“I nostri sette peccati capitali”. Titolo davvero particolare, nel quale la finezza viene da quell’iniziale “i nostri”. Il sottotitolo è più chiaro: La fraternità, sola politica possibile. Benoist de Sinety, in sette capitoli, affronta i mali contemporanei che ci dividono, dall’individualismo di base alle bugie del mondo politico e alle deviazioni della Chiesa in un ripiegamento identitario, passando dalle diversioni della laicità o dal cattivo uso della Creazione. Questi temi sono affrontati attraverso riferimenti e personaggi biblici (Giona, Caino, la Samaritana, e altri), e testimonianze di incontri fondamentali nella sua vita di cappellano studentesco o di prete in parrocchia.
Tra le sue constatazioni: non ci può essere vera società senza incontro fraterno, “è l’incontro che ci crea”, e non c’è fraternità possibile senza trascendenza; il dialogo, chiave di volta della evangelizzazione, fa sì che l’altro sia il fratello – papa Francesco parla della “buona battaglia dell’incontro” -; “è l’atonia spirituale che fa spazio alla paura del religioso e spinge alla violenza”. I poveri del nostro mondo sono i primi colpiti dagli abusi dell’Occidente predatore; dobbiamo prendere instancabilmente la difesa dei piccoli, e non comprometterci nelle ingiustizie che li colpiscono. Benoist de Sinety arriva a parlare della Chiesa di Francia, modello della borghesia e del conservatorismo sociale, che si ripiega su se stessa per paura dell’altro e nella nostalgia del passato per paura del cambiamento, perdendo per strada tutti coloro che in essa si sentono più spesso giudicati che accolti.
Ma l’autore proclama anche la vitalità della speranza – se accettiamo di non essere perfetti, e constatando che l’umanità ha già dato prova delle sue capacità di cambiare e di salvare la fraternità. Come dice il nostro amico Guy Aurenche: “Messi di fronte ai nostri peccati capitali grazie alla lettura di questo libro, siamo tutti promossi al ruolo di costruttori fiduciosi di un mondo fraterno”.
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