C’è una novità però per il discepolo, per noi. Si tratta di una novità che nasce dalla Pasqua che stiamo celebrando in questo tempo: per noi Gesù - colui che fu turbato nella sua umanità dalla morte di un amico, dalla propria morte, dal tradimento di uno dei suoi - è divenuto la «via».
In quell’ultima sera, quando il traditore uscì nella notte e quando ormai si avvicinava l’ora in cui il Figlio dell’Uomo sarebbe stato glorificato, Gesù rivolge ai suoi discepoli un invito: «non sia turbato il vostro cuore, abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me» (Gv 14,1). È vicino il distacco dal maestro, un senso di sgomento e di timore è ormai percepibile tra coloro che lo avevano seguito e Gesù invita i discepoli a non essere tubati nel cuore.
«Non sia turbato il vostro cuore…», ma lui, Gesù, davanti alla morte dell’amico Lazzaro e alle bende della morte che lo tenevano legato, davanti al pianto dell’uomo e al suo dolore si turbò profondamente (Gv 11,33). Si usa il medesimo verbo.
«Non sia turbato il vostro cuore…», ma lui, Gesù, davanti alla propria morte, quando sente imminente la solitudine e l’abbandono, è turbato e rivolgendosi al Padre dice: «ora l'anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora!» (Gv 12,27).
«Non sia turbato il vostro cuore…», ma lui, Gesù, davanti all’amico e discepolo che lo tradiva si turbò profondamente. Ancora una volta si utilizza il medesimo verbo.
Eppure, in quella stessa notte - notte del tradimento e dell’abbandono, notte dell’intimità, del testamento e del distacco - Gesù si rivolge ai discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore…». Essi non saranno risparmiati dal turbamento del cuore, come lui, Gesù, non fu risparmiato, ma sono chiamati a vivere il loro turbamento come lui lo ha vissuto, cioè avendo fede: appoggiandosi con fiducia – come dice il termine ebraico – sulla fedeltà di Dio.
C’è una novità però per il discepolo, per noi. Si tratta di una novità che nasce dalla Pasqua che stiamo celebrando in questo tempo: per noi Gesù - colui che fu turbato nella sua umanità dalla morte di un amico, dalla propria morte, dal tradimento di uno dei suoi - è divenuto la «via». Allora i suoi discepoli nel tempo che va dalla sua Pasqua al suo ritorno, tempo di prova e perseveranza, possono appoggiarsi con forza sulla fedeltà di Dio appoggiandosi con forza su Gesù stesso che nella sua Pasqua è divenuto per noi «via» verso il Padre.
Il discepolo di Gesù è invitato a superare il turbamento del cuore, che potrebbe immobilizzarlo, non guardando ad un maestro impassibile, ma guardando proprio a Gesù che, davanti a quelle realtà che oggi turbano il nostro cuore e il cuore di ogni uomo e donna – la morte di un amico, la nostra morte, la solitudine, l’abbandono, il tradimento –, non rimase indifferente, ma si appoggiò con forza sulla fedeltà del Padre. Come il maestro, così i suoi discepoli non sono chiamati a vivere nell’indifferenza e nella impassibilità ciò che turba il loro cuore, ma nella fede/fiducia… nella libertà e nel dono. Il frutto della Pasqua diventa un cuore che non teme di avere desideri capaci di plasmare e dare forma alla vita, libero da ogni timore e fiducioso in un futuro che non può che essere con Colui che ha tracciato e aperto la via per noi.
Oggi, ascoltando questa pagina del Vangelo, il Padre, con le mani del Verbo e dello Spirito, plasma in noi un cuore nuovo, ci apre a desideri grandi capaci di superare ciò che ci spaventa e ci indica la «via» verso di lui. I discepoli di Gesù sono uomini e donne che non hanno paura delle loro fragilità, non hanno paura di attraversare ciò che tocca e ferisce il cuore degli uomini e delle donne, perché sanno che li ha preceduti, assumendo tutto ciò che è umano, colui che è «la via, la verità e la vita».
(Matteo Ferrari)
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