Tra i principi ispiratori del Codice di Camaldoli vi era l’idea di uno Stato inteso come garante e promotore del bene comune. Oggi ci siamo dimenticati dì questa finalità e ci sfugge lo Stato, che i liberali della second’ora vorrebbero ridotto a mero fascio di residuali funzioni fiscali e amministrative
Il problema della traiettoria disastrosa dello sviluppo della civiltà occidentale dell’era postmoderna – che costruisce presente e futuro sul totale nichilismo in relazione alle grandi conquiste delle precedenti epoche culturali – sta scivolando irresistibilmente dal pieno al vuoto. Esso è diventato il leitmotiv delle discussioni filosofiche, culturali e politiche degli ultimi tempi.
La natura distruttiva del sistema che si basa su capitale e banche è stata ripetutamente notata, puntualizzando sì che l’Occidente sa galvanizzare e dividere, ma non gli è dato di stabilizzare e unire. L’umanità non può raggiungere l’unità politica e spirituale seguendo questa via che l’emisfero ovest sta percorrendo.La crisi attuale non è delle singole società, ma ognuna di esse ha caratteristiche differenti. In Italia quella che stiamo attraversando non è più solo una crisi economica o finanziaria, ma di prospettiva. Serve una nuova Camaldoli per rilanciare l’idea di bene comune e uscire da questa situazione, in cui dopo la parentesi costruttiva del grande ceto politico 1944-1991, si sono succeduti personaggi posti fra lo scendere in campo calcistico, e l’asservimento total-colonizzante privo di una seppur minima politica estera.
Camaldoli significò attivare una prospettiva, una visione alta ma al tempo stesso operativa in un momento non meno critico dell’attuale per il nostro Paese. Tra i principi ispiratori del Codice di Camaldoli vi era l’idea di uno Stato inteso come garante e promotore del bene comune. Oggi ci siamo dimenticati dì questa finalità e ci sfugge lo Stato, che i liberali della second’ora vorrebbero ridotto a mero fascio di residuali funzioni fiscali e amministrative. Ci siamo dimenticati, soprattutto, del bene comune. Su questo basterebbe intenderci sul significato di politica che ci dovrebbe legare non al liberalismo della Scuola di Chicago – padre del colpo di Stato cileno del 1973 – ma a un progetto completo di riforma dello Stato e dell’economia italiane. Oltre all’accettazione dei diritti dell’uomo in funzione di una teologia politica che riconosca la centralità della persona, l’accettazione della legge dello Stato se coincide con il retto sentire e la libertà di tutti gli uomini. Il bene comune – come ci detta il codice di Camaldoli del 1943 – è il fine dello Stato, che non può sostituirsi ai singoli, al mito del Leviatano di Hobbes, ma che riguarda le condizioni esterne necessarie a tutti i cittadini per lo sviluppo delle loro qualità e del loro benessere.
Oggi c’è davvero bisogno di questa filosofia nel dibattito politico e culturale italiano e europeo, solo che mancano gli uomini all’altezza di farlo.
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