Alcuni passaggi dell’intervento di André Fossion s.j. nell’incontro “Catechesi e catechisti per la nuova evangelizzazione” svoltosi in Vaticano il 16,17 e 18 settembre 2021 (testo integrale in francese al sito: https://baptises.fr/sites/default/files/document/fossion_16_sept.pdf )
Annunciare il Vangelo non perché il mondo sia salvato, ma perché è salvato
Ma se c’è salvezza al di fuori della fede in Cristo, senza appartenenza alla Chiesa, perché annunciare ancora il Vangelo? In risposta, si può dire ai cristiani chiaramente: se annunciamo il Vangelo, non è perché il mondo sia salvato, ma perché è salvato. Questo cambia tutto; cambia lo spirito, il tono e il ruolo dell’annuncio. Se la salvezza in Gesù Cristo è già data, allora l’annuncio avviene in uno spazio di gratuità, senza imposizione né obbligo di risultato. L’annuncio non è necessario per la salvezza. “Chi sono io per impedire a Dio di agire?” (Atti 11,17). Questa non- necessità dell’annuncio, paradossalmente, lo rende più facile e desiderabile. Infatti, se l’annuncio non è necessario per la salvezza, esso appare tuttavia radicalmente benefico per chi lo ascolta e infinitamente prezioso per ciò che esso permette di riconoscere, di vivere e di celebrare. Non necessario per la salvezza, benefico e prezioso: così si possono qualificare l’annuncio evangelico e la stessa fede cristiana. È la perla, il tesoro nascosto in un campo di cui parla il vangelo, a cui ci si aggrappa indefettibilmente quando lo si è trovato.
È quindi per onorare il diritto dell’altro di ascoltarlo e per carità che si annuncia il Vangelo. È la carità, infatti, che ci spinge a evangelizzare, per la gioia e per la comunione nuova che la fede nella Buona Notizia apre tra noi, con il Padre e suo Figlio Gesù Cristo.
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Raggiungere gli areopagi moderni, osare accettare l’ospitalità dagli altri e mietere
Una catechesi che insiste sul primato della grazia e sull’universalità della salvezza invita a osare di mettersi in cammino sulle strade del mondo incontro all’altro e a camminare insieme. C’è in questo un chiaro rovesciamento di prospettiva rispetto al discorso abituale che invita i cristiani a mostrarsi accoglienti. Qui si tratta di osare di accettare l’accoglienza nel luogo dell’altro. Si potrebbe qui far riferimento all’esempio di Gesù che non aveva dove posare il capo; era quindi costantemente dipendente dall’accoglienza che gli era concessa nel cammino da parte di altri. E Gesù inviava anche i suoi discepoli in missione nelle città e nei paesi, affidandoli, allo stesso modo, all’ospitalità di altri. (...)
La posta in gioco è coinvolgere le comunità cristiane nel generare nuove tendenze culturali. Date le tensioni socio-politiche del mondo attuale, le crisi sanitarie, la crisi ecologica, la sfida climatica, ecc. ci si può aspettare una prossima effervescenza a tutti i livelli. I cristiani resteranno a guardare, estranei alla generazione di questo mondo nuovo? Papa Francesco li incoraggia fortemente ad allearsi e a collaborare con tutti i cercatori e le cercatrici di umanità: “Vi raccomando in modo particolare, dice il papa, la capacità di dialogo e di incontro. Dialogare, significa cercare il bene comune per tutti” (dal discorso al V Congresso della Chiesa italiana, Firenze 2015). E il papa aggiunge che il modo migliore di dialogare “è fare qualche cosa insieme, costruire insieme, fare progetti; non da soli, tra cattolici, ma con tutti coloro che hanno buona volontà” (Ibidem).
(...) Il cristiano potrà trarre dal dialogo con il suo interlocutore delle lezioni di vita, delle prospettive antropologiche, etiche e culturali che potranno arricchire la sua fede, obbligarlo ad interrogarsi e aprirgli degli orizzonti fino a quel momento insospettati. In questo caso, è il mondo che dà forza e pertinenza al Vangelo in una maniera che può sorprenderci. Infatti, l’evangelizzazione, agli snodi dell’esistenza qui evocati, avviene in due direzioni. Noi siamo sempre evangelizzati da coloro che evangelizziamo. La missione, da questo punto di vista, non si separa dalla mietitura: vivere la missione è sempre anche mietere, è sempre scoprire una messe già presente. “Vi precede in Galilea, è là che lo vedrete” (Mt 28,7). Scrive papa Francesco in Evangelii Gaudium: “Noi crediamo al Vangelo, che dice che il Regno di Dio è già presente nel mondo (...) e che si sta sviluppando (...) come il piccolo seme che può arrivare a trasformarsi in una grande pianta (...) e ci può sempre sorprendere in modo gradito (...) perché la resurrezione del Signore ha già penetrato la trama nascosta della storia” (EG 278). Le terre di missione come l’Europa sono anche terre di mietitura, terre dove c’è già da raccogliere abbondantemente i frutti del Regno.
Spingere la Chiesa a intraprendere riforme coraggiose, nella governance, nella diaconia, nella liturgia. [...]
La liturgia, luogo di celebrazione per i cristiani, è anche, per il mondo, una porta aperta sulla Chiesa e uno spazio possibile di evangelizzazione. Oggi, però, in Europa, la liturgia domenicale non è affatto vissuta come desiderabile; è poco frequentata e per lo più trascurata dalle giovani generazioni, anche dai giovani catechizzati. Le assemblee domenicali, in generale, sono costituite da persone anziane, e non hanno prospettive di cambiamento. Vengono sopportate e vissute come una fatalità. Eppure nella società odierna la ritualità è molto viva e i giovani hanno il senso del rito e della festa. Hanno la capacità di celebrare ciò che costituisce la loro vita e ciò che sta loro a cuore. Non bisognerebbe, allora, che le conferenze episcopali incoraggiassero ricerche sulla ritualità umana nelle sue diverse forme, in particolare quelle odierne, e aprissero sperimentazioni liturgiche con i giovani, conferendo loro reali spazi e responsabilità per esplorare nuove espressioni rituali sacramentali e non sacramentali, vicine alla vita e alle diverse circostanze? Il periodo del lockdown a causa del Covid-19 ha permesso al popolo cristiano di essere creativo a questo riguardo. Ci sono infatti molteplici modi, da inventare, per celebrare il Vangelo, che possono essere altrettanti percorsi verso la celebrazione eucaristica. Notiamo anche che, in molti ambienti catechistici, si esprime il desiderio di vedere la Chiesa aprirsi a nuovi modi di accesso e di formazione al presbiterato. Vi si invita anche la Chiesa ad essere vigilante sulla formazione dei nuovi preti, affinché essi siano in ascolto del mondo e del popolo cristiano, senza scadere in un ritualismo sacralizzante.
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