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Hollerich: la Chiesa deve cambiare, rischiamo di parlare a un uomo che non c’è più

Una interessantate intervista a Jean-Claude Hollerich, 64 anni, cardinale arcivescovo di Lussemburgo, è presidente della Commissione delle Conferenze Episcopali della Comunità Europea e vicepresidente del Consiglio delle Conferenze dei vescovi d’Europa, nonché Relatore generale al Sinodo sulla Sinodalità.

Con l’apertura della fase continentale del Sinodo sulla Sinodalità accoglie di buon grado di conversare con l’«Osservatore Romano» sull’andamento della più diffusa consultazione della storia della Chiesa in Europa, e dei suoi contenuti.


Lo incontriamo nella chiesa parrocchiale di Roma di cui è titolare, mentre si intrattiene come un “buon parroco” con i bambini del corso per la prima comunione. «La chiesa non è questo edificio, spiega loro, chiesa significa assemblea. Chiesa siete voi. Perché, come dice Papa Francesco, senza i giovani non c’è chiesa, perché Dio è giovane». Poi ci viene incontro «sono proprio contento di essere titolare, non di una delle belle chiese del centro storico, ma di questa parrocchia di periferia; quando vengo qui ritrovo la gioia di fare il prete tra la gente».

Il mese scorso il cardinale Zuppi ci ha rilasciato una lunga intervista sul Sinodo della Chiesa italiana, nella quale, con molta onestà, non ha nascosto di aver registrato una partecipazione inferiore alle aspettative, in quantità e qualità. Qual è la visione che lei ha dell’andamento del Sinodo nel panorama europeo?

Sì, ho letto con molto interesse quell’intervista. Con altrettanta onestà mi sembra che le osservazioni di Zuppi possano valere anche per gli altri paesi europei, anche se con dei distinguo necessari tra paese e paese. Vedete, io credo che oggi in Europa siamo affetti da una patologia, che, cioè, non riusciamo a vedere con chiarezza quale sia la missione della Chiesa. Parliamo sempre delle strutture, il che non è un male certo, perché le strutture sono importanti e sicuramente devono essere ripensate. Ma non si parla a sufficienza della missione della Chiesa. Che è annunciare il Vangelo. Annunciare, e soprattutto testimoniare, la morte e risurrezione di Gesù il Cristo. Un testimoniare che il cristiano deve interpretare principalmente attraverso il suo impegno nel mondo per la salvaguardia del creato, per la giustizia, per la pace. L’insegnamento di Papa Francesco è tutto e nient’altro che l’esplicitazione del Vangelo. Non è difficile capirlo. Nel mondo secolarizzato di oggi l’annuncio diretto non sempre viene compreso, ma la nostra testimonianza sì. Veniamo osservati e valutati nel mondo per come viviamo il Vangelo. È un po’ come avviene per gli insegnanti a scuola: è importante certo quello che dicono, ma ancora più importante è ciò che comunicano di sé. Nel nostro caso quello che rileva è la coerenza con il Vangelo. Prendete ad esempio l’enciclica Laudato si’. Tanti l’hanno letta, anche tra i non credenti, anche tra chi non conosce il Vangelo. E tutti quelli che l’hanno letta ne hanno condiviso la valenza, l’importanza, l’urgenza. Ne ho avuto un diretto riscontro nei miei contatti quotidiani coi politici del parlamento e della commissione europei a Bruxelles. Tutti dunque hanno letto Laudato sì, e ne hanno ammirazione. E lo stesso è valso anche per Fratelli tutti. Cioè tutti riconoscono a Papa Francesco la paternità della proposta di un nuovo umanesimo. Che lui spesso propone in solitudine tra i grandi leader mondiali. Ma sta poi a noi saper spiegare che l’umanesimo di Francesco non è solo una proposta politica, ma è proclamazione del Vangelo. Chi è fuori della Chiesa certe volte capisce il Vangelo meglio di chi ci sta dentro. Papa Francesco ha dunque indicato questa modalità di annunciare il Vangelo, che parte dalla realtà, quella realtà che ci vede tutti creature e figli dello stesso Padre. Ma per rispondere alla vostra domanda iniziale: in tutti i paesi europei nei sinodi si è parlato molto di comunione, di partecipazione, ma assai poco di missione.


Sicuramente le difficoltà registrate nei sinodi dei vari paesi sono state influenzate da una certa difesa istintiva del proprio status da parte del clero e dall’altro lato da una persistente attitudine delegante dei laici.

Il concetto di sinodalità fu introdotto da Papa Paolo VI come esigenza di collegialità, di comunione tra i vescovi ...

L'intera intervista a questo link:

https://www.chiesa-cattolica.it/hollerich-la-chiesa-deve-cambiare-rischiamo-di-parlare-a-un-uomo-che-non-ce-piu-18281.html


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