A ben pensarci c’è solo un Santo a cui, almeno da queste parti, è associato sia un profumo che un suono.
Il suo nome, almeno per i Veneziani del Centro Storico, delle isole e dell’entroterra è legato alla fragranza e al sapore della pastafrolla di un dolce con le sembianze di un cavallo e di un cavaliere; ma non solo, il giorno a lui dedicato è spesso invaso dal suono, o meglio al rumore, prodotto dal vociare festante di bambini che mettono in atto una tradizione alquanto particolare.
Sì, anche se ormai è ovvio dirlo, stiamo parlando di San Martino e dell’11 novembre, giorno di grandissima importanza nel mondo rurale.
La data di questa festa era ben nota nelle campagne perché segnava la fine dell'annata agraria e, con questa, del termine dei contratti annuali.
Anticamente, dunque, il tempo di San Martino, era un periodo di grande cambiamento: spesso si traslocava, e da qui nasce l'espressione "Fare Sanmartin" per indicare il trasferirsi altrove, verso un’altra fase della vita.
Spesso si festeggiava questo momento con banchetti e feste paesane, nei quali si consumavano prodotti tipici come l'oca al forno, le castagne arrostite e il vino nuovo.
Qui, nel veneziano, invece, con la medesima espressione si intende un’altra cosa. Infatti, sono in molti che da bambini, al giungere di questa data, erano soliti darsi appuntamento dicendo: “Oggi pomeriggio n’demo a far San Martin?” (Oggi pomeriggio andiamo a fare San Martino?), che non significava trasferirsi a vivere in un altro luogo, o prendere un cavallo e donare le due metà del proprio mantello ai bisognosi, ma andare a visitare tutta una serie di negozi facendo baccano con mestoli e pentole e cantando una filastrocca in dialetto che, bene o male, abbiamo imparato tutti:
“San Martin xe andà in soffita par trovar la so noviza: so noviza no ghe giera, San Martin xe andà par tera. E col nostro sachetin, ve cantemo el San Martin”.
Il “sachetin”, citato nella filastrocca era il sacchettino nel quale i bambini sono soliti raccogliere le caramelle, i dolci o le piccole mance che vengono loro donate.
Ancora oggi, la mattina dell’11 novembre, non è raro incontrare intere scolaresche che vanno a “Fare San Martino”; troviamo sia davvero bello vedere che il corpo docente delle scuole elementari tramandi e faccia vivere questa tradizione ai bambini, cosa che, sicuramente, conserveranno nei loro ricordi e che tramanderanno ai loro figli.
Il patrimonio artistico legato a San Martino è ampio e la diffusione delle opere in tutto il territorio dimostra l’importanza della sua presenza in Veneto.
Il culto di questo Santo, infatti è molto antico e se ne trova traccia fin dall'VIII secolo, importato forse da rifugiati dalla città di Ravenna, dove era molto sentito.
A Venezia la chiesa dedicata a San Martino di Tours si trova a Castello, nelle immediate vicinanze dell’Arsenale, ed è stata progettata da Jacopo Sansovino.
Nei pressi del patronato, vi è spesso un banchetto nel quale vengono messi in “vendita”, o a disposizione di chi dovesse averne bisogno, degli abiti usati, (spesso di persone anziane che non ci sono più), ma che risultano ancora in buono stato. Troviamo davvero suggestivo vedere che, nei pressi della chiesa di San Martino vengono messi a disposizione proprio degli abiti per chi sta attraversando un momento di difficoltà.
A San Martino è dedicata anche la chiesa di Burano, la cui sagrestia conservava in origine una serie di opere pittoriche di Giambattista Tiepolo, ora conservate nel vicino oratorio di Santa Barbara.
Il campanile settecentesco, particolarmente pendente, subì i primi cedimenti già in fase di costruzione e, fin da subito, si cercò di provi rimedio. Nonostante le opere di consolidamento, resta oggi una particolare caratteristica del paesaggio di Burano.
(Debora Gusson e Riccardo Roiter Rigoni)
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