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Due sottolineature sull'Evangelo del "giovane ricco"

 


I comandi etici del decalogo, in questo brano sono disposti secondo un ordine differente da quello presente nell’AT (Es 20; Dt 5) indicano un cammino che riguarda i rapporti con gli altri (l’insegnamento di Gesù radicalizza il comando di “non uccidere”: Mt 5,21-22), quindi con la sessualità (esistono relazioni erotizzate e altre no: “non commettere adulterio”), poi con le cose (“non rubare”), quindi con la verità e la sincerità (“non testimoniare il falso, non frodare”) e infine con i propri genitori. L’“onora tuo padre e tua madre” ha qui il significato di accordare il giusto peso e dire di sì alla propria origine, a quei genitori che ci hanno messo al mondo trasmettendoci doni e tare. In questo senso il suo essere alla fine degli altri comandi ricordati da Gesù è pienamente giustificato: si tratta dell’obbedienza basilare per vivere una vita armonica, per non vivere in reazione, per slanciarsi verso il futuro e non rimanere ostaggi del proprio passato. 

(Luciano Manicardi)

 

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Eppure le disposizioni personali positive c'erano tutte. Era corso incontro a Gesù, si era gettato in ginocchio: segno che riconosceva valore e importanza a quel Rabbi. Lo ha chiamato «Maestro buono», e solo Dio è fonte di bontà. Poi non si è messo a chiedere a Gesù premi e riconoscimenti, come facevano (e fanno) certi "bravi" credenti. Invece lo ha interrogato riguardo la via del suo impegno personale per aprirsi al dono («avere in eredità»), che è la «vita eterna»: cioè la stessa vita di Dio e quindi la comunione con Lui. Davvero non ci si poteva aspettare di più! Nei Vangeli non si trovano con facilità persone così onestamente aperte alla Grazia divina e capaci di entrare in relazione con Gesù.  
Allora Gesù lo rinvia al cuore della Legge, cioè ai precetti del Decalogo che invitano al rispetto del prossimo: della sua vita, del legame d'amore, delle sue cose, della verità delle relazioni, della cura per chi ti ha dato la vita. «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». La reazione positiva di Gesù, che lo guarda e lo ama, fa dedurre che questa affermazione del «tale» non fosse arrogante e pretenziosa: davvero si era impegnato lungo tutta la sua vita a mettere in pratica e a vivere la carità fraterna; e non si reputava, per questo, a posto con Dio, ma era sanamente inquieto nel chiedersi come spendere il resto della sua esistenza in prospettiva del dono della vita finale e definitiva. Tanto che Gesù accoglie positivamente e riconosce il suo impegno. Infatti gli risponde che, in effetti, ha fatto tutto, e «una sola cosa ti manca». Meglio di così!      
E allora, dove sta l’elemento che fa concludere questo incontro felice nel modo più triste: «Si fece scuro in volto e se ne andò rattristato»?! La causa è l’inderogabilità della condivisione dei beni (ai quali quell’uomo non sa rinunciare) nella sequela del Cristo: «Prendi quello che hai e dallo ai poveri… E vieni! Seguimi!». Il Signore Gesù non vuole che siamo tutti poveri, ma che non ci siano poveri: fra i credenti in Lui e nel mondo, attraverso la messa in comune di ciò che si è accumulato in più del ragionevole necessario.

(Alberto Vianello)

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