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Nel giorno dell'apertura del Concilio Vaticano II si fa memoria di S. Giovanni XXIII

 

La Comunità di Bose lo ricorda con l'Evangelo di S. Giovanni 21,15-22 nel quale Gesù chiede a Pietro per tre volte se lo ama. Di seguito il commento di Guido Dotti, fratello in quella Comunità.

Viene spontaneo pensare che questo brano evangelico riguardi essenzialmente solo chi ha un ministero pastorale all’interno della chiesa e che, di conseguenza, chi pastore non è ne sia toccato solo indirettamente. In realtà il vangelo odierno parla di amore e di sequela e, quindi, si rivolge a ogni discepolo del Signore, a ciascuno di noi. Parla di amore e di sequela ponendo accanto a Gesù Pietro e il discepolo amato, la roccia chiamata a riconfermare i fratelli e quel discepolo che ciascuno di noi è chiamato a divenire. Pietro è invitato a riaffermare il suo amore per Gesù – un amore con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze – e a rinnovare la sua sequela, quella sequela iniziata sulle rive del lago, ripresa dopo lo scandalo dell’annuncio della passione, e qui risanata dopo la triplice ferita del rinnegamento. Testimone e compagno di questo cammino di amore e di sequela è il discepolo amato, colui che è chiamato a sua volta a “rimanere”, a dimorare nell’amore e nella sequela.

Papa Giovanni XXIII – di cui oggi facciamo memoria, nell’anniversario dell’apertura del concilio Vaticano II da lui voluto – ha dato corpo a questo vangelo di amore e di sequela, lui che per ministero era Pietro e per nome assunto era il discepolo amato. Lui che in un certo senso ha capovolto la profezia indirizzata da Gesù a Pietro: giovane, è sempre andato dove gli altri lo mandavano. Fianchi cinti, bastone in mano, calzari ai piedi, Angelo Giuseppe Roncalli andava in “obbedienza e pace” (questo il suo motto episcopale) dove altri lo mandava, sempre annunciando il vangelo dell’amore e chiedendo sequela all’amore. Divenuto vecchio nell’obbedienza, ha condotto la chiesa là dove il Signore voleva che andasse, anche se alcuni – forse molti – non volevano seguirlo. Solo in giorni recenti vi è chi ha voluto di nuovo condurlo là dove egli non avrebbe voluto andare: patrono disarmato di uomini in armi, proprio lui che aveva annunciato e costruito una “pacem in terris” rivolta a tutte le persone di buona volontà e non a una singola nazione tra le altre.

Quel semplice prete bergamasco – “nato povero, ma da onorata ed umile gente”, “particolarmente lieto di morire povero” – ha saputo conquistare i cuori e ottenere sequela perché il suo cuore era stato conquistato e tutta la sua vita era divenuta sequela: “Signore, tu sai tutto, tu sai che ti amo!”. Questa confessione di fede e di amore Angelo Roncalli non ha atteso di divenire papa per professarla; se mai, il suo ministero petrino l’ha dilatata, effusa su ogni essere umano: “Sappiate che Dio vi ama, e un piccolo segno di questo amore è che anch’io vi amo!”. Sequela e amore, obbedienza e pace sono stati il magistero di quell’uomo mandato da Dio il cui nome era Giovanni, ma era anche Giuseppe “vostro fratello”, quel fratello che i lontani non sapevano più di avere. Sequela e amore fino alla fine, perché così ha chiesto il Signore: “Tu seguimi!”, il discepolo amato rimane. Se tu mi segui, l’amore rimane fino al mio ritorno; se tu mi segui, la sequela finirà con il mio ritorno, l’amore no, perché l’amore non avrà mai fine.

fratel Guido


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