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Il pastore e la massaia non sono persone irresponsabili

La logica economica, che è quella dei grandi numeri, non può diventare anche una logica religiosa.

 religiosa

Statisticamente, uno su cento è una quantità superflua, quasi trascurabile. Chi guadagna molti soldi può destinare almeno un centesimo in beneficienza. Tra l’altro, nella tradizione biblica, ebraica e cristiana, si è sempre prescritta la decima per i poveri. Anche nell’islam, la tassa che “purifica” la propria ricchezza, è del 2.5%. Economicamente, l’1% si considera una perdita insignificante.

Questa logica economica, che è quella dei grandi numeri, inconsciamente può diventare anche una logica religiosa. Assistiamo, spesso, a un’attenzione prevalente sul numero, per esempio sul numero delle vocazioni religiose o sul numero dei frequentatori della messa domenicale. Se ci sono in chiesa centinaia di fedeli, non ne manca nemmeno uno?

L’evangelo del pastore che va in cerca della centesima pecora, o della massaia che cerca la decima dracma, rovescia questa logica mondana. Certo, il pastore non lascia novantanove pecore incustodite nel deserto; la massaia non butta via le nove dracme che le sono rimaste. Il pastore e la massaia non sono persone irresponsabili, si assicurano della custodia di tutti i propri averi. Ma per lui quell’unica pecora, per lei quell’unica moneta, non sono una percentuale superflua, di scarto, anzi diventano la priorità. Sono la cosa più preziosa, quasi indispensabile per la salvezza del gregge o dell’economia familiare. Ciò che era più diventa meno, ciò che era meno diventa più. Più di che cosa? Più di soddisfazione, più di gioia. Certo, non una gioia come quella che dà il mondo, che è precisamente la gioia dei grandi numeri.

E la trasposizione è chiara: “Vi è più gioia in cielo per un solo peccatore che si converte che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione”. Anche i Rabbini insegnano che, in cielo, al posto in cui siedono i peccatori pentiti non possono sedersi nemmeno i giusti perfetti, quelli, appunto, talmente giusti da non sentire il bisogno di convertirsi. Come mai? Penso, per questo, che non dobbiamo considerare soltanto la gioia del pastore che ha ritrovato la pecora perduta. Dobbiamo considerare anche la gioia della pecora che è stata ritrovata. Gli animali, talvolta anche più degli uomini, sono capaci di gratitudine, di gioia. I peccatori, proprio perché sono stati perdonati, non sono migliori, ma sono certamente più gioiosi di chi non si è mai perso nella vita.

(fr Alberto di Bose)

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