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Note sulla Mostra del Cinema 2022

Non sono un critico cinematografico ma un appassionato di cinema che da decenni segue questa rassegna di arte cinematografica e, qui sta la mia prima annotazione sull’edizione di quest’anno della quale, nonostante Vivaticket e la gestione della Biglietteria da parte della Biennale (che preferisco non qualificare), ho visto 63 film.


“Arte” sottolineavo, sì perché non è sufficiente che i film siano ben confezionati ed è difficile, con gli strumenti tecnici che ci sono oggi, che non ne esca un prodotto “vedibile” e a volte pure “godibile”, anche se in alcuni casi a qualcuno riesce.

L’arte è l’anima che un film riesce ad esprimere e, questa, dipende dal regista allo stesso modo dell’esecuzione di una sinfonia, che può essere tecnicamente perfettamente eseguita da un’orchestra, ma che senza l’interpretazione data dal Direttore, non può dire nulla.

Allora nei film va ricercata l’anima che riesce ad esprimersi e a narrare (non semplicemente raccontare) qualcosa. In questa edizione i principali temi emersi si imperniano attorno alle figure femminili, alle diversità/disabilità e alle marginalità. 

Molti i film ben confezionati ma nessuno che si sia staccato in maniera evidente dalla media e in grado di lasciare il segno e “gridare al Leone”. Come anche pochi i tentativi di trovare un linguaggio “nuovo” nell’uso di questa arte. Me ne viene in mente uno solo: “Bardo” di Alejandro Inarritu. Regista che si diverte nel fare cinema e fa divertire. Ma il suo è un film lungo con all’interno troppi temi che lo rende dispersivo, di difficile visione e comprensione. Ma alcune sequenze sono indimenticabili, sia quelle ironiche, sia quelle serie come altre di un lirismo unico.

 

Si capisce la difficoltà della giuria ad assegnare i premi dal fatto che il Leone d’oro sia andato a un documentario (bello, lungo che sarà dimenticato). Ma non si capisce perché la sua attenzione si sia concentrata su pochi film dimenticandone molti a mio avviso di pari valore. Certo un “valore” per lo più sta in quel “vedibile” e “godibile” di film da sabato di pioggia invernale; quindi certamente nessun “capolavoro assoluto” come un mio amico spesso dice. Qualcosa di interessante c’è stato come al solito più nelle sezioni collaterali a quella principale, per esempio in Orizzonti.

Passo a elencare in ordine sparso i titoli che, a mio avviso, vale la pena di essere visti.

Partendo da quelli nel concorso principale, certamente “Tar” che si basa e regge tutto sull’interpretazione della Coppa Volpi per la miglior attrice: Cate Blanchett non ha bisogno di presentazioni.

Sicuramente va visto “Argentina, 1985” un film storico sul processo ai militari ma che parla all’oggi, perché al suo centro sta il pool di giovani inesperti incaricati di raccogliere le prove: gli unici che potevano essere capaci di uscire dall’impasse istituzionale che impediva di muoversi in qualsiasi direzione. Avrebbe meritato qualche riconoscimento.

Altri due sono stati i film "storici", ma si fermano a questo aspetto senza graffiare il presente: “Ti mangio il cuore” e “Il Signore delle formiche”. Quest’ultimo sicuramente ben realizzato ma, a mio avviso, non va oltre il documentario e uno sceneggiato televisivo.

The Whale” (“La balena”) con una splendida interpretazione di un grande obeso alla fine della sua vita (film dunque su di una disabilità) che fa lezione on-line con la telecamera spenta per non farsi vedere. Riesce però a recuperare il rapporto con la figlia proprio alla fine. 

Les enfants des autres” (“I Figli degli altri”) narra della compagna di un uomo uscito da una precedente relazione nella quale ha avuto un figlio, al quale reciprocamente si affezionano. Viene però costretta a lasciare tutti e due quando i due coniugi si riavvicinano.

Sicuramente “The Banshees of Inisherin” è un film tutto tondo, non per nulla ha vinto due premi. Lo è anche “Dreamin’Wild” la storia di due fratelli in una fattoria che, dopo 3 decenni dal loro disco rock, vengono scoperti e proiettati alla ribalta.

Il film di Panhai “No Bears”, pur non il suo migliore, ma certamente mostra tutte le qualità dell’artista anche se rilegge molto dell’ultimo Abbas Kiarostami e, in particolare il suo “E il vento ci porterà via con sé”. Forse avrebbe meritato qualcosa di più del premio ricevuto.

Non mi ha invece convinto “Saint Omer” nonostante i due riconoscimenti avuti perché non “narra” bene scavando la vicenda, pur tentando di avvicinare il rapporto tra la realtà francese con una cultura tribale africana. Inoltre l’inizio e la fine mi sono sembrate due parentesi non bene integrate.

Bones an All” di Luca Guadagnino è una parodia del mondo contemporaneo nel quale la lotta sociale è spesso un prevaricare l’altro sopraffacendolo annullandolo: quasi cannibalizzandolo. Un film del tutto statunitense, si comprende solo così. Da stomaci forti.

Molto più gradevole il giapponese “Love Life” rimasto a bocca asciutta. È la storia di una donna che vive felicemente le sue seconde nozze con un figlio avuto con il precedente marito che l’ha lasciata sola. Un attimo di disattenzione e il bambino muore in un incidente domestico. Ricompare allora il primo marito sordomuto e in difficoltà. Un toccante ritratto di delicati rapporti tra i protagonisti che, su questi due eventi traumatici, sembrano infrangersi per poi trovare l’orizzonte di una possibile ricongiunzione e ricomposizione. A me è piaciuto molto.

Chiara”, sulla vita di S. Chiara è invece un film da dimenticare.

 

Nelle altre sezioni sicuramente bello il giapponese “Aru Otoko” (Un uomo), una intricata vicenda sul passato di un uomo che assume le identità di un altro. Il cinese “Stonewalling”cerca di rispondere alla domanda di cosa sia la vita; segue una complessa vicenda tutta da scoprire dal concepimento alla nascita e dall'uso che se può fare. Il tedesco “Eismaier” tratta il tema di un difficile rapporto omosessuale che nasce in caserma (tratto da una storia vera).

Certamente importanti “Spre Nord” (“Verso il nord”) sui migranti clandestini in cerca di una vita migliore nelle navi portacontainer e “Innocence” che porta sullo schermo il diario di un soldato israeliano che muore suicida. È una cruda condanna del militarismo culturalmente inculcato negli israeliani fin dalla scuola materna.

En los margenes” un thriller sociale nel quale saranno l’affetto e la solidarietà a fornire la chiave per una via d’uscita da tre situazioni di difficoltà, marginalità sociale, crisi familiari.

A noiva” (film portoghese) segue le vicende di una ventenne europea che si unisce ai combattenti Daesh, ora in attesa di processo con due bambini, il terzo in grembo e il compagno morto. È una storia ispirata a una vicenda vera trattata con molta partecipazione umana.


Vedremo quanti troveranno distribuzione e quando.

(BiGio)

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