Le donne a scuola in un soggiorno nell'Afghanistan sospeso nel tempo

Lasciate a casa dai taleban, anche tante adolescenti si sono iscritte ai corsi di alfabetizzazione di Nove Onlus (una delle poche organizzazioni italiane che mantengono aperto un ufficio operativo in Afghanistan e risponde ai bisogni della popolazione locale). Yasmine frequenta con la madre: «Non mi annoio, aiuto lei»


La lavagna è un foglio magnetico appeso sulla credenza. La cattedra un tavolino di plastica. L’unica sedia è quella dell’insegnante, Leyla, 23 anni, studentessa di legge. Al posto dei banchi c’è un grande tappeto rosso su cui, una accanto all’altra, siedono con le gambe incrociate ventitré bimbe, adolescenti, adulte. La più grande ha 55 anni, la più piccola 11. «No, il più giovane è lui», dice Fatma, vent’anni, mostrando Zakir, 9 mesi, che dorme tra le sue braccia. È l’unico maschio ammesso in “aula”. La chiamano così. L’aula, in realtà, è un pezzo del soggiorno di Leyla che una tenda da cucina a strisce nere separa dal resto della casa e della vita della famiglia. Eppure le alunne ne vanno fiere. «Benvenuta nella nostra classe», dicono in inglese all’operatrice di Nove Onlus, mentre si sollevano con un balzo, come la maestra ha raccomandato loro. La forma è importante. La scuola non è qualcosa di scontato in un Paese in cui, dopo vent’anni di massicci investimenti nell’istruzione da parte della comunità internazionale, ancora, oltre la metà della popolazione non sa né leggere né scrivere. Specie per le donne: oltre i due terzi sono analfabete. «Sai che cosa vuol dire non riuscire nemmeno a decifrare le indicazioni del medico per dare le medicine a tuo figlio? O non sapere distinguere il nome delle vie per raggiungere l’ufficio giusto?», racconta la veterana, Azizà. 


L'intero reportage di Lucia Capuzzi a questo link:



A questo link il sito di Nove Onlus:


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