in “La Croix” del 7 ottobre 2021
Reagendo pubblicamente dopo la pubblicazione della Ciase mercoledì durante l’udienza generale, papa Francesco ha espresso la sua “tristezza” e il suo “dolore” per i traumi vissuti dalle vittime. “È il momento della vergogna”, ha dichiarato: “La mia vergogna, la nostra vergogna per la troppo lunga incapacità della Chiesa di mettere le vittime al centro delle sue preoccupazioni”. Un’espressione forte usata già martedì dal presidente della Conferenza episcopale francese, Mons. Eric de Moulins-Beaufort, e ripresa da altri responsabili, per esprimere il loro sgomento e sconvolgimento interiore di fronte alla scoperta dell’ampiezza degli abusi sessuali nella Chiesa.
Di solito, la vergogna si nasconde. È un sentimento che spinge a voler scomparire, a sottrarsi allo sguardo altrui per paura di essere giudicati. Ma è ancora un atteggiamento narcisistico, “autoriferito” per dirla come papa Francesco. Manifestare pubblicamente la propria vergogna, con parole, ma anche con silenzi o atteggiamenti, è accettare di non essere più al centro. È mettere le vittime al primo posto nelle nostre preoccupazioni, essere solidali con queste persone che, in un doloroso e perverso rovesciamento hanno spesso e a lungo vissuto con vergogna quello che avevano subito.
Esprimere la propria vergogna è anche volerne uscire e lasciar intravedere che si è pronti a interrogarsi sulla propria parte di responsabilità. È “la mia vergogna, la nostra vergogna”, ha detto Francesco, invitando in questo modo tutti i fedeli ad assumere la dimensione collettiva di questa responsabilità perché la giustizia a favore delle vittime sia restaurata. Fino al giorno in cui ci sarà di nuovo possibile guardarle negli occhi e sostenere il loro sguardo. Senza ombra né vergogna sul volto.
*********
Nessun commento:
Posta un commento