No a una liturgia «senza vita» e «senza gioia». Non a una liturgia che divide («c’è l’odore del diavolo lì dentro»). E no anche a «chi sa la liturgia». Sì invece a una «genuina vita liturgica, specialmente l’Eucaristia», che «ci spinge sempre alla carità, che è anzitutto apertura e attenzione all’altro». Così si è espresso ieri il Papa nel discorso ai professori, agli studenti ed ex studenti del Pontificio Istituto liturgico Sant’Anselmo, ricevuti in udienza con il rettore e il preside in occasione del 60° anniversario della sua fondazione.
Francesco ha messo in guardia soprattutto dalla «tentazione del formalismo liturgico». In sostanza, ha spiegato, «l’andare indietro a forme, alle formalità più che alla realtà, che oggi vediamo nei movimenti che cercano di andare indietro e negano proprio il Concilio Vaticano II: la celebrazione è recitazione, è una cosa senza vita, senza gioia». Conseguentemente occorre evitare l’uso della liturgia «come bandiera di divisione». Questa è un’opera diabolica, secondo il Pontefice. «Non è possibile – ha quindi aggiunto – rendere culto a Dio e allo stesso tempo fare della liturgia un campo di battaglia per questioni che non sono essenziali, anzi: per questioni superate e per prendere posizione, dalla liturgia, con ideologie che dividono la Chiesa. Il Vangelo e la tradizione della Chiesa – ha ammonito il Papa – ci chiamano ad essere saldamente uniti sull’essenziale, e a condividere le legittime differenze nell’armonia dello Spirito». Comunque il vezzo di usare la liturgia per dividere e scandalizzarsi non è nuovo. Francesco ha ricordato che anche ai tempi di Pio XII fece scalpore la disposizione che permetteva di mangiare fino a un’ora prima di fare la comunione. E poi la riforma del Triduo pasquale: «Ma come, il sabato deve risorgere il Signore». Le «mentalità chiuse» esistono anche oggi. «Gruppi ecclesiali che si allontanano dalla Chiesa, mettono in questione il Concilio, l’autorità dei vescovi, per conservare la tradizione. E si usa la liturgia, per questo». Perciò il Papa ha esortato a «continuare il lavoro di formazione alla liturgia in continuità con i padri conciliari, per essere formati dalla liturgia».
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