Luca afferma che Gesù fu sottoposto ad “ogni specie di seduzione”, quindi le tre che ci racconta (tre il numero perfetto!) sono una sintesi di tutte quelle possibili di fronte alle quali ogni uomo si trova nella sua vita e rappresentano i modi errati di rapportarsi con le cose, con le persone e con Dio.
In questo primo periodo del Tempo Ordinario, la Liturgia ci ha proposto un itinerario con il quale ha delineato prima il punto focale della missione di Gesù: dare avvio all’Anno di Grazia e, con questo, al Regno del Padre. Poi, lungo il lago, ha detto che il compito dei suoi discepoli è quello di tirar fuori gli uomini dal mare, cioè dalla realtà di morte, di vita lontana dal progetto d’amore di Dio. Con le Beatitudini ci ha delineato il suo modo di vivere da imitare: essere degli anawim (=poveri) del Padre cioè persone che hanno coscienza della loro realtà e che si affidano al Padre per avere la capacità di portare a compimento la sua creazione. Due Domeniche fa, con la proposta attorno al fulcro della “regola d’oro”, ci ha presentato l’identikit del Padre da imitare: siate “misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso” che è “è benevolo verso gli ingrati e i malvagi”, cioè datori di vita verso tutti. Infine la scorsa Domenica Luca si è preoccupato delle dinamiche all’interno delle Comunità e delle possibili distorsioni, evitabili se si rimane stretti all’unico metro di misura che ci è dato: la Scrittura. Questa è l’albero buono che può dare solo frutti buoni con i quali quale nutrirsi, che è luce per i nostri occhi e lampada per il nostro cammino (Ps 118,105).
Con queste indicazioni in bisaccia ci è possibile iniziare il Cammino quaresimale verso l’evento centrale della nostra fede: la memoria della passione-morte-risurrezione di Gesù. Come ogni anno il primo passo è il ricordo delle sue tentazioni, del modo con il quale le ha affrontate per indicarci come anche da noi possono essere riconosciute e superate.
Dopo il Battesimo nel quale Gesù si è immerso, quasi confondendosi, nell’umanità pellegrinante verso il Battista, per due volte viene nominato lo Spirito Santo che “riempie” Gesù e lo conduce nel deserto dove rimarrà quaranta giorni. Questo numero indica la durata di una vita e il cammino dell’Esodo del popolo di Israele dove fu “tentato” (Dt 8,22) o letteralmente e molto meglio, “messo alla prova” come lo fu anche Abramo. È nell’episodio del “legare di Isacco” (Gn 22) che significativamente questo verbo appare per la prima volta nella Scrittura. Quindi l’Evangelista ci vuol dire che Gesù come noi fu “tentato” lungo tutta la sua vita e lo sottolinea anche con il fatto che posizione all’inizio e alla fine della vita di Gesù il racconto di due tentazioni da parte del diavolo: quelle all’inizio del suo ministero, e quella sotto la croce: "Se (“siccome” o “poiché” sono le traduzioni più corrette di questa proposizione causale e non dubitativa) sei il Figlio di Dio scendi dalla croce" (Lc 23,39).
Quelle che Luca ci racconta ci paiono lontane da noi, dalla nostra vita concreta, forse anche stravaganti o impossibili. Ma il è un linguaggio simbolico e, piuttosto di “tentazione”, una migliore traduzione del termine che racconta l’opera del divisore è il suo agire per “sedurre”. Luca afferma che Gesù fu sottoposto ad “ogni specie di seduzione”, quindi le tre che ci racconta (tre il numero perfetto!) sono una sintesi di tutte quelle possibili di fronte alle quali ogni uomo si trova nella sua vita e rappresentano i modi errati di rapportarsi con le cose, con le persone e con Dio.
La prima seduzione (trasformare delle pietre in pani) è relativa alla possibilità di servirsi del proprio potere per aggirare le difficoltà che si incontrano nella vita evitando così di affrontarle e di misurarci con queste. Gesù ha sempre usato il suo potere ma mai per se stesso, sempre per gli altri, non ha mai voluto privilegi. Invece quando noi ripieghiamo egoisticamente su noi stessi senza pensare agli altri, quando si impiegano le doti che abbiamo per soddisfare i nostri desideri adeguandoci alla mentalità corrente nella quale ciascuno cerca di arrangiarsi pensando solo al proprio tornaconto: è cedere a questa prima seduzione.
La seconda seduzione (“Ti darò tutti i regni …”). Qui la scelta è fra il dominare e il servire, fra il competere e il divenire solidali, tra l’autorità e l’autorevolezza. Quest’ultima è un dono supportata dal lavoro di chi è chiamato ad esercitarla, ma può trasformarsi in potere quando diventa dominio sull’altro adeguandosi ai principi di competizione di questo mondo. È il contrario dell’invito ad amare i nemici, ad essere misericordiosi come il Padre, datori di vita.
La terza seduzione è la più pericolosa perché mette in causa il rapporto fra l’uomo e Dio: “Buttati giù dal pinnacolo del tempio – dice il tentatore – perché sta scritto…”. È l’uso della Scrittura per minare alla base il rapporto con Dio, per insinuare il dubbio e far nascere la necessità di avere delle prove: “Il Signore è in mezzo a noi, sì o no?” (Es 17,7). È una domanda attualissima in mille situazioni quotidiane. Il Signore non ci risparmia le prove e la fatica del vivere, ma ci assicura il suo sostegno.
Gesù come supera queste seduzioni? Rimanendo ancorato alla Scrittura: i no che dice al Divisore è un sì sempre più aderente alla volontà di servizio del Padre. Una precisa indicazione per noi.
(BiGio)
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