Nessuno, a parte l'ultimo leader dell'Unione Sovietica, Michail Gorbaciov, morto all'età di 91 anni, poteva riportare in vita l'eterno dibattito sul ruolo dell'individuo nella storia. I grandi cambiamenti sono causati da impersonali fattori strutturali o dalle singole scelte di persone influenti?
L'atteggiamento di Putin è plasmato dagli errori attribuiti a Gorbaciov.
Per molti anni ho pensato che la fine dell'URSS fosse inevitabile. Eppure più leggo e rifletto sul tema, meno ciò mi sembra evidente. E così il ruolo di Gorbaciov diventa sempre più significativo per due eventi epocali: la fine della Guerra fredda e la dissoluzione dell'Unione Sovietica.
Ancora oggi gli storici dibattono animatamente sul crollo sovietico. Alcuni evidenziano i problemi strutturali a lungo termine dell'URSS: la mancanza di legittimità popolare del governo sovietico, il ribollire di tensioni etniche, fino all'incapacità cronica dell'economia di comando nel soddisfare la crescente domanda dei consumatori e di tenere il passo con la crescita dell'Occidente.
Allo stesso tempo, quando Gorbaciov salì al potere c'era ancora un sistema piuttosto solido che conteneva il dissenso e manteneva la parità militare con l'Occidente. Nel marzo 1985, quando il segretario generale salì al potere, nulla faceva pensare che il crollo dell'intero sistema fosse inevitabile da lì a sei anni.
Gorbaciov voleva riformare il sistema sovietico, non abbatterlo. Diede il via a riforme economiche investendo ingenti somme nell'industria pesante, insieme a una parziale liberalizzazione del piccolo commercio e a un contestato giro di vite sul consumo di alcol. Ma queste decisioni, a parte l'impopolare campagna contro gli alcolici, erano in fin dei conti mezze misure. Ciascuna ha contribuito a peggiorare la situazione.
L'intero articolo di Alexander Titov a questo link:
https://www.valigiablu.it/michail-gorbaciov-biografia/
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