In realtà, oggi il Vangelo ci dice che abbiamo una sola cosa da fare: tornare alla freschezza delle origini, dove l'altro non era un problema, ma un aiuto
Quando una persona inizia a dover lottare con il tempo che passa e con gli anni che si accumulano sulle sue spalle, la fatica di vivere lo porta ad assumere dei comportamenti che mai e poi mai, in giovane età, si sarebbe immaginato di assumere, soprattutto a riguardo della conoscenza, dell'uso della ragione e della memoria. Oggi, a questi comportamenti, la scienza assegna dei nomi che, nonostante siano di origine anglosassone, ormai abbiamo imparato a pronunciare con scioltezza, classificandoli come un "morbo"; mentre fino a qualche anno fa eravamo meno scientifici, e a un anziano che cominciava a dare i primi segni di decadimento a livello cognitivo, dicevamo semplicemente che era "sclerotico". In realtà, il termine "sclerosi" non è poi così sbagliato, benché molto generico: infatti, è una parola greca che significa "indurimento", e viene assegnato a molti tipi di malattie spesso drammatiche, sia per chi le vive sia per chi è chiamato ad accompagnare con pazienza, attenzione e rassegnazione le persone che ne soffrono.
Usciamo però, ora, dall'ambito medico-biologico e andiamo a prendere in considerazione un tipo di sclerosi che riguarda ancora una parte del corpo, ma non nel senso in cui la possiamo intendere noi, ed è la sclerosi del cuore, quella che nel Vangelo che Marco ci propone oggi, è chiamata "sclerocardìa" o "durezza del cuore". È un termine che torna più volte nei Vangeli, e che di solito Gesù riferisce alla chiusura mentale e agli atteggiamenti intransigenti delle autorità religiose del suo tempo. Proprio come nella malattia la chiusura e l'indurimento delle arterie impediscono al sangue di fluire regolarmente verso gli organi vitali, così nella "durezza di cuore" ciò che non fluisce più in maniera regolare provocando la morte interiore, la morte dell'anima è proprio la ricchezza e la freschezza vitale della Parola di Dio. Quando non c'è più riferimento alla Parola di Dio, e preferiamo riferirci a leggi, norme, precetti e comportamenti puramente umani, la nostra vita di credenti perde la sua linfa vitale, si atrofizza e muore.
E quanto espresso dal vangelo di oggi, si comprende ancor meglio se teniamo conto del vero e profondo significato del termine "cuore" nella mentalità ebraica. Per noi il cuore, oltre che a essere un organo vitale, è la sede dei sentimenti, soprattutto dell'amore e di tutti gli altri sentimenti a esso correlati: la compassione, la gentilezza, la tenerezza, la misericordia, la cordialità, la simpatia, l'amicizia, l'affetto, la bontà, e chi più ne ha più ne metta. Questi sentimenti, nella cultura ebraica, erano più cose "di pancia", di ventre, ossia si riteneva fossero qualcosa che risiedeva nelle viscere: non a caso, erano sentimenti molto più femminili che maschili, perché solo chi sapeva cosa significasse generare vita nelle proprie viscere, poteva comprendere il significato profondo di questi sentimenti legati all'amore.
Il cuore, per la cultura ebraica, era sede di tutt'altro: era il luogo in cui albergava la ragione, la comprensione, le scelte razionali della vita, i progetti che una persona aveva in mente per sé e per i propri cari, soprattutto se illuminati dalla forza e dalla luce della Parola di Dio. Per questo, nell'Antico Testamento, la durezza di cuore era quasi esclusivamente riferita ai momenti in cui il popolo d'Israele si rifiutava di ascoltare la voce di Dio: questo rifiuto impediva alla linfa vitale della Parola di Dio di entrare nel cuore dell'uomo e di renderlo vivo e pulsante perché, appunto, "sclerotico", "indurito". La durezza di cuore dei credenti in Israele impediva loro di comprendere in profondità il disegno di Dio sulla storia: un disegno che rimanda alla Creazione, al momento cioè in cui Dio diede inizio al mondo basando tutto sulla forza della sua Parola creatrice e sulla fiducia posta nell'uomo, dal momento in cui lo mise a custodia di tutto il Creato.
(…)
Oggi la durezza del cuore ha molte facce, e il Vangelo di oggi ce ne "pennella" alcune, legate soprattutto - ma non solo - alla vita di famiglia, di coppia, e alle relazioni in generale.
Abbiamo la sclerosi nel cuore:
· - ogni volta che, pur dicendo di amarlo, impediamo all'altro di essere se stesso, neghiamo la sua libertà, non gli diamo fiducia;
· - quando manchiamo di rispetto all'altro, quando lo consideriamo un oggetto di nostra proprietà da utilizzare a nostro piacimento;
· - quando abbiamo paura di abbandonare "il padre e la madre", ovvero la sicurezza del nido in cui siamo stati covati, per volare nel cielo della vita con chi è per noi più di un padre e di una madre, perché è "mia carne", cioè me stesso;
· - quando pensiamo di poter fare a meno dell'altro senza tenerne conto nelle nostre scelte di vita, quelle grandi come quelle quotidiane;
· - ogni volta che ci danno fastidio i più piccoli, i bambini, gli anziani, le persone malate, le persone diversamente abili, le persone sole, i poveri e tutti coloro che pensiamo ci facciano perdere del tempo, come se avessimo tutto noi da fare.
I In realtà, oggi il Vangelo ci dice che abbiamo una sola cosa da fare: tornare alla freschezza delle origini, dove l'altro non era un problema, ma un aiuto, perché in tutto simile a noi. Forse questo ci aiuterebbe a essere meno sclerotici, in tutti i sensi.
(Alberto Brignoli)
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