causate da un crimine. La disumanizzazione della giustizia è uno dei problemi del nostro vivere comune, segnato da conflitti familiari e sociali che sfociano spesso in crimini efferati.

Il sistema giudiziario, insieme a quello carcerario, si dimostra incapace di limitare il male, anzi, ne aggiunge altro senza reintegrare il condannato nella società e senza consolare la vittima, lasciando una comunità ferita.

È importante, allora, porsi nell’ottica di una comunità ristoratrice, ricollocando l’atto del perdono dentro l’agorà della nostra convivenza, oltre che nel profondo della nostra coscienza. La giustizia riparativa può essere applicata in vari ambiti, oltre al sistema giudiziario formale: per creare un senso di comunità nelle scuole, migliorare l’esperienza educativa degli studenti, aiutare le famiglie a risolvere i loro conflitti, costruire pace e rispetto nei quartieri e aumentare la produttività delle organizzazioni. Questo tipo di giustizia connette le persone per sanare ferite ristabilire relazioni eque. Un approccio diverso ai conflitti è dunque possibile....

L'articolo di Marco Pagniello è a questo link:

https://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt202407/240716pagniello.pdf

Insegnare e apprendere con le nuove tecnologie

Insegnare online non è un semplice “trapiantare” in un altro ambiente ciò che si faceva in aula. Oggi la relazione fra apprendimento e insegnamento chiede che i docenti siano professionisti capaci di progettare anche ambienti di apprendimento nuovi con una visione pedagogica che metta al centro i processi di apprendimento e le finalità educative. L’uso incompetente delle tecnologie oggi non è più giustificabile.

Ad affermarlo è Dariusz Grządziel, professore straordinario di Didattica generale nella Facoltà di Scienze dell’Educazione all’Università Pontificia Salesiana a Roma, che interverrà al collegio plenario dei docenti della Facoltà teologica del Triveneto (Verona-Pordenone, 15 giugno 2024). Le sue ricerche e pubblicazioni si collocano sul confine tra l’educazione e la didattica scolastica e universitaria e, negli ultimi anni, riguardano l’integrazione degli strumenti tecnologici nella didattica. Abbiamo approfondito questo aspetto con una riflessione a tutto tondo, che ha richiamato anche la necessità dell’educazione al pensiero critico e alla cittadinanza consapevole, per fornire alle persone strumenti per sottrarsi a una specie di capitalismo digitale e non perdere la libertà personale. ...

L'articolo di Paola Zampieri continua a questo link:

https://www.settimananews.it/cultura/insegnare-apprendere-le-nuove-tecnologie/?utm_source=newsletter-2024-06-25

Israele e Hamas: Harani (storica), “aggrappati al sogno della pace”

Conoscersi non per combattersi ma per convivere. È la “missione” che, da oltre 30 anni, Ysca Harani, docente di storia delle religioni e del Cristianesimo, ha raccontato ieri, a Gerusalemme, al gruppo di 160 pellegrini guidato dal card. Matteo Zuppi: "Vogliamo restare attaccati al sogno che questa guerra finisca. Il timore per il nostro futuro non può giustificare atti di violenza”.


Come dopo il 7 ottobre 2023, per Harani, ebrea osservante, il dialogo è diventato un fattore decisivo all’interno della società israeliana e non solo. Stando sempre in piedi per tutto l’incontro – “la comunicazione avviene guardandosi negli occhi e così posso vedervi meglio” ha detto ai pellegrini – la storica ha ribadito un concetto fondante della sua missione.

Prima del conflitto viene il bene che va cercato “nell’incontro con le persone, di qualunque fede e opinione, nel parlare non solo di ciò che ci unisce ma anche delle nostre differenze, con sincerità”. La stessa sincerità con cui Harani ha ‘rimproverato’ i suoi amici cristiani che non l’avevano più cercata e chiamata dopo il 7 ottobre. “Uno di loro – ha rivelato – mi ha confessato che non voleva prendere posizione. Ho risposto: io non sono una posizione ma un essere umano. Prendiamo anche una posizione ma parliamo, dialoghiamo, e soprattutto ascoltiamo quella dell’altro”....

Il reportage di Daniele Rocchi è a questo link:

https://www.agensir.it/mondo/2024/06/15/israele-e-hamas-harani-storica-aggrappati-al-sogno-della-pace/?utm_source=mailpoet&utm_medium=email&utm_campaign=la-newsletter-di-agensir-it_2

Ali Abu Awwad Ex combattente palestinese diventato sostenitore della nonviolenza

 Dopo aver scoperto in carcere il potere della resistenza non violenta, Ali Abu Awwad ne è diventato uno degli attivisti palestinesi più emblematici. Un percorso impegnativo e solitario in una società in cui la resistenza all'occupazione israeliana è soprattutto armata.


Il suo quartier generale: delle baracche con un frutteto e alcuni animali... Ali Abu Awwad ha costruito il centro Karama ("Dignità" in arabo) con le sue mani nel 2016, in un piccolo appezzamento della sua famiglia situato all'ingresso di Gush Etzion, un blocco di 22 insediamenti nel territorio palestinese tra Betlemme e Hebron, cuore dell’attivitsmo coloniale israeliano. Dedicato alla non-violenza, il centro è come uno sberleffo all'ambiente circostante: a 300 metri di distanza si trova la rotatoria più letale della Cisgiordania occupata, teatro di decine di attacchi contro i coloni, irrimediabilmente conclusi con la morte dei loro autori palestinesi.

Ali Abu Awwad, 51 anni, è una delle figure più emblematiche della resistenza non violenta palestinese. ...

L'articolo di Cecile Lemoine è a questo link:

https://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt202407/240714lemoine.pdf

Sontuoso, ecologico ma finto. Ecco come si svolge un matrimonio laico

Né in Chiesa né in Comune. L'ultima frontiera sono le nozze simboliche che non contano nulla ma sono molte scenografiche.


Sarà capitato anche a voi - e se non è ancora successo vi accadrà sempre più spesso - di essere invitati a un “matrimonio laico”. Si tratta dell’ultima tendenza delle nozze, è sempre più diffusa e attenzione: non ha niente a che fare con il rito civile.
Il matrimonio laico, infatti non ha alcuna valenza legale né tantomeno religiosa. È un atto simbolico e generalmente viene officiato da un amico degli sposi, in qualche caso un attore, ma esistono ormai addirittura delle figure professionali, con tanto di certificazione rilasciata da Federcelebranti.
A fare da scenario ai matrimoni laici sono cornici particolarmente suggestive: ville patrizie, spiagge al tramonto, boschi, giardini incantati e persino vigne. 
Insomma il più classico matrimonio da favola che però, di fatto, è ...

L'articolo Arnaldo Casali continua a questo link:

La fruizione di scienza e tecnologia in Italia

Considerati diversi canali, dal 2007 a oggi l’esposizione degli italiani ad argomenti scientifici è cresciuta moltissimo. I dati dell’Osservatorio scienza tecnologia e società


L’Osservatorio scienza tecnologia e società di Observa Science in Society analizza da oltre vent’anni il rapporto degli italiani con la scienza e la tecnologia, in generale e in relazione a temi salienti nel dibattito pubblico. Si tratta di un’indagine unica in Italia e di una delle serie di dati più longeva e continua a livello internazionale. Ogni anno l’Osservatorio prende in esame un campione di 1.000 casi, proporzionale e rappresentativo per genere, classe d’età, titolo di studio e provincia di residenza della popolazione italiana con età maggiore o uguale ai 15 anni. Poiché molte domande vengono ripetute nel tempo, l’analisi delle serie storiche costituisce uno strumento prezioso per cogliere l’andamento generale, le variazioni e l’emergenza di nuovi modi di vivere la scienza.

L'articolo di Barbara Saracino continua a questo link:

Domenica XVII PA - Gv 6,1-15: la condivisioni dei pani e dei pesci

 Da uomini sottomessi a uomini liberi



L’Evangelo di Marco ci ha accompagnato in queste settimane dopo il periodo Pasquale e le due feste della Trinità e del Corpus Domini. Nelle ultime due domeniche ci ha fatto riflettere sull’invio dei discepoli in missione e sul loro ritorno. Ora in questo Evangelo avremmo trovato la prima delle due “moltiplicazioni dei pani” (cap 6 e cap 8) ma la Liturgia con coerenza ci propone per 5 Domeniche (fino al 25 agosto) la “Sezione dei Pani” dell’Evangelo di Giovanni. Una riflessione più estesa di quella di Marco (il capitolo 6 di Giovanni è il più lungo: ben 71 versetti), ma che aiuta a comprendere meglio passo a passo il suo significato e si sviluppa sulla traccia del libro dell’Esodo richiamato da 5 temi: il mare, il monte, la Pasqua, la tentazione e il pane. Anche l’invio in missione dei discepoli in Marco due domeniche fa richiamava l’Esodo nelle modalità “ordinate” da Gesù circa l’avere una tunica cinta ai fianchi, i sandali calzati e il bastone in mano per un cammino salvifico non “contro” qualcuno, ma a favore di tutti.

 

Nell’avvicinarsi al testo di Giovanni è utile prima di tutto sgomberare la mente di tante rappresentazioni che cinema, predicazione e immaginario collettivo che si sono addensate nel tempo. Certo è anche il titolo che a queste pericopi viene dato nella Bibbia ma questo può anche essere un fatto di “comodo” per definire i 6 racconti che si trovano nei quattro Evangeli (Matteo e Marco lo presentano due volte ciascuno) e non ce n’è uno uguale all’altro. Questo evidenzia come il segno posto da Gesù è così carico di messaggi che ogni evangelista ne ha evidenziato alcuni aspetti funzionali agli obiettivi narrativi, pastorali e teologici del suo racconto.

 

Giovanni inizia segnalando che era vicina la Pasqua e Gesù ha attraversato il “mare” (come Mosè il Mar Rosso seguito da tutto il popolo). “Una grande folla” lo seguiva perché aveva visto i segni che faceva (è il motivo per il quale lo seguivano) ma per lui questo non significa “fede” e perciò “non si fidava di loro” (Gv 2,24). Salito sulla montagna (come Mosè sul Sinài) non rimane insensibile ai bisogni di quella moltitudine che veniva a lui e, mentre durante l’Esodo nel deserto era stato il popolo a chiedere a Dio di essere sfamato, qui è il Signore stesso che ne anticipa la necessità e chiede a Filippo dove sarebbe stato possibile “comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare”. Attenzione che questo interesse non è, come in passi paralleli, una “reazione” da parte di Gesù ma un suo gesto del tutto gratuito che previene la “fame” di chi ha davanti come lo sarà il suo dono della vita sulla croce.

Filippo si arresta sul piano materiale assistenzialista come pure Andrea e segnalano un ragazzo con “cinque pani d’orzo e due pesci”. Gesù allora prende l’iniziativa e lui stesso, in prima persona, prende quel cibo e lo distribuisce rendendo grazie. Tutti si cibano a sazietà e avanza ancora parecchio. Mentre la manna era limitata e misurata qui c’è l’abbondanza. Quando non si trattiene più per sé egoisticamente, ma si condivide generosamente con gli altri c’è dovizia per tutti. La folla coglie correttamente il gesto di Gesù come segno che rivela qualcosa della sua identità profonda (cf. Gv 6,14), ma ne trae conseguenze che lui rigetta. Sapendo che volevano farlo re si ritira (secondo alcuni manoscritti “fugge”) in solitudine sulla montagna. Accettare avrebbe significato stravolgere il suo gesto di donazione in uno scambio commerciale, scendere sulla logica di Filippo, Andrea e quella che per secoli ci è stata indicata del do ut des (se sei buono … se sei cattivo …). Sarebbe stato un entrare nel sistema del “servirsi degli altri” e non del “servire gli altri” abusando della loro gratitudine. Gesù rifiuta di servirsi del miracolo e del potere come strumenti di asservimento dell’uomo; rifiuta il dominio sulla coscienza dell’altro. Per lui non esistono sudditi, ma fratelli.

Non si deve dimenticare che quello che viene proposto è un esodo, un cammino dalla servitù al peccato del mondo, alla libertà del Regno di Dio dove vige la richiesta di alzare gli occhi per vedere il bisogno dell’altro (è questo che fa Gesù) e andargli incontro in modo strutturale, non con l’elemosina. 

È pure da notare come l’invito letteralmente è quello di “far sdraiare” (non sedere) i presenti, perché quello era il modo di mangiare delle persone libere che si facevano servire il pasto. Qui l’Evangelista non usa per “uomini” il termine greco “antropous” come aveva fatto prima, bensì “andres” che significa uomini maturi e liberi. In seguito, quando fraintendono e vogliono fare re Gesù, torna il primo termine perché chiedono di essere sottomessi, non desiderano maturità e libertà.

Questa è una domanda che ci viene costantemente posta come singole persone e come comunità nei rapporti al suo interno: il clericalismo dei laici è peggio di quello dei preti.

(BiGio)

Amos Gitai: "Difendiamo lo spirito israeliano più vero contro una guerra che sopprime i diritti"

L'insegnamento è semplice, cristallino: «Non omologarsi, continuare pensare con la propria testa, cercare di non essere i soldati ossequiosi e disciplinati della prossima guerra». 

Per Amos Gitai, il regista israeliano che non ha mai avuto timore di esprimere critiche verso il governo del suo Paese, il cinema è un atto artistico, ma anche un impegno civile, una presa di posizione contro quelle «forze che vogliono andare avanti con un conflitto che sopprime i diritti umani». Il suo ultimo film Shikun , in cartellone al Taormina Film Festival, è un'acuta metafora sul dramma che insanguina il Medio Oriente: «Quanto tempo ci vorrà – s'interroga uno dei personaggi alla fine dell'opera – prima che i figli dicano ai padri di fermarsi, prima che chiedano loro perché hanno permesso che fossero bombardati villaggi?».

L'intervista di Fulvia Caprara è a questo link:

https://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt202407/240715gitaicaprara.pdf

“Cristianesimo e islam: al servizio della fratellanza in un mondo diviso”

Si sono conclusi in Croazia i lavori della terza edizione degli Incontri Teologici del Mediterraneo sul tema “Cristianesimo e islam: al servizio della fratellanza in un mondo diviso”, organizzati dall’arcidiocesi. Il sottosegretario del Sinodo dei Vescovi: “La Chiesa non deve avere paura della diversità, perché la porta già dentro di sé e non costringe all'uniformità”


Nathalie Becquart nella sua lezione davanti ai protagonisti degli Incontri Teologici organizzati dall’arcidiocesi, ai cinque docenti e al pubblico che ha riempito la sala conferenze, la religiosa francese ha sviluppato il tema “Sinodalità, ecumenismo e dialogo interreligioso”. Ha spiegato che la Chiesa non deve avere paura della diversità, “perché la porta già dentro di sé e non costringe all'uniformità”. È quindi chiamata a camminare con tutti, non solo con i cattolici, i cristiani e le persone di altre fedi, ha detto suor Becquart, aggiungendo che “il Sinodo è un modo per dimostrarlo, perché tutte le persone hanno la stessa dignità”.

La cronaca dell'incontro di Alessandro di Bussolo è a questo link:

https://www.vaticannews.va/it/chiesa/news/2024-07/rijeka-incontri-teologici-mediterraneo-dialogo-islam-becquart.html?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=NewsletterVN-IT

Povertà in Italia. Caritas: aumenta il numero delle persone aiutate. Oltre 3,5 milioni di interventi

Nel 2023 le persone incontrate e supportate nei centri di ascolto e servizi sono state quasi 270mila. Rispetto all'anno precedente incremento del 5,4% del numero di assistiti


Cresce il numero delle persone accompagnate e aiutate dalle Caritas diocesane. Quelli presentati oggi da Caritas Italiana non sono solo “numeri”, sono soprattutto 269.689 “volti” di poveri, che a loro volta rappresentano altrettante famiglie, dato che la presa in carico risponde sempre alle esigenze dell’interno il nucleo familiare. Il Report statistico nazionale 2024 di Caritas Italiana sulla povertà in Italia...

L'articolo di Filippo Passantino è a questo link:

Il punto sul Vescovo di Roma servitore dell’unità di tutti i cristiani

Presentato il documento del Dicastero per la Promozione dell'Unità dei cristiani che fa il punto sul dialogo ecumenico attorno al ruolo del Papa e dell’esercizio del primato petrino


“Il Vescovo di Roma” è un documento del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei cristiani: raccoglie il frutto dei dialoghi ecumenici sul ministero del Papa in risposta all’invito formulato quasi trent’anni fa da Giovanni Paolo II sulla scia dei passi compiuti dal Concilio Vaticano II in poi. L’obiettivo è cercare una forma di esercizio del primato che sia condiviso dalle Chiese che nei primi secoli hanno vissuto in piena comunione. Anche se non tutti i dialoghi teologici «hanno trattato il tema allo stesso livello o con la stessa profondità», è possibile segnalare alcuni “nuovi approcci” alle questioni teologiche più controverse.

La presentazione del documento è a questo link:

https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2024-06/documento-unita-cristiani-vescovo-roma-servitore-ecumenismo.html?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=NewsletterVN-IT


di seguito altri due link per approfondire:

1 - Ripensare il primato in senso ecumenico: 

https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2024-06/vescovo-di-roma-documento-dicastero-unita-cristiani-editoriale.html?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=NewsletterVN-IT

2 - Primato e sinodalità, due dimensioni costitutive della Chiesa:

Il Sinodo in un vicolo cieco: il clericalismo resta intatto e chiuso

Non mi aspettavo che questo quarto Sinodo del pontificato di papa Francesco, come i primi tre, facesse qualche passo decisivo nel cammino dell’inevitabile e urgente riforma istituzionale della Chiesa cattolica romana.  L’«Instrumentum laboris» appena pubblicato mi conferma nel mio scetticismo: il clericalismo resta intatto e chiuso e condanna il Sinodo a un vicolo cieco.

Mi spiego. In questo documento, che servirà da base di riflessione per la seconda sessione ordinaria dei vescovi del prossimo ottobre, due tipi di servizi e di poteri nella Chiesa continuano a essere chiaramente distinti e separati: i “ministeri” e i poteri che dipendono dalla decisione comunitaria – storica, contingente, variabile – e quelli che dipendono dalla volontà divina – eterna, assoluta, immutabile –. I primi sono ministeri e poteri comuni, vengono dal “basso” e qualsiasi battezzato adulto può esercitarli, se la comunità lo nomina. I secondi sono ministeri e poteri superiori, “ordinati” (diaconi, presbiteri e vescovi), vengono “dall’alto”, sono conferiti da Dio ai suoi “eletti” (in greco «klerikói») attraverso un rito o sacramento di “ordinazione” validamente eseguito da un vescovo. Questi ministeri superiori possono essere svolti solo da uomini e conferiscono in esclusiva il potere di assolvere i peccati e di presiedere l’Eucaristia o Messa, trasformando il pane e il vino nel “corpo e sangue” di Gesù. Così sono andate le cose nelle Chiese dipendenti da Roma a partire dai secoli ...

L'articolo di José Arregi teologo spagnolo continua a questo link:

https://www.adista.it/articolo/72232

Islamici e cattolici sotto lo stesso tetto

Dove potrà mai essere di casa un Istituto di Studi teologici islamici? A Vienna non hanno troppi dubbi: all’interno della Facoltà di Teologia cattolica.


Suona strano, ma la cosa è invece tutt’altro che fuori luogo.
Finora, dal 2016, l’Istituto era stato una sottounità della Facoltà di Studi filologici e culturali dello stesso Ateneo. Ma negli ultimi anni, spiegano all’Università della Capitale, si è constatato che vi sono molti più temi e argomenti in comune con la Facoltà di Teologia cattolica che, come prevede il sistema universitario austriaco, è parte a tutti gli effetti del sistema universitario statale. L’affiliazione dell’Istituto alla Facoltà entrerà in vigore il 1° ottobre, con l’inizio del semestre invernale.
Una decisione presa all’unanimità dagli organi accademici ...

L'articolo di Paolo Valente continua a questo link:


Sul guscio di una tartaruga. Natura, maestra dei popoli

Mettendosi in ascolto del Creato e intervistando i missionari sparsi in ogni angolo di mondo, non è difficile scoprire che tutti i popoli autoctoni traggono insegnamenti dalla natura. Favole, aneddoti, proverbi, leggende, miti vedono molto spesso, come protagonisti, animali di ogni tipo o elementi naturali. Forse è per questo che gli indigeni, nei diversi continenti sanno mettersi in ascolto del Creato, coglierne i cambiamenti, persino gli stati d’animo

Nelle credenze popolari delle Solomon Islands, se un’isola affonda significa che è morta la testuggine marina su cui poggiava. Quando c’è un terremoto, è una tartaruga che litiga con un’altra. Mentre lo tsunami è causato da un forte dissenso tra gruppi di testuggini. Essendo la tartaruga marina un animale sostanzialmente pacifico, si può spiegare perché in questa parte di mondo tali eventi catastrofici siano piuttosto rari. A raccontare tutto ciò è suor Anna Maria Gervasoni (nella foto), missionaria delle Figlie di Maria Ausiliatrice nelle Isole Salomone, ricordando le leggende delle popolazioni autoctone. Per loro, infatti, la testuggine marina ha un’importanza particolare: la sua natura tranquilla, forte, il guscio resistente e la particolare maestosità le hanno conferito il compito di “trasportatrice del mondo”.

Nelle Isole Salomone. Un tempo, infatti, qui si credeva che il bacino dell’Oceano, contenente tutte le isole, appoggiasse sul guscio di una grandissima tartaruga marina ...


Capire gli ebrei per capire sé stessi

Nel 1994, il Rabbino capo di Roma, il grande e indimenticabile Elio Toaff, pubblicava un libro-intervista, Essere ebrei, edito da Bompiani, nel quale rispondeva alle domande di Alain Elkann sul significato dell’identità ebraica. Un libro di grande importanza, che aiutava non solo gli ebrei a capire cosa fossero, o potessero o dovessero essere, ma anche tutti gli uomini a capire quale sia o possa essere la loro identità, e come essa si possa forgiare, trasmettere, trasformare, attraverso un continuo confronto con se stessi e col mondo esterno.

Esattamente trent’anni dopo, viene oggi pubblicato un libro – frutto di un lungo percorso di investigazione e riflessione – di altrettanto interesse con il medesimo titolo. Come insegnano i saggi, la parola Adam è scomponibile in due sillabe, l’alef iniziale e il successivo dam, che vuol dire sangue. Gli uomini sono tutti uguali, perché hanno tutti lo stesso sangue rosso, ma sono anche tutti diversi, perché ognuno di loro è segnato da un unico e irripetibile alef. E ciò, ovviamente, vale anche per gli ebrei, quantunque inesorabilmente condannati, da una millenaria distorsione, a essere monoliticamente raggruppati nella immaginaria prigione di un’identità fissa, piatta e unica, che, tutti insieme, li accomuna e (spesso) li condanna: sono, dicono, pensano, fanno…

La recensione del libro continua a questo link:

Italia, Rapporto Caritas: tanti bambini nascono già poveri

Sono dati preoccupanti quelli contenuto nell’ultimo Report statistico: in aumento il numero di persone, quasi 270 mila, che nel 2023 hanno fatto ricorso alle strutture caritative della Chiesa, il 12% di famiglie è in povertà assoluta


In Italia quasi 270.000 persone hanno chiesto aiuto l’anno scorso ai 3.124 centri di ascolto della Caritas; tra esse, famiglie in stato di povertà assoluta (circa il 12 per cento della popolazione). Rispetto al 2022 si è registrato un incremento del 5,4 per cento del numero di assistiti; una crescita che si attesta su valori più contenuti rispetto a un anno fa, segnale di una progressiva distensione rispetto alle tante emergenze susseguitesi dopo lo scoppio della pandemia. Il confronto del numero di bisognosi tra il 2019 e il 2023 è invece impietoso: +40,7 per cento. Sono alcuni dei dati che emergono dal Rapporto statistico Povertà 2024 di Caritas Italiana presentato oggi, 19 giugno, a Roma alla presenza di monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli e di don Marco Pagniello, rispettivamente presidente e direttore dell’organismo ecclesiale.

L'articolo di Francesco Ricupero è a questo link:

https://www.vaticannews.va/it/chiesa/news/2024-06/rapporto-caritas-famiglie-poverta-bambini-redaelli.html?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=NewsletterVN-IT

Il deserto del Sahara, frontiera mortale per i migranti

Secondo un recente Rapporto Onu, il viaggio che migranti e rifugiati intraprendono attraverso il deserto africano è più fatale dell'attraversamento del Mediterraneo, a sua volta una delle rotte migratorie più pericolose al mondo. 

I

l 79% si è pentito di aver deciso di partire. Per il 70% di coloro che hanno lasciato i propri Paesi, la Libia finisce per essere il luogo di approdo. 

Se il Mediterraneo è un cimitero, il deserto è un calvario. Per l'ultimo Rapporto “In questo viaggio, a nessuno importa se vivi o muori” - pubblicato dall’UNHCR, l’Agenzia ONU per i Rifugiati, dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) e dal Mixed Migration Centre (MMC) - l'UNHCR ha intervistato 32.000 migranti e rifugiati, nei cui racconti c'è la descrizione dei cadaveri disseminati sulla sabbia del Sahara. Hanno confidato la paura di morire durante la traversata in fuga dai propri Paesi, fatale per molti. Oltre il 60% di coloro che arrivano in Libia dichiara di aver raggiunto la propria destinazione finale.

L'articolo di Delphine Allaire è a questo link:

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Équipes Notre-Dame, famiglia e semi di sinodalità

Concluso a Torino il XIII raduno internazionale del movimento laicale di spiritualità coniugale. L’invito di Gabriella Gambino agli sposi cristiani: “Suscitate il desiderio di stare cuore a cuore con Dio”. Suor Nathalie Becquart: “La famiglia, prima scuola di sinodalità”. Il prossimo appuntamento sarà nel 2030 


«Avete camminato lungo la strada per Emmaus non da soli, ma come sposi, mano nella mano, avete accolto Gesù, che ha camminato tra voi, in mezzo alla vostra coppia. Vi siete lasciati condurre e avete sentito ardere il vostro cuore. Andate, dunque, da oggi con il cuore ardente a donare i doni che avete ricevuto, mossi dall’ardore, da un calore e dalla forza profonda che nasce dal vostro incontro personale e di coppia con Cristo». Così Gabriella Gambino, sottosegretario del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, si è rivolta stamane, 20 luglio, alle quasi cinquemila coppie provenienti da tutto il mondo che, insieme ai loro consiglieri spirituali, da lunedì 15 luglio sono riunite a Torino, in Italia, in occasione del XIII raduno delle Équipes Notre-Dame. Alternati a momenti di spiritualità e riflessione, i lavori, incentrati sul tema Andiamo con cuore ardente sulle tracce dei discepoli di Emmaus ...

Il reportage dell'incontro è a questo link:

https://www.vaticannews.va/it/chiesa/news/2024-07/equipes-notre-dame-torino-2024-gambino-becquart-famiglia-sinodo.html?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=NewsletterVN-IT

Domenica XVI PA - Mc 6,30-34

Il desiderio della folla diventa per Gesù appello alla responsabilità e, mosso a “compassione”,  accetta liberamente di servirla mettendosi dalla sua parte condividendo il loro bisogno, rinunciando ai suoi progetti di riposo e istruzione degli Apostoli.



I dodici tornano dalla missione nella quale erano stati inviati da Gesù a due a due dando loro “potere sugli spiriti impuri” (Mc 6,7) e, al termine della pericope, viene registrato che “essi, partiti, proclamavano che la gente si convertisse, scacciavano molti demoni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano” (6,12-13).

Quando Marco riprende il discorso dopo l’interpolazione dell’arresto e del martirio di Giovanni il Battista, “gli apostoli– (solo due le volte che appare questo termine in Marco e non indica una funzione ma un incarico) - si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato” (Mc 6,30).

Se si fa attenzione al testo si notano alcuni aspetti importanti ai quali normalmente non si fa caso. Innanzitutto Gesù li invia dando loro un potere che può essere anche inteso come la definizione di un preciso compito, ma loro già si “allargano” invitando alla conversione e ungendo i malati.

Un ulteriore salto di qualità quando ritornano e “riferiscono tutto quello che avevano fatto” ma poi viene aggiunto anche “quello che avevano insegnato. Qui bisogna andare a fondo sull’uso di quest’ultimo verbo da parte di Marco che utilizza solo quando Gesù parla agli ebrei facendo riferimento alla Scrittura, mentre quando si rivolge a folle miste adopera il termine “predicare”; quando raduna attorno a sé i 12, specifica “perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demoni” (Mc 3,14-15). Loro invece “insegnano svolgendo un compito non affidatogli. Dopo averli ascoltati Gesù “disse loro: venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto e riposatevi un po’”. C’è certo un’attenzione nei loro confronti e il desiderio di far comprendere loro la necessità non solo di spendersi per gli altri ma pure di tempi di gratuità: la missione loro affidata si stava trasformando una sorta di tirannia delle attività tanto da non avere più “neanche il tempo di mangiare”. 

Lungo il suo Evangelo Marco ci presenta per tre volte Gesù che si ritira in solitudine in luoghi desertici, quasi a scandire il suo racconto. Il numero tre significa armonia e completezza e il sostare proposto tende a raggiungere la piena consapevolezza della propria realtà, non certo solo il non alienarsi nel “fare”. Sono pause che donano nuova lucidità, rinnovano le motivazioni del vivere, danno equilibrio e nuova fecondità al suo agire. Gesù desidera che i suoi discepoli imparino e realizzino anche questo; è un invito anche a noi oggi che spesso, frastornati dal “fare”, giungiamo ad affermare che non abbiamo tempo per “ascoltare la Parola del Signore” cioè per pregare.

 

Ma in quel “venite in disparte” può esserci anche dell’altro. Questa espressione è la seconda volta che compare in Marco e tornerà altre tre volte per un totale di cinque. Quando Gesù prende qualcuno in disparte, è per un insegnamento o un'azione importante lontano dalla folla, evidenziano un momento di intimità o di istruzione privata. L’insegnamento dato con discrezione “in disparte” oltre alla necessità di “riposare”, può essere stata anche la necessità di mettere alcuni puntini sulle “i” del loro agire andato oltre a quello affidato sull’onda dei frutti che vedevano.

Per noi può significare a fare attenzione a non voler accelerare i tempi, a tener sempre presente l’esempio del seme nel campo che cresce indipendentemente dall’impegno del seminatore, a non voler eccedere dal proprio ruolo e compito affidato, che deve sempre essere svolto nella condivisione e fraterna compagnia di tutti.

Molti però li videro partire (…) e li precedettero” dimostrando una sete senza pari di quanto visto realizzato dai discepoli e sperando di poterne usufruire ancora. Ora però loto rimangono sullo sfondo e l’iniziativa di Gesù “sceso – lui solo - dalla barca” vista la “grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte coseNell’intera Scrittura questa motivazione è come un ritornello e il loro bisogno viene colto da Gesù come una occasione, non come un problema al suo progetto di riposo e di “istruzione” privata ai discepoli. Il desiderio della folla diventa per lui appello alla responsabilità e, mosso a “compassione”, accetta liberamente di servirla mettendosi dalla sua parte condividendo il suo bisogno. È questo il fondamento della sua azione pastorale che ci viene chiesto di condividere e far nostro. Altre motivazioni fanno diventare l’annuncio un esercizio accademico retorico o peggio ancora scadere in potere, perdendo ogni forza comunicativa. La compassione sviluppa invece una forza creatrice sorprendente e nella piena libertà porta molto frutto sorprendendo oltre ogni misura come si vedrà nelle prossime domeniche.

(BiGio)

Lo sguardo di Gesù vede i bisogni dell'uomo

Gesù è il buon pastore del salmo 23 che conduce le pecore su pascoli di erbe verdeggianti. Nella sua costruzione letteraria i versetti del salmo convergono verso un centro ove l’orante afferma: e tu sei con me.

I discepoli al ritorno dalla missione raccontano a Gesù tutto quello che hanno fatto e lui li chiama con sé in disparte a riposarsi. Ma mentre si dirigono in barca verso un luogo deserto, la folla li precede, e Gesù si mette a insegnare loro. Ciò che illumina l’intero brano è lo sguardo di Gesù che vede i bisogni dell’uomo, conosce il suo smarrimento, la sua fame e la sua fatica e non rimane impassibile: “Ma ebbe compassione perché erano come pecore senza pastore”. Questo versetto è il centro di tutto il brano, ma potremmo dire che è il centro di tutto il racconto evangelico perché il movimento dell’incarnazione del Figlio di Dio è un movimento di profonda e infinita compassione per l’essere umano.

I discepoli sono presi dalla missione tanto che non hanno neanche il tempo di mangiare e le folle sono smarrite come pecore senza pastore. Sono dimensioni della vita in cui spesso ci troviamo anche noi, affaticati da mille impegni, sempre di corsa incapaci di vivere un tempo di riposo finiamo per smarrire il senso, la direzione verso cui orientare la nostra vita. Il Signore ci chiama a questo riposo che non è semplicemente svago, ma un tempo in cui ritrovare una dimensione spirituale della vita, ritrovare noi stessi nella relazione personale con il Signore Gesù. E noi possiamo entrare in questa relazione, in questo spazio di riposo e ascolto di noi stessi perché è il Signore a desiderare ardentemente di essere con noi.

Questo luogo deserto in disparte, in cui vivere la solitudine con il Signore non è un luogo di isolamento e di rifiuto del contatto con i fratelli e le sorelle, al contrario proprio grazie a questa relazione profonda noi diventiamo capaci di autentica compassione di fronte al bisogno dell’umanità smarrita. Gesù vede la folla e ne ha compassione e si mette ad insegnare loro.

L’annuncio della buona notizia è la parola di speranza e di vita che sola può rispondere al bisogno di senso dell’essere umano. I discepoli vedono il bisogno della folla ma non comprendono che per essere discepoli del Signore Gesù occorre farsi carico del bisogno dell’altro a partire dalla nostra povertà. Testimoniare la buona notizia del Vangelo non è atto eroico, possibile a chi ne avesse i mezzi anche materiali. Gesù ci chiama anzitutto a riconoscere la nostra povertà ed è a partire da questa, da ciò che noi siamo, possiamo andare incontro ai bisogni dell’altro.

Questa comunione rende presente il Signore in mezzo a noi, risponde ai bisogni autentici dell’essere umano, ci fa sovrabbondare dei beni materiali e spirituali perché ci fa comprendere ciò di cui realmente abbiamo bisogno nella nostra vita; la relazione con altri esseri umani.

Gesù è il buon pastore del salmo 23 che conduce le pecore su pascoli di erbe verdeggianti. Nella sua costruzione letteraria i versetti del salmo convergono verso un centro ove l’orante afferma: e tu sei con me.

Egli può sperimentare nelle avversità della vita, di fronte ai nemici e ai pericoli la fiducia e l’affidamento che gli vengono da questa intima consapevolezza. Quanto più noi ci facciamo prossimi ai fratelli e alle sorelle nel bisogno, pur con la nostra povertà e miseria umana, tanto più potremo sperimentare e vivere la presenza del Signore nelle nostre vite.

(fr Nimal)

L’altra faccia degli sbarchi in calo Si muore di più nel deserto

I dati sulla minore pressione migratoria vanno letti bene. Sono calati gli sbarchi in Italia (28.376 all’11 luglio, contro 73.173 di un anno fa: meno della metà) e il governo canta vittoria. La strategia dell’esternalizzazione dei confini sembra ora dare frutti, mediante gli accordi con il governo autoritario tunisino e il rinnovo dei finanziamenti a governo e milizie locali libiche. Occorre cautela

Partenze e sbarchi da anni oscillano, in dipendenza di vari fattori, tra cui il meteo e le condizioni del mare, quest’anno a lungo sfavorevoli. Le rotte cambiano e cercano altri sbocchi, spesso più lunghi, costosi e pericolosi dei precedenti. Ma credo si debba ammettere che le politiche attuate dai governi del Nord del mondo per il contenimento delle migrazioni indesiderate e degli arrivi spontanei per asilo alla fine raggiungono buona parte dei loro obiettivi. L’abbiamo già visto con gli accordi tra Ue e Turchia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Marocco, Niger (ora denunciato dal governo golpista).

Per i governi dei Paesi di transito e per le élite al potere i vantaggi della collaborazione sono tangibili, in termini di finanziamenti, sostegno politico presso il Fmi o in altre sedi internazionali, tolleranza per i loro metodi di governo, promesse di futuro ingresso nell’Ue o di trattamenti di favore. I costi per i governi sono invece bassi, soprattutto quando si tratta di reprimere il passaggio dei cittadini di altri paesi, troppo deboli e privi di appoggi per minacciare il consenso sociale interno.

Ciò che invece non vediamo e non vogliamo vedere sono ...

L'articolo di Maurizio Ambrosini continua a questo link:

https://www.agensir.it/mondo/2024/07/15/laltra-faccia-degli-sbarchi-in-calo-si-muore-di-piu-nel-deserto/#:~:text=transfrontaliera%20in%20Africa.-,Un%20recente%20rapporto%20Unhcr%20ha%20gettato%20una%20luce%20almeno%20parziale,dato%20sia%20molto%20pi%C3%B9%20alto.

Israele ribadisce il no allo Stato palestinese e no alla cura di bambini di Gaza in Israele

La Knesset ha approvato la risoluzione con soli 9 voti contrari. A breve la partenza del premier per gli Usa, che invece sostengono la soluzione dei due Stati e Netanyahu contrario a curare in Israele i bambini di Gaza


Mentre non s'intravede via d'uscita dalla guerra a Gaza, la Knesset (il Parlamento israeliano) si è espressa ancora una volta contro la creazione di uno Stato palestinese. La risoluzione che condanna l'ipotesi della nascita della Palestina come Stato è stata votata sia dai partiti della coalizione del premier Benjamin Netanyahu sia da quelli di destra all'opposizione e ha avuto il sostegno del partito di Benny Gantz, che all'indomani del 7 ottobre era entrato nel governo di unità nazionale per uscirne sette mesi dopo in polemica con Netanyahu. Non si sono espressi contro la risoluzione neppure i liberali del partito Yesh Atid, guidato da Yair Lapid, che si sono limitati a uscire dall'Aula. Il testo della Risoluzione, passata con 68 voti a favore e 9 contrari (laburisti e partiti arabi), recita: "Uno Stato palestinese nel cuore di Israele costituirebbe una minaccia esistenziale per Israele e i suoi cittadini, perpetuerebbe il conflitto israelo-palestinese e destabilizzerebbe la regione"....

L'articolo continua a questo link:

Da Instrumentum Laboris a Impedimentum Laboris? Il modello moderno (tridentino) resta prevalente

Un passo della introduzione dell’IL24 suona premonitore: “«non è un documento del Magistero della Chiesa, né il report di una indagine sociologica; non offre la formulazione di indicazioni operative, di traguardi e obiettivi, né la compiuta elaborazione di una visione teologica». Purtroppo questa serie impressionante di “negazioni”, che già appariva nell’IL23 ha profondamente condizionato il tenore della “relazione di sintesi” che abbiamo letto nell’ottobre 2023.


Rispetto a quel testo, allora fu chiaro, occorreva un autentico cambio di passo, sia sul piano del metodo, sia sul piano dei contenuti. Occorreva elaborare un testo che “servisse” – come deve ogni “strumento” – a promuovere un confronto che ad ottobre 2024 potesse pervenire a deliberazioni sinodali capaci di riforma. Il testo che orienta alla discussione, e che dovrebbe servirla, mi sembra rimanga largamente segnato da una “retorica della gioia” che in molti casi non ha il coraggio di affrontare le questioni, e si limita a accennarle in modo assai generico, senza impostarne un esame accurato. Faccio alcuni esempi....

La presentazione critica dell'Instrumentum Laboris di Andrea Grillo continua a questo link:

https://www.cittadellaeditrice.com/munera/da-instrumentum-laboris-a-impedimentum-laboris-il-modello-moderno-tridentino-resta-prevalente/

Rimuovere i mosaici di Rupnik: per le vittime o per altro?

Cancellare, conservare, depotenziare, ricomprendere sono le scelte su cui si riflette dopo lo scandalo che ha coinvolto l'ex gesuita, ma il vero nodo è la committenza. C'era bisogno di quelle opere?

Nei giorni scorsi il vescovo di Lourdes Jean-Marc Micas ha diramato una dichiarazione molto interessante sul problema dei mosaici realizzati da Rupnik sulla facciata della basilica della Madonna del Rosario: «I mosaici devono essere lasciati dove sono? - ha scritto Micas - Devono essere distrutti? Dovrebbero essere rimossi o esposti altrove? Non c'è consenso su nessuna delle proposte». Ieri si è saputo che saranno coperti in due chiese americane: nel santuario nazionale di San Giovanni Paolo II a Washington e nella Cappella della Sacra Famiglia presso la sede centrale dei Cavalieri di Colombo a New Haven.

Il fatto interessante è che il motivo della rimozione non riguarda le opere, ma le vittime. È la prima volta che questo avviene nel campo della cosiddetta “arte sacra” ...


L'intero articolo di Alessandro Beltrami è a questo link:

https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/rupnik-e-i-mosaici