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Una missione, una porta aperta, un dono per il mondo, non un idolo, ma grazia di Dio

Ogni anno il 21 novembre i veneziani vanno in pellegrinaggio 
alla Basilica della Madonna della Salute

Pubblichiamo l'omelia del Patriarca Marco Ce’ nella festa della Madonna della Salute 1989
(in RDV 1989 776-777)

 

Una missione

 

Ci ha convocati qui la volontà dei nostri padri, peccatori ma credenti. Non c’è dubbio che la storia di Venezia sia aperta Dio. Chi volesse cancellarne le tracce, dovrebbe demolire la città pietra dopo pietra. 

Non è questa la parola che viene dalla Festa della Salute? Dalla nostra convocazione qui, oggi - non solo come individui, ma come città - non viene forte la domanda: che hai fatto, Venezia, della fede di tuoi padri? Il futuro di Venezia ha bisogno di una fede. Come l’Europa ha bisogno di una fede. 

A me pare di risentire qui, oggi le parole di Gesù sulla sua città: “Gerusalemme, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli …” (Lc 13,34) e un’altra parola mi risuona dentro: “Parla al cuore di Gerusalemme” (Is. 40,2).

Venezia, la fede dei tuoi padri è stampata su di te e ti fa una Città degli uomini e - perché no? - una Città dello Spirito, una patria per tutti. Sulle tue pietre è scritta una fede, che ancora oggi può dare senso il tuo vivere e al tuo faticare.

Cioè nella tua gente un patrimonio di valori – di umanità, di probità, di solidarietà, di creatività – capace di darti fiducia in te stessa, e speranza nel tuo futuro. Trovi questo patrimonio nella fatica onesta di tanti papà e mamme che crescono i loro figli, ogni giorno rincominciando il loro pesante compito con fedeltà e con l’amore. Lo trovi nella la laboriosità di tanti uomini e donne che fanno il loro dovere in ufficio, negli ospedali, nella realtà assistenziali, al banco del loro lavoro. Lo trovi in tanti giovani che credono che la vita è impegno e dono e camminano con entusiasmo verso il loro futuro.

Venezia - te lo dico dall’altare dove si proclama il Vangelo, dove la retorica e l’adulazione sono bestemmia -, credi alla “grazia”, che ti è stata data, alla missione che ti è stata consegnata. E nella saggezza dei tuoi uomini e delle tue donne, nella responsabilità dei governanti che tu stessa ti dai, siine degna.

Ritorna al Dio dei tuoi padri e i grandi valori della tua storia di ieri e di oggi. Il “bonum rei publicae” sia veramente nel cuore di tutti: nel rispetto leale dell’istituzioni e nella partecipazione, competente e pulita, alle comuni responsabilità, nella promozione della solidarietà e di quei diritti dell’uomo - il diritto alla verità, non manipolata da informazioni pilotate, il diritto alla libertà, alla giustizia e l’accesso di tutti i beni comuni - per i quali oggi l’Europa e il mondo sta cercando assetti nuovi.

Una “salvezza” che non può venire solo dall’uomo: che Dio ci ha donato, come grazia, nell’incarnazione del Figlio.

 

Una porta aperta

 

Come vorrei parlare al tuo cuore, Venezia, per riscaldarlo nella fiducia e sta arrivare in te la coscienza del dono singolarissimo che ti è stato consegnato ed è il tuo destino, che servizio dovuto all’Europa e al mondo. 

Fratelli e sorelle, siamo coscienti che la nostra città non può essere “usata” per interessi “particolari” perché essa è “oltre”, è un “dono più grande”, che ci è stato consegnato e ci trascende, che ci accredita e ci qualifica per un servizio allo spirito dell’uomo? 

Una singolarità, questa, che non ci espropria dalla nostra Città e dei vantaggi di esserne cittadini; anzi. Ci fa però responsabili della sua qualità “eccedente”: di fronte all’Europa e al mondo, verso il quale è una “porta” per il suo patrimonio artistico e spirituale, oltre che per la sua posizione geografica e la sua storia.

 

Un dono per il mondo

 

I giorni che stiamo vivendo sono un’ora drammatica e stupendi della storia. Penso alla parola di Dio che abbiamo ascoltato: “Non voi a me, ma io darò a voi una casa” (2Sam 7,1-5.8-11.16). Casa di Dio e l’umanità unita e fraterna; una umanità aperta al dono di un amore che la può salvare.

Penso anche alle parole dell’apostolo Paolo: “tutto, tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8,28-30) che lo amano forse senza conoscerne il nome. Maria, alla grazia che gli veniva offerta, ha risposto: “accade in me ciò che hai detto” (Lc 1,38). E noi che cosa risponderemo all’ora di Dio che passa nella nostra vita?

Ascoltando la parola di Dio nel cuore di questi avvenimenti, penso a te, Venezia: un giorno, con la tua potenza, hai dominato il nostro male e dall’Occidente sei penetrata nelle profondità dell’oriente. Oggi, non più con la potenza, ma con i doni che Dio ti ha dato – la tua bellezza, la tua miracolosa singolarità, la tua stessa collocazione geografica, e ciò che tu significhi per gli uomini di tutte le culture - tu sei “grazia” per il mondo che viene innanzi: grazia di fede, di fraternità, di bellezza e di pace; casa dove anche chi non crede trova un linguaggio per dialogare con chi crede.

Ma tu sei consapevole della “vocazione” con cui Dio ti ha chiamata, affidando a te - ma non solo per te - un dono per tutti per il mondo intero?

Che tu sia fra le città più amate del mondo, forse la più amata e la più visitata per i tuoi valori spirituali; che tu apra tutte le pagine della Bibbia, scritte nei mosaici con linguaggio universale dell’arte, non fa appello a una tua responsabilità, in questo momento in cui una possente domanda di valori - che non siano soltanto le offerte del benessere consumista – si alza nel mondo che sta vivendo l’alba di un nuovo futuro? Un futuro affidato alla nostra libertà e alla nostra responsabilità?

 

Non un idolo ma grazia di Dio

 

Io penso agli orizzonti sconfinati del vivere, dell’agire e del morire che si aprono in colui che crede alle parole della fede: “che Cristo abiti mediante la fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, E conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio” (Ef 3,17-19)

Fratelli e sorelle, è in questa luce che io vi invito a comprendere ciò che comporta per noi lasciare i figli di questa singolarissima città di Venezia, che è nostra, ma è anche “grazia” di Dio per tutto il mondo.

La mano provvida che guida la storia ci ha consegnato “una perla” del creato, che noi potremmo anche disperdere, mentre il nostro impegno a custodirla viva, attuale, farla anzi crescere. Un patrimonio umano e di fede che manifesta, rende tangibile la trascendenza dell’uomo, la sua signoria sulle cose e sulla morte, e fa di Venezia, non un idolo da mummificare e adorare, ma un linguaggio con cui parlare delle cose più belle dell’uomo e di Dio.

Ma noi, cristiani di Venezia, l’amiamo così la nostra città, la serviamo così la costruiamo così: o, queste immagini della santa Gerusalemme, la mercificato e la sfruttiamo per noi, i nostri modesti egoismi, i nostri interessi di parte?

Ma hai l’impegno per la città terrena è, per un cristiano, solo mondano: Venezia è “un dono” singolarissimo ed esige una dedizione disinteressata e pura, quale né sull’altra città richiede.

Allora io mi domando di nuovo: siamo, noi veneziani, all’altezza della nostra vocazione storica, oggi, liberi da lacci di dominazioni e potestà, ma ben più di ieri carichi di valori dello spirito: oggi, nell’era della mondialità, della comunicazione planetaria, ma anche il rischio di sottoporre i valori dello spirito a quelli di un progresso ateo e distruttore dell’uomo?


+ Marco Ce'




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