Non solo gas, sul Mediterraneo c’è la questione sicurezza

Non ci sono solo gli accordi commerciali: il tema energetico europeo, che inevitabilmente dovrà passare dalle potenzialità del Mediterraneo, deve fare i conti con le questioni di sicurezza, legate ad attori statuali, minacce irregolari e ibride


Settembre potrebbe essere il mese decisivo per la risoluzione della disputa marittima tra Israele e Libano. Il rappresentante speciale degli Stati Uniti per le Risorse energetiche, Amos Hochstein, sarà nei prossimi giorni di nuovo nei due da Paesi per cercare di mediare un accordo. In ballo ci sono diversi miliardi di dollari legati alle potenzialità di parte dei fondali contesi, che custodiscono reservoir gasiferi. Il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha definito una linea rossa l’inizio della produzione dell’impianto di Karish, un importante progetto israeliano per la produzione di gas che, secondo Israele, si trova nella fascia meridionale dell’area contesa.

Quando accade tra Libano e Israele racconta di come l’approvvigionamento e la produzione energetica è strettamente collegata a questioni di sicurezza. Se finora il tema securitario nel quadrante orientale del Mediterraneo allargato era stato dominato da problematiche connesse all’insorgenza di gruppi terroristici, ora la partita è cresciuta di valore. La scoperta di diversi giacimenti nelle acque mediterranee che bagnano Egitto, Cipro, Israele e Libano ha aperto a contenziosi di carattere geopolitico e coinvolto attori statuali.

Un contesto spinto anche dallo scombussolamento del mercato energetico globale indotto dall’invasione russa dell’Ucraina e dalla guerra che – come dice il capo del Pentagono, Lloyd Austin – si protrarrà per un “lungo periodo”. Spinti dall’esigenza di differenziare gli approvvigionamenti dalla Russia (isolata per evitare che le entrate dalle vendite di energia alimentino le spese belliche di Vladimir Putin), diversi Paesi europei hanno esplorato nuove strade e ne stanno ampliato di altre.

È il caso per esempio dell’Italia con l’Algeria, che sta diventando il principale fornitore energetico della Penisola e dove l’Eni ha approfondito le già solide attività. Ma l’Algeria è anche un dossier che dimostra come questo genere di nuovi o rinnovati approvvigionamenti sia delicato, incontrando rischi che non garantiscono completamente la sicurezza energetica cercata. Si tratta in generale di questioni di carattere interno o internazionale, legati a dinamiche statuali e alla persistenza di attori non-statuali come i gruppi terroristici.

Nello specifico, Algeri è presa dal confronto con Rabat: la partita col Marocco riguarda il riconoscimento della sovranità sul Sahara Occidentale, che ha già prodotto contraccolpi connessi al mondo energetico (chiedere a Madrid). Ma non solo: le tensioni persistono, il rischio conflitto tra due Paesi militarmente importanti esiste, c’è la potenziale interferenza di attori esterni (come la Russia, legata all’Algeria, ma anche i link competitivi francesi) e di dinamiche interne (la presidenza Tebboune non è amatissima, anche se ora ha le carte in regola per sistemare la pessima condizione economica grazie agli extra guadagni generati dall’aumento delle vendite di gas da re-investire).


L'intera analisi di Emanuele Rossi a questo link:

https://formiche.net/2022/09/non-solo-gas-mediterraneo-sicurezza/



Nessun commento:

Posta un commento