Viene spontaneo pensare che questo brano evangelico riguardi essenzialmente solo chi ha un ministero pastorale all’interno della chiesa e che, di conseguenza, chi pastore non è ne sia toccato solo indirettamente. In realtà il vangelo odierno parla di amore e di sequela e, quindi, si rivolge a ogni discepolo del Signore, a ciascuno di noi. Parla di amore e di sequela ponendo accanto a Gesù Pietro e il discepolo amato, la roccia chiamata a riconfermare i fratelli e quel discepolo che ciascuno di noi è chiamato a divenire. Pietro è invitato a riaffermare il suo amore per Gesù – un amore con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze – e a rinnovare la sua sequela, quella sequela iniziata sulle rive del lago, ripresa dopo lo scandalo dell’annuncio della passione, e qui risanata dopo la triplice ferita del rinnegamento. Testimone e compagno di questo cammino di amore e di sequela è il discepolo amato, colui che è chiamato a sua volta a “rimanere”, a dimorare nell’amore e nella sequela.
Papa Giovanni XXIII – di cui oggi facciamo memoria, nell’anniversario dell’apertura del concilio Vaticano II da lui voluto – ha dato corpo a questo vangelo di amore e di sequela, lui che per ministero era Pietro e per nome assunto era il discepolo amato. Lui che in un certo senso ha capovolto la profezia indirizzata da Gesù a Pietro: giovane, è sempre andato dove gli altri lo mandavano. Fianchi cinti, bastone in mano, calzari ai piedi, Angelo Giuseppe Roncalli andava in “obbedienza e pace” (questo il suo motto episcopale) dove altri lo mandava, sempre annunciando il vangelo dell’amore e chiedendo sequela all’amore. Divenuto vecchio nell’obbedienza, ha condotto la chiesa là dove il Signore voleva che andasse, anche se alcuni – forse molti – non volevano seguirlo. Solo in giorni recenti vi è chi ha voluto di nuovo condurlo là dove egli non avrebbe voluto andare: patrono disarmato di uomini in armi, proprio lui che aveva annunciato e costruito una “pacem in terris” rivolta a tutte le persone di buona volontà e non a una singola nazione tra le altre.
Quel semplice prete bergamasco – “nato povero, ma da onorata ed umile gente”, “particolarmente lieto di morire povero” – ha saputo conquistare i cuori e ottenere sequela perché il suo cuore era stato conquistato e tutta la sua vita era divenuta sequela: “Signore, tu sai tutto, tu sai che ti amo!”. Questa confessione di fede e di amore Angelo Roncalli non ha atteso di divenire papa per professarla; se mai, il suo ministero petrino l’ha dilatata, effusa su ogni essere umano: “Sappiate che Dio vi ama, e un piccolo segno di questo amore è che anch’io vi amo!”. Sequela e amore, obbedienza e pace sono stati il magistero di quell’uomo mandato da Dio il cui nome era Giovanni, ma era anche Giuseppe “vostro fratello”, quel fratello che i lontani non sapevano più di avere. Sequela e amore fino alla fine, perché così ha chiesto il Signore: “Tu seguimi!”, il discepolo amato rimane. Se tu mi segui, l’amore rimane fino al mio ritorno; se tu mi segui, la sequela finirà con il mio ritorno, l’amore no, perché l’amore non avrà mai fine.
fratel Guido
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