La teologia italiana sembra patire ancora quella che potrem- mo chiamare una rigidità di genere, faticando ad avviare per- corsi condivisi fra teologi e teologhe per dare forma a una intelligenza comune della fede nel contesto culturale odierno dell’Italia. L’articolo cerca di individuare alcune delle ragioni di questa condizione della teologia nel quadro della Chiesa italiana, che ha urgente bisogno di attingere alle migliori competenze teologiche disponibili.
La Chiesa cattolica ha ereditato dal suo passato un coacervo di disuguaglianze ed emarginazioni che per secoli non ha dovuto giustificare, perché erano in fin dei conti coerenti con le forme dell’organizzazione sociale occidentale che la circondava. Oggi, privata di questa atmosfera diffusa, fatica a renderne plausibilmente ragione. Il tenta- tivo intrapreso di trasformare la disuguaglianza in diversità si mostra essere più arduo del previsto, ammesso che qualcosa del genere sia possibile.
L’impaccio diventa evidente quando, per esprimere l’ordine della dif- ferenza, ricorre a figure usate da secoli proprio per affermare la subordi- nazione di alcuni soggetti ecclesiali rispetto ad altri. Laici e laiche davanti ai ministri ordinati, donne rispetto agli uomini. Subordinazione che, nei secoli, ha dato forma non solo a una gerarchia sacramentale, ma anche a una gerarchia sessuale. Nella Chiesa cattolica i maschi possono cose che le donne non possono – a prescindere da abilità e competenze della fede.
Questo non solo sul piano dell’accesso al ministero ordinato. Tale affermata impossibilità per le donne ha finito per creare un’atmosfera diffusa, una serie di prassi, un modo di pensare e un universo di non detti che fa delle donne figure marginali dell’istituzione ecclesiale – sfruttate, a seconda delle necessità (dalle più bieche alle più nobili), proprio per mantenere inalterato questo assetto dominato dal maschile....
L'intervento di Marcello Neri è a questo link:
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