Questa piccola "Rassegna Stampa" fatta di indicazioni di articoli (con relativo link) su temi che si ritengono interessanti per le attenzioni spesso sollecitate nella nostra Comunità, o per situazioni importanti ma non molto presenti nei media.
Un breve sommarietto ne anticipano il contenuto così si può scegliere quello che eventualmente interessa. In ogni caso anche solo la titolazione e il sommarietto offrono una informazione.
Questa edizione è divisa in blocchi ordinati:
* - l'omelia del Patriarca di Venezia all'apertura del Sinodo Diocesano
· * - 1 articolo sull’importanza dell’ascoltare per la missionarietà
· * - una notizia curiosa sul Papa
· * - 8 articoli su Situazioni Internazionali e Sociali
(2 sulle migrazioni in atto – la Libia a 10 anni dalla morte di Gheddafi verso le elezioni – Una proposta “Finché morte non ci separi” – Instagram: pericoloso per gli adolescenti? – Storia, rischi e temi legati al lavoro a distanza – il razzismo nel calcio: la differenza sta nelle risposte)
«Ascoltare, prima di tutto: così portiamo la voce della Chiesa nel mondo»
di Carlo Marroni in Il Sole 24 Ore del 17 ottobre 2021
Paolo Ruffini. Giornalista di lungo corso, nel 2018 riceve una chiamata da Papa Francesco Che lo nomina, unico laico nella storia del papato, ministro vaticano per la Comunicazione «L'idea è quella di una missionarietà non coloniale. E per questo l'ascolto deve venire prima di tutto. Ascolto e incontro con chi ti vuole sentire o ti legge: questo per me ha un valore fondante, non solo per noi del Vaticano, ma per tutto il mondo dell'informazione»
di Domenico Agasso in La Stampa del 22 ottobre 2021
«Uno, due, tre, quattro. Si sente bene o non si sente?». Inizia con la prova microfono di un rilassato e incuriosito papa Francesco Stories of a Generation, la nuova docu-serie Netflix in quattro episodi ispirata a 'Sharing the Wisdom of Time' (La Saggezza del tempo), il pluripremiato libro scritto dal Pontefice a cura di padre Antonio Spadaro.
Le gabbie della nostra vergogna
di Luigi Manconi in La Stampa del 21 ottobre 2021
I Cpr rappresentano la realizzazione di un incubo esistenziale e architettonico, che può definirsi attraverso la categoria di "gabbietà". Un vertiginoso labirinto, un ossessivo rincorrersi di sbarre e cemento, «una matrioska di disperazione». Si studino e si realizzino istituti più intelligenti e razionali. E si cancellino questi ferrivecchi tanto inutili quanto disumani.
Ue e Mediterraneo centrale: la migrazione invisibile?
Matteo Villa in ISPI 21 ottobre 2021
Oltre 30mila persone che da luglio hanno attraversato o tentato di attraversare i confini della Bielorussia per raggiungere Lituania, Lettonia o Polonia. Le migrazioni irregolari via mare verso l’Ue sono in netto aumento, dal minimo di 94mila l’anno toccato nel 2020 ai 121mila degli ultimi dodici mesi (+29%). In particolare, mentre sono ulteriormente crollati i flussi verso la Grecia, sono in netto aumento quelli verso l’Italia ma nessuna “invasione”. Sbarchi vicini alle 60mila unità l’anno sono circa il triplo rispetto a quanto sarebbe stato “normale” attendersi in Italia nel primo decennio di questo secolo.
https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/ue-e-mediterraneo-centrale-la-migrazione-invisibile-32041
La Libia a 10 anni dalla morte di Gheddafi
Federica Saini Fasanotti in Ispi 19 ottobre 2021
Il 20 ottobre 2011, esattamente dieci anni fa e dopo otto mesi di guerra civile, il leader della Libia Muammar Gheddafi veniva catturato nell’entroterra di Sirte, brutalmente torturato e poi ucciso.
Oggi la Libia È un paese stanco, sfinito dei continui scontri e con poco entusiasmo. Molti sono i dubbi sulle future elezioni, soprattutto perché non esiste un apparato statale di sicurezza che possa assicurare una morbida accettazione dei risultati elettorali. Sono in molti, infatti, a temere eccitazione alla chiusura di 16, qualora le lezioni si riescono a tenere. La Libia ha bisogno di tempo ma nelle Nazioni Unite nei leader occidentali sembrano averlo capito.
Il Parlamento ha varato una legge elettorale per le elezioni presidenziali previste il 24 dicembre prossimo a cui seguirà, 30 giorni dopo, l’elezione del nuovo Parlamento
https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/la-libia-10-anni-dopo-la-fine-di-gheddafi-32057
“Finché violenza non ci separi”, la grottesca proposta della destra umbra per contrastare la violenza contro le donne
S’intitola “Finché violenza non ci separi”, la grottesca proposta per contrastare la violenza contro le donne presentata da due consiglieri comunali del centro-destra, il 5 ottobre scorso a Perugia. La loro idea è che sia necessario creare un percorso “all’interno del quale fornire utili indizi a entrambi i soggetti, dando conto di elementi e indicatori che caratterizzano i cosiddetti rapporti sbilanciati o malati”. Il testo propone corsi prematrimoniali e pre-convivenza per prevenire la violenza di genere, ma anche vacanze per le coppie in crisi, gadget, benefit. Si parla di lavorare sulla formazione imponendo “una seria riflessione sulla motivazione che inizialmente affascina anche alcune delle potenziali future vittime”, spostando ancora una volta l’attenzione sulle vittime, come se le donne scegliessero la violenza, e non la subissero. Inoltre, invece di prevedere un potenziamento dei centri anti-violenza (CAV), si insiste anche sulla possibilità di riservare degli alloggi a uno dei partner della coppia in crisi. Maurita Lombardi, avvocata e legale dell’associazione Liberamente Donna afferma: «Questa proposta è culturalmente inaccettabile e dal punto di vista legislativo non sta in piedi». La proposta è stata contestata dall’opposizione e dalle associazioni femministe del territorio. L’11 ottobre il consigliere di maggioranza Massimo Pici, tra i promotori della proposta, ha chiesto di rimandare l’atto in commissione perché si è accorto che il testo discusso il 5 ottobre non era definitivo e necessitava di alcuni emendamenti.
Ma davvero Instagram è un pericolo per la salute mentale delle adolescenti?
Da metà settembre, a poche settimane dalla giornata mondiale dedicata alla sensibilizzazione sulla salute mentale celebrata il 10 ottobre, i media di tutto il mondo hanno pensato di occuparsene. Questa volta lo spunto è stato offerto da Facebook, attraverso un rapporto interno arrivato con un clamore ingiustificato sulle pagine del Wall Street Journal e la denuncia di una whistleblower – Frances Haugen – che hanno rivelato, in termini generali, il prevalere nell’azienda degli interessi privati al di sopra di quelli pubblici e i rischi per gli utenti. Il rapporto interno e la ex dipendente di Facebook Haugen hanno denunciato i rischi per la salute mentale a cui sono esposte prevalentemente le adolescenti su Instagram. Tuttavia la rivelazione del Wall Street Journal è problematica in sé, perché fa affidamento su una presentazione che estrapola dati di dubbia validità scientifica, dal momento che si basano su misure autoriferite del tempo trascorso online e del proprio stato psicologico. Allo stato attuale, dunque, non è affatto dimostrato l’impatto negativo dei social media sulla salute mentale. Non possiamo continuare a citare le nuove tecnologie come scatenanti i disturbi mentali a meno di non voler intenzionalmente perpetuare l’ignoranza della complessità dei fattori di rischio. Per alcuni è conveniente pensare che limitare o vietare la vita online serva a risolvere problemi che sono radicati nel tempo e richiedono cambiamenti strutturali anche offline.
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Storia rischi e sfide della rivoluzione “smart working”
di Andrea Zitelli
Tra le conseguenze della pandemia di COVID-19 c’è quella di aver costretto all’improvviso milioni di persone in tutto il mondo a lavorare da casa.
Il lavoro da remoto è da tempo relegato ad analisi e discussioni settoriali che ne studiano i pro e i contro. Ad esempio, negli anni si è visto che tra i potenziali vantaggi ci sono maggiore autonomia e produttività del lavoratore, un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata e benefici ambientali. Tra le criticità si osserva invece che una giornata lavorativa più lunga, con i lavoratori sempre potenzialmente "collegati" per rispondere a mail e messaggi, può causare anche una difficile conciliazione tra lavoro e famiglia. Inoltre, la mancata interazione sociale con altri colleghi può portare a rischi per la salute e il benessere del lavoratore, con conseguenti sensazioni di isolamento e depressione.
Il razzismo nel calcio non riguarda solo l’Italia. La differenza però sta nella risposta
Bisogna sfatare un mito: il razzismo nel calcio (e al di fuori di esso) non riguarda solo l’Italia. Da qualche anno si verificano casi frequenti in Inghilterra e Scozia, e meno di frequente anche in Francia, Spagna e Germania. Ognuno di questi paesi ha visto emergere, nell’ultimo decennio, partiti e personaggi appartenenti alla galassia della destra xenofoba, proprio come avvenuto qui da noi con la Lega e Fratelli d’Italia. La differenza sta nella risposta. A fine 2019, la Lega Serie A ha lanciato un’ambiziosa campagna contro il razzismo, per cercare di migliorare la propria immagine anche a livello internazionale. Sicuramente ne avrete sentito parlare: le immagini della campagna utilizzavano delle scimmie dai tratti antropomorfi. In tutta Europa si è scritto della Serie A che combatte il razzismo equiparando i giocatori a delle scimmie; vari club hanno subito annunciato che non avrebbero aderito all’iniziativa. È un caso che evidenzia in maniera chiarissima che chi dirige il nostro calcio non ha la minima sensibilità sul tema del razzismo.
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