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Quaresima e Pasqua 2025 - "Nella speranza siamo stati salvati"

L’Anno giubilare che stiamo vivendo ci aiuta a riscoprire la profondità e l’autenticità della speranza, come capacità di sostare, con sguardo stupito e commosso, dinanzi all’opera di Dio che visita la complessità e la frammentarietà della storia. Questa tensione spirituale connota anche il Tempo di Quaresima, «itinerario verso la luce pasquale sulle orme di Cristo, maestro e modello dell’umanità riconciliata nell’amore» (prefazio di Quaresima V).

Nei quaranta giorni del cammino battesimale e penitenziale che ci attendono, la Chiesa, popolo dell’esodo, compie un pellegrinaggio che culmina nell’incontro pasquale con Cristo, morto e risorto. In quest’ottica, la Quaresima non è un tempo triste, ma un tempo favorevole di rinnovamento spirituale che con il digiuno, la carità e la preghiera ci sprona a non fondare la nostra speranza nelle illusioni effimere e fugaci, ma a radicarla nella pienezza e densità dell’amore di Dio, che «ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3, 16).

Il deserto quaresimale orienta i nostri passi al sepolcro vuoto, testimone eloquente della gioia della Pasqua e grembo fecondo di un mondo nuovo. A questo mistero la liturgia della Chiesa dedica cinquanta giorni che profumano della vita che non muore, della speranza che non delude e dell’amore che non ha confini. In questo unico giorno di festa, come per i primi discepoli e discepole di Gesù, il Risorto si fa viandante delle nostre storie: Egli accoglie le nostre delusioni e le nostre fatiche e, attraversandole con la luce della Pasqua, le apre a un nuovo orizzonte di senso.

Nella grande Domenica riecheggia anche un canto di gioia che si imprime profondamente anche in noi: «Lodiamo dunque il Signore che è nei cieli, o carissimi. Lo diamo Dio; diciamo: Alleluia! Con questi giorni significhiamo il giorno senza fine. Significhiamo nel luogo della mortalità il tempo dell’immortalità. Camminiamo spediti verso la casa eterna. […] Lassù non loderemo Dio per cinquanta giorni ma, come sta scritto, nei secoli dei secoli. Vedremo, ameremo, loderemo. Non si logorerà quel che vedremo, non verrà meno ciò che ameremo, non ci sarà silenzio nel nostro lodare. Tutto sarà perpetuo, nulla avrà termine» (Sant’Agostino, Discorso 254).

CEI - Ufficio Liturgico

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