Uno chef megastellato ha preparato cibi succulenti e vini raffinati: il banchetto è pronto. Già di per sé un banchetto rallegra la giornata, è una sospensione rinfrancante tra una fatica ed un’altra, si sta fra amici perché a tavola o si è già amici o lo si diventa… Ma non è tutto: l’anfitrione, il re per le nozze del figlio fa un altro regalo ai suoi ospiti, non si compiace di saziarli con quelle leccornie, colma di grazia anche il loro cuore, risolve le loro angustie, asciuga le lacrime, insomma la festa è gioia di vivere. Ed è gratis.
Vuoi che sia questo il problema? Perché facciamo una grande fatica a credere e releghiamo la faccenda nel mito? “Il lupo e l’agnello vivranno insieme…” Isaia 11. Un anelito collocato nell’isola che non c’è, in una regione remota del cuore, in un sospiro. Ce la caviamo con ‘magari fosse!’. Ma quel che crediamo ‘è’ la realtà, la storia sono le nostre credenze a farla. Se si crede che gli uomini sono lupi, se ne sentono gli ululati. Se si dice che non c’è alternativa alla guerra, guerra sarà. “La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie” (Gv 3,19). Pare che una grande forza costringa la mente umana a concepire il conflitto piuttosto che la pace. Così funziona: la mente precede e ‘fa’ la cronaca. Si agita sulle onde della paura e dell’accaparramento ed ecco competizione e guerra. Persa nel profondo giace l’angoscia della morte. Ma riecco Isaia: la morte, la nostra nemica, sarà eliminata. Cristo è risorto ed è lui la nostra risurrezione. Di che avere paura? Un velo potente copre la faccia dei popoli, dice Isaia, un inganno utile a trasformare un giardino in deserto, un luogo felice in inferno. Occorre che la coltre che impedisce la vista, e la festa, sia strappata via e ciò avverrà ‘sul santo monte’.
Isaia (55) rilancia: “Venite, comprate senza denaro e senza pagare vino e latte!”. Ma il difficile è permettersi di essere oggetto di un dono gratuito. Lo vediamo anche nella pratica sociale: se siamo invitati a cena da amici, che portiamo? Beh, c’è sempre il contraccambio. Luca (14,13) riporta lo stile della gratuità: “Al contrario, quando dai un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti”.
Ma gli invitati prescelti declinano l’invito. Mi è arrivata l’auto nuova, devo provarla; la crociera era già programmata… insomma ci sono cose più interessanti, altre occupazioni sono convenienti e che fastidio questi emissari che tornano a ricordare l’invito e le campane che rompono i timpani a tutte le ore, una denuncia al prete per disturbo della quiete pubblica. L’imbarazzo del rifiuto si torce contro chi ce ne fa memoria. Negato il bene, non restano che mille sfumature di male. Resta l’infelicità.
Come con il big bang iniziale e in pochi istanti sono apparsi neutrini e bosoni che hanno piegato nel modo attuale la materia, così creato l’uomo, all’atto in cui egli prendere coscienza di sé un virus è sceso per insidiarne il retto funzionamento.
Pare una contraddizione, dopo la sua strepitosa generosità, che il padre dello sposo ordini che sia cacciato via e in malo modo quel tale trovato senza il vestito di nozze. Trattandosi di poveracci come si fa a pretendere che abbiano un abito adatto? C’era usanza però che il guardaroba del padrone di casa disponesse per quelle occasioni di tuniche, vestiti adatti per chi ne era sprovvisto ed era un’attestazione di rispetto indossarne. Vuol dire che la gratitudine è condizione e parte della gioia. Sennò che vai, a sbafare?
La parabola ha un carattere di definitività, dopo di ciò non c’è altro da aggiungere e che più chiaro di così… Perciò è come se dicesse: aprite gli occhi, la vita è un dono, tutto è un dono, la grazia di Dio è un dono. Tutti sono invitati e ne possono godere, a partire dall’esserne grati. Se siamo capaci di porre mente al male e d’esserne afflitti (cosa che ci viene naturale), perché non volgerla al bene credendo di essere amati così tanto e per davvero?
(Valerio Febei e Rita)
Nessun commento:
Posta un commento