Un libro d’inchiesta del giornalista David Grann, una delle tante pagine della storia americana insanguinate di razzismo e distruzione ambientale: parte da qui Killers of the Flower Moon. Al centro, le vicende della Nazione Indiana Osage, tra petrolio, soprusi e terre usurpate. Tra gli interpreti, Leonardo Di Caprio e un Robert De Niro in stato di grazia
«Date un po’ di rispetto al cinema». Martin Scorsese tira dritto in mezzo alle lamentele per i 206 minuti (quasi tre ore e mezza) del suo ultimo film Killers of the Flower Moon e regala al pubblico che avrà ancora voglia di entrare in una sala l’ennesimo viatico per un mondo altro, dove perdersi e scoprire un senso, dove interrogarsi e trovarsi di fronte alla necessità di un racconto.
Più di un western, più di un gangster movie, ben oltre una storia d’amore: uno Scorsese in purezza, come quel sangue puro degli Osage che li rende i legittimi proprietari di una terra e delle sue ricchezze.
Ma andiamo con ordine, tentando di imbrigliare l’entusiasmo con quello spirito critico che dovrebbe guidare la cronaca: entusiasmo per la magnificenza delle immagini che scorrono sul grande schermo, per l’incantesimo lanciato da interpreti stupefacenti, capaci di scomparire nelle pieghe delle infinite sfumature di un carattere, lì dove nulla è tutto male né tutto bene, per la costruzione di una nuova gigantesca epica in cui ingordigia e tradimento riversano sugli animi tanto veleno quanto il petrolio fuoriuscito dalle viscere riverserà sulla Terra.
La recensione di questo splendido film con due sequenze finali che sono due perle di rara bellezza a questo link:
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