Il problema non è possedere ricchezze, ma l'esserne posseduti
Una ricchezza che non ci "possiede"? La compagnia di Gesù mentre lo seguiamo...
È un episodio famoso del Vangelo quello che viene proclamato questa domenica. Tutti i sinottici lo raccontano ma, in Marco, assume un significato particolare all’interno del cammino nel quale ci sta accompagnando verso la croce del Signore. L’incontro tra un giovane ricco e Gesù dà origine a un discorso rivolto a tutti su cosa comporti la sequela per giungere al Regno.
Un giovane mosso dal trovare un senso alla propria vita “corre” incontro a Gesù e lo interroga. Non ottiene una risposta diretta alla sua domanda, non gli viene risposto cosa deve fare, riceve invece l’invito a cercare ancora, più in profondità dentro sé stesso.
L’inizio del dialogo, pone subito una riflessione da fare perché, al saluto che gli è stato rivolto, Gesù risponde: “Perché mi chiami buono, nessuno è buono se non Dio solo”. Gesù non sta rifiutando di essere chiamato buono piuttosto sembra voler dire: “se tu mi chiami buono e se tu sai da buon israelita che nessuno è buono se non Dio, allora tu hai riconosciuto in me Dio, hai riconosciuto che io sono Dio”. Poi aggiunge: “tu conosci i Comandamenti” e chiude così: “se vuoi essere perfetto, tu che hai riconosciuto in me Dio e che conosci la parola dei Comandamenti, devi andare vendere quello che hai, darlo poveri e poi seguirmi”.
La Comunità dei discepoli del Signore è chiamata a stare nel mondo nella maniera nella quale c’è stato lui, riconoscendo che le persone, pur su percorsi e strade diverse dalla sua, si stanno incontrando ugualmente Dio. È chiamata ad aiutarli a diventare consapevoli di questo loro incontro, ad accorgersi che la loro storia, la loro fatica quotidiana, li sta portando a riconoscere il Signore nella loro vita. È chiamata a farlo emergere dalle parole che gli stessi uomini pronunciano raccontando la loro realtà, come è accaduto al giovane ricco nel confronto con Gesù.
La proposta che Gesù fa non riguarda tanto l'abbandono di ciò che quel giovane ricco possiede, quanto la sua sequela. Gesù dice: “una sola cosa ti manca” ed elenca cinque verbi che in un crescendo portano fino alla sequela: va - vendi - dai poveri - poi vieni - e seguimi.
Per fare questo però la Chiesa deve prima saper guardare il mondo nel modo nel quale lo guarda Dio: “e allora Gesù fissatolo lo amò”. Questa annotazione si trova solo in Marco e non è un accento sentimentale, sdolcinato ma ci dice che quando Dio guarda il mondo, non lo fa in modo distratto, superficiale, ma lo guarda “fissandolo”, lo guarda nel suo profondo.
La seconda lettura della liturgia di questa domenica ci dice che la parola di Dio penetra fino al punto di divisione, fino al cuore delle persone. Dio quando guarda questo mondo, lo fa fissandolo e per Dio questo significa amarlo fin nelle sue più nascoste fibre. Solo se la Chiesa saprà guardare alla storia e ai giorni che è chiamata a vivere con attenzione, fissandoli, non con arroganza, ma con amore e amandoli dal di dentro, allora sarà in grado di vedere che questa storia si sta incontrando con Dio e che c’è una parola per la sua realtà, come quel giovane lo erano i Comandamenti. Unendo questi due punti: la storia che si incontra con Dio e una parola che è donata alla chiesa e al mondo; è possibile un itinerario per ognuno diverso, ma per arrivare tutti a quell’ultimo quinto verbo: “seguimi”.
Di fronte allo sguardo triste di questo giovane Gesù dice: “quanto è difficile per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!”. Qui è necessario fare attenzione: Gesù non parla dei “ricchi” perché questi, secondo la Torah, sono benedetti da Dio. Infatti i discepoli si stupiscono, rimangono sconcertati: se non si salvano loro, chi si potrà salvare? Gesù allora aggiunge: “Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio” e non lo dice più per i ricchi o per chi possiede ricchezze, lo dice per tutti indistintamente. Tutti in qualche modo siamo ricchi ma il punto non sta qui. Gesù sembra dire: “Non è la ricchezza o la povertà che interessa, quello che importa è la sequela di questo Dio che tutti stanno incontrando per le strade più diverse nella storia” e, questo, è una cosa difficile, è quell’impossibile che spaventa i discepoli. Gesù “guardandoli in faccia”, cioè “fissandoli” dice: “Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio!”.
Potremmo anche rileggere in questo modo: “Impossibile presso gli uomini, ma tutto è possibile presso Dio”. Allora se gli uomini, credenti o meno, da quando il Signore è morto e risorto stanno oramai presso Dio, perché Dio sta definitivamente presso gli uomini, allora agli uomini diventa possibile seguirlo anche nell’uso corretto della ricchezza pur avendola, senza farsi possedere da questa. Quello che il Signore ci chiede è di diventare lui la nostra “ricchezza”, il nostro “tesoro”, la sua compagnia nella sua sequela.
La Comunità cristiana è chiamata a mostrare l’impossibile possibile che vive nonostante le sue inadempienze e, Pietro, prendendo la parola dice: “Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito”. Gesù quasi a confermare che quando ha detto non riguardava la ricchezza ma la sequela, risponde: “In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, 100 volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e i campi, insieme a persecuzioni e la vita eterna nel tempo che verrà”. La ricchezza e il suo possesso è ininfluente, non sta in questo l’essere o meno benedettida Dio, condizione che invece esiste nella sequela del Signore e che è possibile solo scegliendo di rimanere presso di lui.
La Chiesa è allora quella Comunità chiamata stare in questo mondo fissandolo, guardandolo, amandolo, come lo fissa, lo guarda, lo ama il suo Signore, aiutando le persone a riconoscere che si stanno incontrando con Dio anche quando non ne sono consapevoli, mostrando dentro di sé che questo inedito di Dio, un Dio che si fa riconoscere anche da chi non lo conosce, è possibile concretamente e ci arricchisce. Certo, non ci toglie il dolore, ma ci permette anche da dentro la fatica del vivere, di annunciare questo sguardo e questo amore misericordioso che Dio ci ha donato fino alla croce ed alla risurrezione.
È questo l’annuncio che Marco ci sta facendo. Anche il testo di oggi non ci distrae, ma ci aiuta a capire il senso dell’Incarnazione, per comprendere poi senza tradirla la parola straordinaria della croce e giungere con il Signore alla risurrezione.
(BiGio)
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