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Contributo Sinodale di "+Grande è l'amore": Testimoni dell'amore - Chiamati all'amore


Testimoni dell’amore 


Sin dall’inizio i discepoli di Gesù avevano intuito che per camminare nella fede, crescere e progredire nella sequela del loro maestro avrebbero dovuto farlo non come singoli ma in gruppo, insieme. I cristiani hanno da sempre vissuto in comunità ritrovando in esse un senso di speranza, di condivisione e di aiuto reciproco non solo nelle vicende più quotidiane ma anche e soprattutto nel seguire le orme di Gesù. 

Ai giorni nostri tutto ciò non ha diminuito il suo valore: la ricerca di una comunità in cui crescere ha innegabilmente validità nel vivere quotidiano moderno, nonostante sia sotto gli occhi di tutti che oggi le parrocchie si stanno sempre più spopolando e sono sempre più luoghi di passaggio piuttosto che luoghi dove si resta per crescere; luoghi dove spesso il cammino è solo iniziato, ma non portato a termine. Molte persone, per diverse ragioni, non trovano le motivazioni per continuare a stare legati alla parrocchia e se ne vanno, nonostante tutti gli sforzi di religiosi e laici per creare occasioni per attrarre più fedeli a partecipare.

Non è il nostro caso. Noi a causa del nostro particolare modo di amare e del nostro sentire ed essere visto come “non ordinario” abbiamo dovuto in molti casi guardare altrove rispetto alle parrocchie e cercare… non perché non ci fosse un desiderio di coltivare i legami con gli altri della comunità, non perché non ci interessi la dimensione ecclesiale della fede. Abbiamo dovuto cercare altrove perché, semplicemente, non sempre si è verificata quella accoglienza e quella premura riservata ad altri credenti. Molti nostri amici fuggono dalle parrocchie e noi, invece, che vorremmo farne parte integralmente ci troviamo spesso le porte chiuse o socchiuse, o aperte solo a parole ma non nei fatti. Per vivere in comunità spesso abbiamo dovuto lasciare fuori una parte di noi, del nostro essere, del nostro vivere. 

Lo sperimentiamo tutti i giorni, nei diversi ambienti di lavoro e di vita: divisi in due metà che spesso non riusciamo a conciliare. Si tiene nascosto il nostro essere credenti o, più spesso, il nostro essere omosessuali. Fin da quando siamo stati poco più che bambini, chi più chi meno, ognuno ha sperimentato di dover tenere nascosto una parte importante di sé irrinunciabile.

Noi giovani cristiani, credenti, omosessuali sperimentiamo spesso di non essere i benvenuti nelle comunità parrocchiali, di poter stringere solo legami privati senza poter partecipare in maniera attiva. Ci accorgiamo che c’è un’accoglienza pietistica e non un pieno riconoscimento, una timida approvazione senza integrazione, un silenzio su di noi che a volte diventa insopportabile. Noi siamo testimoni dell’amore di Gesù e vogliamo testimoniare la nostra fede assieme agli altri credenti, non in un gruppo ristretto di nostri simili. 

Noi del gruppo “Più grande è l’amore” siamo convinti che quando ci troviamo Gesù è in mezzo a noi, ma diventa impegnativo ed alienante non avere alternative se non quella di un piccolo gruppo di una decina di persone che si ritrova a Venezia una volta al mese. Perché a questo siamo costretti. Parliamo di noi, del nostro rapporto con il Signore, della fede, della chiesa, della società: è bello, ma è molto limitante. Alcuni di noi sono costretti a fare chilometri per trovare qualcuno che accolga tutto di noi. Ma ci chiediamo, perché? non dovrebbe essere questa una prerogativa di ogni comunità? 

Noi crediamo fermamente che nelle parole del Vangelo: «In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d'accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Matteo 18, 19-20). 

Chiediamo alla nostra Chiesa di riconoscere questo, di darci modo di stare con i nostri fratelli nella fede per vivere assieme la sequela di Gesù.        

Chiamati all’amore

Noi coppie lgbt e future famiglie viviamo nella società di oggi un’epoca di smarrimento e difficoltà. Spesso, limitandoci a seguire visioni relative della vita di coppia legate a ragioni storiche particolari, finiamo col perdere di vista l’aspetto più relazionale e intimo, che non può prescindere dall’amore. Chiediamo un rinnovato approccio nel popolo di Dio, che sappia mettere al centro non semplicemente schematismi, ma l’amore, in tutte le forme che esso ha assunto, assume e potrà assumere. 

Noi impegnati nella Chiesa. Nella relazione con la comunità cristiana, ogni membro del popolo di Dio chiede non di essere semplicemente accolto o capito, ma di farne parte e riuscire così a diventare mani e voce di Cristo in terra. Anche noi cristiani lgbt esigiamo non un ruolo marginale nelle stesse parrocchie e diocesi dove ciascuno di noi è cresciuto, ma un ruolo centrale, come è quello riconosciuto a ciascun fedele, nella consapevolezza che solo così riusciremo a far fiorire nel corpo di Cristo, che è la Chiesa, quei talenti che a ciascuno di noi Egli ha donato. 

Noi operatori sanitari siamo chiamati tutti i giorni a dare concretezza all’insegnamento di Cristo, a prenderci cura degli ammalati e ad accompagnarli, tanto nel vivere quanto nel morire. Consapevoli delle grandi responsabilità del nostro condividere le diverse fragilità, chiediamo al popolo di Dio una nuova presa di coscienza circa il ruolo del malato nella vita di oggi, affinché non sia più visto come un numero, ma come persona. Tutto ciò implica il superamento di ogni espressione della cultura dello scarto, di ogni tecnicismo, di ogni pregiudizio, anche di quelli legati all’orientamento sessuale, nei confronti sia del paziente, che dell’operatore sanitario. 

Noi lavoratori della scuola. La responsabilità che noi lavoratori della scuola abbiamo è cruciale. Siamo noi incaricati di formare i cittadini di domani e a trasmettere valori etici e morali che sempre includono anche l’aspetto religioso. Formare l’uomo tutto intero passa anche attraverso la predisposizione di programmi didattici che promuovano la cultura del rispetto e dell’inclusione, nonché la lotta a pregiudizi, discriminazioni e violenze motivati dall’orientamento sessuale. Auspichiamo una nuova dialettica in seno alla Chiesa, che non si riduca alla “traditio” verticale e gerarchica, ma si allarghi in un fertile dialogo, che sappia valorizzare noi insegnanti non come semplici esecutori, ma come protagonisti incaricati dell’arduo e al contempo meraviglioso compito di formare le coscienze del domani. 

Noi persone lgbt e l’accompagnamento spirituale. A fianco del riconoscimento civile o religioso del nostro rapporto di coppia, noi persone lgbt chiediamo con vivo desiderio l’attivazione di forme di accompagnamento spirituale alla futura vita insieme. Siamo consapevoli di essere chiamati dal Signore a vivere il carisma dell’amore omosessuale. Tutto ciò nella certezza che la nostra sete di Cristo potrà, mediante la sua Parola e i sacramenti, essere condivisa nella vita di coppia.

Noi persone lgbt e la dottrina. La dottrina della Chiesa costituisce un patrimonio insostituibile: essa è il risultato in forma scritta del cammino del popolo di Dio e al contempo un viatico per le generazioni future. Passato e futuro hanno così modo di toccarsi nella relazione vivificante tra Cristo e la Chiesa presente. Consapevoli di questo ruolo, incoraggiati dall’invito dei vescovi italiani a riscoprire il valore del sensus fidei del popolo di Dio, chiediamo di contribuire allo sviluppo della dottrina stessa, consapevoli che solo un apporto davvero onnicomprensivo possa mantenere viva la difficile, complessa, e pure misteriosa relazione tra parola e vita, tra azione e pensiero. Chiediamo, quindi, un ruolo maggiormente capillare, allargato alle diocesi, alle parrocchie, ai singoli fedeli, nell’elaborazione della dottrina della Chiesa cattolica. 

Il catechismo della Chiesa cattolica, primo fra tutti, non può limitarsi ad una enucleazione asfittica di principi, ma deve aprirsi a nuovi contenuti e nuove interpretazioni. Il concetto di fecondità, ad esempio, può superare la sua dimensione rigorosamente procreativa e spalancarsi a nuovi orizzonti in grado di ricomprendere ogni dimensione generativa dell’amore, compreso l’amore omosessuale. 

Solo così, infatti, riteniamo si potrà superare da un lato l’individualismo autoreferenziale, incompatibile con il cattolicismo (καθολικός), dall’altro l’irrigidimento che confonde tradizione e Verità. 

“La realtà semplicemente è, l’idea si elabora. Tra le due si deve instaurare un dialogo costante, evitando che l’idea finisca per separarsi dalla realtà.” (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 231)

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