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Amerai

A volte, in momenti di oscurità e di smarrimento, ci interroghiamo sul senso della vita. La vita ha il senso che noi stessi le diamo. Possiamo perderci in piccoli obiettivi e in uno scopo egoistico e meschino. Anche un orizzonte religioso chiuso in sé stesso, presuntuoso e intollerante, può costituire uno scopo meschino. 

Gesù, invece, ci offre un cammino che può dare senso pieno alla nostra vita. 



Negli ultimi giorni della sua vita, il dialogo tra Gesù e i suoi avversari diventa più teso e conflittuale. Un dottore della legge, del gruppo dei farisei, chiede a Gesù: "Nella Legge, qual è il grande comandamento?". Potrebbe sembrare una domanda innocente. 

Ma la domanda dell'avvocato fariseo è maliziosa nei confronti di Gesù. Vuole "metterlo alla prova", come aveva già tentato il diavolo nel deserto. Cerca la stessa cosa: far cadere Gesù. Potrebbe essere che egli aderisca a qualche corrente di pensiero poco ortodossa e non autorizzata. Offrirebbe qualche ragione per la sua condanna. 

Gesù riprende con fermezza la migliore tradizione religiosa: "Il grande e il primo comandamento" è: "Amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente": tutta l'energia, tutta la vita orientata in Dio. Nulla che non sia centrato su di lui. L'unico Signore è Dio. Nessun Cesare, nessun sommo sacerdote o scriba possono sostituirlo. 

E qual è il modo per obbedire concretamente a questo supremo comandamento? Saranno le celebrazioni del tempio? La solennità del culto e dei riti? I riti sono una manifestazione necessaria per l'essere umano. Ci esprimiamo con un'infinità di riti, religiosi e civili. Anche la più semplice convivenza familiare ha la sua ritualità.

Ma Gesù completa l'indicazione del "grande e primo comandamento", richiamando un secondo comandamento, simile al primo: "Amerai il tuo prossimo come te stesso": l'amore di Dio si traduce e si manifesta concretamente nell'amore del prossimo, un prossimo non limitato, secondo la concezione ebraica tradizionale, solo ai parenti, a quelli della propria razza e religione. Un amore non ridotto a una dimensione solo sentimentale ed emotiva, o egoistica, ma proiettato alla ricerca del bene dell'altro, della sua libertà e pienezza di vita, al di là della simpatia e dell'affetto. Con un criterio, una misura dell'amore: "Come te stesso". L'amore con cui ci prendiamo cura della nostra vita, ci nutriamo, proteggiamo la nostra integrità, cerchiamo il nostro benessere e quello dei nostri figli, lo stesso amore dovremmo avere lavorando per il bene e la felicità degli altri, specialmente di quelli che non hanno accesso a condizioni di vita degna o non sono rispettati e protetti nei loro diritti. L'Antico Testamento indica e contiene questa forte esigenza, di una fede che si traduce in opere: "Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i profeti". Dall'amore di Dio non deriva il culto rituale, ma un amore concreto per l'essere umano, che è immagine di Dio. Fedeltà a Dio nella fedeltà all'uomo.

Purtroppo molte volte non sappiamo amare bene neppure noi stessi. Non siamo sempre in grado di accettarci e perdonarci. Ci sono persone che trascorrono tutta la vita senza riconciliarsi con sé stesse. Non ci perdoniamo. E cerchiamo la felicità per strade sbagliate. Ci sono deviazioni ed eccessi che a volte rovinano la nostra pace e la nostra stessa salute. Gesù lo sa bene ed è per questo che, alla fine della sua vita, durante l'Ultima Cena, indica una nuova misura per l'amore agli altri: "Come io vi ho amato". Ci ha amati fino all’estremo. Per amare gli altri, tutti gli altri, senza nessuna discriminazione, dovremo guardare lui e ripetere il suo stesso amore in tutte le nostre relazioni: questo è il vero culto a Dio e il modo per adempiere "il grande e primo comandamento".

(Bernardino Zanella)


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