Gesù ci propone di alzare lo sguardo dalla nostra realtà a quella che è la volontà creatrice di Dio. Il punto della risposta non è un divieto alla separazione, ma il riconoscimento della pari dignità dell’uomo e della donna che insieme e soltanto insieme sono immagine di Dio.
L’Evangelo di oggi, a prima vista, pare interrompere il filo logico del percorso che Marco ci sta facendo fare seguendo Gesù, che sta andando verso Gerusalemme, verso la sua croce, inserendo una diatriba con i farisei sul divorzio e sulla legge che potrebbe distogliere la nostra attenzione dal seguire la Comunità dei discepoli che segue il Signore.
Se però si fa attenzione, si vede che Marco non ci sta distraendo da quanto ci annunciava le domeniche scorse ma, a partire da un caso concreto, riafferma quello che è venuto insegnandoci e continua a farci puntare lo sguardo sulla croce e su ciò che ci sta prima: la fedeltà di Dio gli uomini del suo tempo e di ogni tempo.
“Avvicinatesi dei farisei, per metterlo alla prova, domandarono a Gesù”. C’è consueto oramai il fatto che la garanzia di seguire il Signore viene proprio dal fatto dalla capacità di porgli domande, di lasciarsi interrogare da lui, fino a riconoscergli il diritto di porre la domanda fondamentale: “chi dite che io sia”.
Qui però Gesù viene interrogato non per porgli delle domande ma per metterlo alla prova, anzi sembra che i farisei in qualche modo sappiano già ciò che Gesù pensa su questo argomento. A loro è già nota la legge ed ancora di più è già noto il pensiero di Gesù. Di fronte a questa conoscenza data per scontata, le domande non possono che essere tendenziose e lo rivelano anche i loro contenuti.
Il problema innanzitutto è visto soltanto dalla parte del marito. La domanda che rivolgono a Gesù è precisa: “Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio di rimandarla” e, quindi, è lecito a un marito ripudiare la propria moglie mentre, questo passo della Legge (Dt 24,1-4) era teso a difendere la donna che altrimenti avrebbe, potuto subire gravi conseguenze (se era un caso di adulterio, sarebbe stata lapidata).
Anche noi possiamo accostarci a Gesù dando per scontato ciò che lui ha da dirci e, quindi, solo per tentarlo, impossessandoci delle parole della Legge rendendole a nostro uso e consumo.
Gesù denuncia questa ambiguità dei suoi interlocutori e la chiama durezza di cuore riportando la questione “all’inizio” o, meglio, al suo “principio” dicendo: “dapprincipio non era così” come è la traduzione esatta del testo in greco.
“All’inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina; ma per questo l’uomo lascerà suo padre sua madre e i due saranno una carne sola. L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto”. Di solito questa frase viene interpretata ed adoperata quasi che Gesù interessasse dire che per Dio non è lecita la separazione tra l’uomo e la donna. Ma non è questo il punto del discorso che Gesù sta facendo. Il Signore sembra anzi dire: “voi avete fatto della questione della separazione fra l’uomo e la donna un solo privilegio del maschio. Invece, in principio Dio creò l’uomo maschio e femmina e quindi non è lecito separare l’uomo dalla donna nel porre il problema del loro amore o della loro separazione”. Allora non è soltanto un divieto alla separazione la risposta di Gesù, ma il riconoscimento della pari dignità dell’uomo e della donna che insieme e soltanto insieme sono immagine di Dio.
Come si colloca questo con il discorso che Marco è venuto facendo con noi fino ad ora? Domenica scorsa il nome di Gesù, il nome di colui che è abbassato fino a noi, fino a morire in croce, era invocato per riconoscere chi è dei nostri e chi no lo è, per distinguere chi sta fuori chi sta dentro della comunità che lo segue. Bisogna invece capire che, quel nome, è stato ottenuto abbassandosi a stare con tutti, persino con gli ultimi; quindi, non è lecito usarlo per distinguere, per separare. Non è lecito porre confini nel nome di Gesù perché Dio sta con tutti, in ogni realtà ed arriva fino all’intimità del rapporto fra l’uomo e una donna. Se questo è il “progetto” di Dio, non è lecito porsi di fronte all’amore tra l’uomo e la donna facendole una questione soltanto del maschio o soltanto della femmina. Tanto è vero che poi Gesù, riprendendo il discorso qui suoi discepoli a casa, non dice soltanto: “l’uomo che ripudia la propria moglie ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei – ma, senza alcuna interruzione, continua affermando - se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro commette adulterio”.
Dio è venuto al mondo per stare con tutti e così di fronte a Dio non c’è qualcuno di superiore a qualcun altro, tanto meno l’uomo superiore alla donna, ma di fronte a Dio sta il suo progetto che, “dapprincipio”, è presente all’inizio della creazione nella quale Dio si è mostrato e si va a vedere a noi, soltanto nell’unità fra l’uomo e la donna.
Infine, se si capisce questo, se si capisce che Dio sta con noi fino a morire sulla croce e che questo fatto è radicale fino a toccare le vicende più intime della nostra storia non consentendo a nessuno di sentirsi superiore all’altro o di stabilire confini nel nome di Gesù, allora il regno di Dio in mezzo a noi è un regno che va accolto con i bambini.
Anche per noi allora la strada è quella dell’incarnazione. Gesù ci propone di passare dalla durezza del cuore, dalla sclerocardiaca alla ricreazione, alla nuova creazione. Ci propone cioè di passare dalla nostra storia che ha avuto un inizio al principio, a quella che è la volontà creatrice di Dio. Di ritornare dalla nostra storia, che può essere segnata dalla durezza del cuore, dall’incomprensione, dalle domande fatte per tentare il nostro Dio, alla nuova creazione, riscoprendo nella nostra storia il disegno e la volontà del Signore. Tornare cioè, se così si può dire, dall’inizio al principio e per fare questo, come ci dice il testo del Vangelo di Marco, basta entrare nella vita e così entrare nel Regno. Il linguaggio più evidente per dire questo è il linguaggio dell’amore in tutti i suoi aspetti anche in quello coniugale tra un uomo e una donna; anche nell’aspetto e nell’accoglienza dei più piccoli. Allora il testo di oggi non ci distrae dall’unico itinerario che Marco ci sta facendo fare, ma lo ribadisce a partire dal linguaggio più evidente che anche l’uomo d’oggi può comprendere: il linguaggio dell’amore e della misericordia.
(BiGio)
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