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Sachs: «Il grande errore degli Stati Uniti è credere che la Nato sconfiggerà la Russia»

Jeffrey Sachs, direttore dello Earth Institute della Columbia University, nominato nel 2021 da papa Francesco all’Accademia Pontificia

Imporre sanzioni sempre più dure sulla Russia è la linea giusta? 
«Accanto alle sanzioni abbiamo bisogno di una via diplomatica. Negoziare la pace è possibile, sulla base dell’indipendenza dell’Ucraina e escludendo che aderisca alla Nato. Il grande errore degli americani è credere che la Nato sconfiggerà la Russia: tipica arroganza e miopia americana. È difficile capire cosa significhi "sconfiggere la Russia", dato che Vladimir Putin controlla migliaia di testate nucleari. I politici americani hanno un desiderio di morte? Conosco bene il mio paese. I leader sono pronti a combattere fino all’ultimo ucraino. Sarebbe molto meglio fare la pace che distruggere l’Ucraina in nome della "sconfitta" di Putin».

 

Ma Putin non vuole la pace. Ha dimostrato che non gli interessa negoziare e va avanti con una guerra totale all’Ucraina, senza distinguere fra militari e civili. Come crede che funzionino dei negoziati in una situazione del genere?   
«La mia ipotesi è che gli Stati Uniti siano più riluttanti della Russia a una pace negoziata. La Russia vuole un’Ucraina neutrale e l’accesso ai suoi mercati e alle sue risorse. Alcuni di questi obiettivi sono inaccettabili, ma sono comunque chiari in vista di un negoziato. Gli Stati Uniti e l’Ucraina invece non hanno mai dichiarato i loro termini per trattare. Gli Stati Uniti vogliono un’Ucraina nel campo euro-americano, in termini militari, politici ed economici. Qui si trova la ragione principale di questa guerra. Gli Stati Uniti non hanno mai mostrato un segno di compromesso, né prima che la guerra scoppiasse, né dopo».

 

Stati Uniti e Europa devono discutere con Putin per arrivare a una pace o dovrebbero aspettare la fine del suo regime, perché è un criminale di guerra?          
«Discutere, sicuramente. Se vogliono processare Putin per crimini di guerra, allora devono aggiungere alla lista degli imputati George W. Bush e Richard Cheney per l’Iraq, Barack Obama per la Siria e la Libia, Joe Biden per aver sequestrato le riserve in valuta estera di Kabul, alimentando così la fame in Afghanistan. E l’elenco non finisce qui. Non intendo scagionare Putin. Voglio sottolineare che bisogna fare la pace, ammettendo che siamo nel pieno di una guerra per procura tra due potenze espansioniste: la Russia e gli Stati Uniti. Non per nulla al di fuori degli Stati Uniti e dell’Europa, pochi Paesi sono schierati con l’Occidente su questo. Giusto gli alleati degli Stati Uniti come il Giappone e la Corea del Sud. Gli altri vedono all’opera la dinamica delle grandi potenze».

 

La Russia però qui l’aggressore, che neanche aveva subito provocazioni. Non trova?
«La Russia ha iniziato questa guerra, certo, ma in buona parte perché ha visto gli Stati Uniti entrare in modo irreversibile in Ucraina. Nel 2021, mentre Putin chiedeva agli Stati Uniti di negoziare l’allargamento della Nato all’Ucraina, Biden ha raddoppiato la scommessa diplomatica e militare. Non solo ha rifiutato di discutere con Mosca l’allargamento della Nato, ma ha fatto sì che l’impegno della Nato in questo senso fosse rinnovato al vertice del 2021, e poi ha firmato due accordi con l’Ucraina sul tema. Gli Stati Uniti hanno anche continuato le esercitazioni militari e le spedizioni di armi su larga scala. Tra l’altro è interessante vedere come gli Stati Uniti e l’Australia si stiano strappando i capelli per un patto di sicurezza tra la Cina e le piccole Isole Salomone, a 3.000 chilometri dall’Australia. Questo accordo viene visto come una terribile minaccia alla sicurezza dall’Occidente. Come si deve sentire allora la Russia riguardo all’allargamento della Nato all’Ucraina?».

 

Dunque lei cosa suggerisce?        
«Per salvare l’Ucraina dobbiamo porre fine alla guerra, e per porre fine alla guerra abbiamo bisogno di un compromesso in cui la Russia si ritira e la Nato non si allarga. Non è difficile, eppure gli Stati Uniti non accennano neanche all’idea, perché sono contrari. Gli Stati Uniti vogliono che l’Ucraina combatta per proteggere le prerogative della Nato. Già questo è un disastro ma, senza una soluzione ragionevole e razionale, ci aspettano rischi molto più grandi».

 

L’argomento dell’allargamento della Nato può non convincere, professore. Prima della guerra l’Ucraina non aveva nemmeno un Membership Action Plan (una «roadmap») per l’adesione. E il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha dichiarato al Cremlino, davanti a Putin, che l’Ucraina non sarebbe entrata nella Nato «finché noi due saremo in carica» (cioè almeno fino al 2036). Non sembra proprio una ragione sufficiente per invadere…
«Dire che l’Ucraina non entrerà sembra proprio un espediente americano. In realtà, gli Stati Uniti si stavano già impegnando molto per arrivare all’interoperabilità militare dell’Ucraina con la Nato, in modo che a un certo punto l’allargamento sarebbe diventato sostanzialmente un fatto compiuto. Come il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov stesso ha detto di recente, il ministero della Difesa dell’Ucraina brulicava già di consiglieri dell’Alleanza atlantica. L’idea che l’allargamento non avrebbe avuto luogo è in realtà più un’operazione di pubbliche relazioni che una verità. È la strada scelta dagli Stati Uniti, come mostra in ogni politica di oggi. Il punto fondamentale è che gli Stati Uniti si rifiutano di discutere la questione. Questo è già un indizio».

 

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