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II Domenica di Quaresima - La Trasfigurazione - Lc 9, 28b-36

L'invito ad "ascoltare" la Parola del Signore nell'Evangelo di Luca è incessante ed è l'unico che sottolinea come il cambiamento d'aspetto del volto e delle vesti di Gesù avvenne "mentre pregava".

Ma cosa significa questo cambiamento d'aspetto? Si fa fatica a capire. Ma, su questo, la sapienza ebraica ci aiuta e svela cosa significa.



Il popolo d’Israele pressava Gesù sulla riva del lago per “Ascoltare la Parola di Dio” (Lc 5,1) e nel capitolo seguente si rivolse alla folla dicendo “A voi che ascoltate io dico…” (Lc 6,27), l’Evangelo di oggi si conclude con la voce del Padre che invita con forza “Ascoltatelo!” (Lc 9,36). Al centro sempre la figura del Signore che aderisce alla Scrittura tanto da impersonarla e ce la propone come l’albero buono dei cui frutti nutrirsi per riuscire a respingere le illusioni e le seduzioni alle quali il divisore ci sottopone lungo tutta la nostra vita nei confronti delle cose, delle persone e con Dio.

Si ascolta una persona nella quale si ha fiducia ed ecco perché, iniziando domenica scorsa il cammino quaresimale, la domanda che ci si poteva, doveva, porre era “Credere in chi?”. La risposta era suggerita dalla prima lettura (Dt 26,4-10) che proclamava la professione di fede degli ebrei: “Mio padre era un arameo errante …il Signore ascoltò la nostra voce … ci fece uscire … ci condusse … ci diede … ti prostrerai davanti al Signore tuo Dio”. È nella nostra storia personale che ci è chiesto di individuare chi è il “nostro Dio”, chi ci è venuto incontro, chi ci ha tratto dalle nostre infermità, dal nostro egoismo e ci ha condotto a guardare oltre noi stessi aprendoci al futuro e alle sue promesse. È il racconto della prima Lettura di oggi (Gn 15,5-12.17) nella quale le promesse (“Dio disse ad Abram: Guarda il cielo e conta le stelle… “) vengono sugellate da un patto nel quale l’unico attore che si impegna è il Signore. Allora a noi, oggi, viene chiesto di credere alle sue promesse.

 

Anche l’Evangelo ci pone davanti ad una promessa da ascoltare nella preghiera per poi accoglierla, ospitarla, per poter essere “trasformati” e accompagnati ad essere parte del Signore nella sua sequela. A differenza degli altri sinottici Luca oggi inizia il suo racconto precisando: “Otto giorni dopo”, con questo, indicarci che è il giorno dopo il sabato, il giorno del Signore, quello nel quale ci raduniamo per ascoltare la Parola, spezzare il Pane della condivisione, fare esperienza del Risorto verificando che il suo “esodo” non si è concluso con la sua morte e udire di nuovo la voce dal cielo che ci rivolge l’invito “Ascoltatelo!”. 

Noi non possiamo fisicamente vederlo, ma possiamo ascoltarlo ed essere condotti per mano nella preghiera ad accogliere i suoi inviti da realizzare nel nostro quotidiano. Luca è l’unico che sottolinea come il volto di Gesù “cambiò di aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante” “mentre pregava”, mentre si confrontava con la Scrittura, la Parola del Padre. È una annotazione che vale anche per noi: la preghiera che è capace di cambiarci, modificare il nostro agire, incamminarci alla sua sequela, a realizzare la volontà del Padre, non quella del mondo, a non utilizzare il nostro “potere”, le altre “persone” e nemmeno Dio per i nostri fini personali come anche in questi giorni sentiamo continuamente affermare in politica, come in economia. Non si risolvono i problemi, i conflitti cercando di far tornare i nostri conti senza considerare chi sta facendo le spese di questo atteggiamento. 

Luca insiste molto, lungo tutto il suo Evangelo, sulla preghiera, sul dialogare con il Padre che richiede una piena disponibilità all’ascolto. Questo prima di tutto presuppone la capacità di fare silenzio, di spogliarsi, di mettersi a nudo davanti a Dio rinunciando alle nostre presunte sicurezze.

Anche Gesù si “spoglia” davanti al Padre nella sua preghiera, ma cosa “vedono” Pietro, Giovanni e Giacomo? che “il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante”.

Facciamo fatica a capire. Ma, su questo, la sapienza ebraica può aiutarci a intravedere qualcosa perché narra che, quando Dio creò l’essere umano, lo coprì di pelle (parola che in ebraico si dice ‘or pronunciato con un forte suono gutturale iniziale), ma lo ricopri anche di una veste di luce (in ebraico ‘or però senza la vocalizzazione gutturale). Per questo l’uomo e la donna non si vergognavano della loro nudità prima della disobbedienza e l’aver mangiato del frutto proibito: vedevano infatti quella veste di luce che copriva la loro nudità. Con il peccato la persero e non rimase loro che la pelle di cui ebbero vergogna. Quando Gesù nella preghiera “si spoglia”, si mette a nudo davanti a Dio, ciò che appare non è la sua pelle, bensì quella veste di luce che non ha perso perché è senza peccato. Le vesti di Gesù non coprono la sua nudità, ma la sua gloria luminosa: ecco ciò che i discepoli videro e così scrive Luca modificando Marco e Matteo. 

L’invito è quello a non essere, come i discepoli, appesantiti, sonnolenti, vivendo nella sicurezza dello status quo che ci intorpidisce allontanandoci dall'ascolto, ma ad avere la disponibilità ad accogliere l’invito “Ascoltatelo!” con tutto quello che comporta e tornare ad essere ricoperti di quella veste di luce che il Padre è pronto a donarci nuovamente nel suo Figlio. È una promessa nella quale credere.

(BiGio)

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