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Caregiver, gli invisibili «soli e senza diritti» Uno su due ha dovuto abbandonare il lavoro

La Cisl: «Il Veneto unica regione senza legge di tutela»



Mi dedico alla cura della mia mamma, trascurando la vita sociale, ed è molto pesante», confessa Anna (nome di fantasia), sessantenne veneziana. «Devo arrangiarmi, dalla burocrazia all’improvvisarmi infermiera domiciliare — rivela Paola, padovana 55enne —. Per non parlare della devastazione psicologica che comporta assistere in casa un malato terminale fino alla fine, anche per la refrattarietà del medico curante a richiederne il ricovero in hospice». «Sono delusa dal sistema sanitario! Ho chiesto più volte aiuto, mia mamma ha l’Alzheimer e non mi riconosce più — racconta Serena, vicentina —. Tutti i weekend sono con lei, trascuro la mia famiglia e temo per la mia salute». «Ho 76 anni, non avendo altri parenti disponibili ad assistere mio figlio non autosufficiente, il suo futuro rappresenta un grande e serio punto interrogativo», la testimonianza di Pietro, veneziano. «Mi sento in colpa per i tanti mesi di assenza sul lavoro — ammette Giulia, bellunese —. L’azienda non ha potuto sostituirmi, così il mio carico di lavoro ha aggravato colleghi già oberati». Voci di caregiver non professionisti ma «obbligati» dalla malattia di familiari e coniugi ad assisterli h24, senza la preparazione idonea nè aiuti da un sistema che dopo l’ospedale non prevede un’adeguata rete territoriale. Emerge dalla ricognizione «Caregiver in Veneto: avere cura di chi ha cura», condotta dalla Cisl negli ultimi due anni su 1.687 lavoratori e 476 pensionati, in tutto 2.163 persone interpellate dai Caf con questionari elaborati dalla Fondazione Corazzin, il centro studi del sindacato. 

Il quadro che ne esce è sconfortante: si dichiarano caregiver un pensionato su due (49,8%) e un lavoratore su tre (37,4%), soprattutto donne, spesso costrette a rinunciare alla carriera, a chiedere il part-time o a restare a casa. Sei caregiver su dieci si occupano di un genitore, uno su dieci di due persone contemporaneamente e l’82% si sente abbandonato dalle istituzioni. E anche se il 70% dice di aver bisogno di aiuto, poi deve fare tutto da sè: il 67% non può contare su badanti o assistenza domiciliare e tra i lavoratori solo il 10% è supportato dal welfare aziendale, orari flessibili, voucher, permessi. Il 34,8% ammette che prendersi cura di un non autosufficiente impatta molto sulla vita professionale, tanto è vero che il 55,4% ha dovuto lasciare l’impiego o lo studio. Il 52,8% ritiene pesante o molto pesante fare il caregiver: il 45,8% dichiara peggioramenti nella propria salute fisica e il 57% nella salute mentale. «Eppure di questa popolazione invisibile non si conosce nemmeno il numero nel Veneto, l’unica Regione a non aver ancora approvato una norma che conceda un riconoscimento giuridico ai caregiver — dice Tina Cupani, segretaria generale Cisl pensionati Veneto —. In commissione Sanità sono state presentate due proposte di legge da Pd e Lega e confidiamo che entro la fine della legislatura si arrivi all’approvazione di un testo. Il riconoscimento giuridico assicura sostegno economico, psicologico e una rete di servizi equi e trasparenti in ogni Comune. Con una legge si potrà procedere al censimento dei caregiver familiari, analizzarne le necessità, programmare e monitorare servizi idonei».

Per ora si sa solo che nel Veneto ci sono 328mila over 65 non autosufficienti. «L’invecchiamento della popolazione aggraverà il problema — avverte Francesco Peron, della Fondazione Corazzin — se oggi gli over 65 sono il 25%, nel 2043 saranno il 35%, mentre gli over 80 passeranno dall’8% al 12%. Già adesso 363mila over 60 vivono da soli, col risultato che molti anziani devono prendersi cura di persone ancora più anziane». Spesso le famiglie non sanno come e a chi chiedere l’aiuto economico previsto dalla Regione, che stanzia 2 milioni l’anno per la non autosufficienza. E infatti l’80% di fondi Pnrr destinati a 12.500 aventi diritto è andato a chi è già in Rsa, perché supportato nella presentazione delle pratiche. «Sono temi che riguardano tutti — avverte Stefania Botton, segretaria di Cisl Veneto — e impattano sui lavoratori. L’assenza di misure di sostegno causa stress, assenteismo, riduzione delle presenze e anche l’abbandono dell’impiego, con una perdita di produttività per le aziende e una penalizzazione soprattutto per le donne, la maggioranza dei caregiver, spesso esclusi dal premio di produzione. Vanno garantiti il lavoro agile, il part-time reversibile, permessi retribuiti, congedi allargati. Abbiamo chiesto un incontro alla Regione ».

(Michela Nicolussi Moro)

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