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Massimo Cacciari: «Pensare alla morte ogni giorno è l’unico modo di vivere. Per me vorrei un rito zoroastriano, con il corpo offerto alle aquile»

Il filosofo: «La fine dell’esistenza è un passaggio. Morire è un verbo non un fatto. L’individuo contemporaneo è invece impegnato solo a sopravviversi, è attaccato all’apparenza fisica. Immaginare di durare eternamente è insensato»

Un tempo, per età e per virtù, si sarebbe potuto definire Massimo Cacciari un «grande vecchio». Ma l’unico filosofo italiano che sia noto anche a chi non ha mai letto un libro deve essere così «grande» da non apparirmi affatto «vecchio». Lucido. Amaro. Polemico. In gran forma, oltre la soglia degli ottanta. E disposto a parlare di morte, argomento che ha molto frequentato e studiato.
Cerco dunque da lei subito conforto contro la tesi di Epicuro, che personalmente non condivido affatto anche perché toglierebbe ogni senso a questa serie di interviste, secondo cui «la morte non esiste, perché quando c’è lei non ci siamo noi, e viceversa».
«Epicuro pensa alla morte come a un istante inafferrabile. Ma questa è appunto la morte, non il morire. Un fatto, non un processo e un divenire. In realtà ...

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