In una conversazione radiofonica del 2016 (Uomini e Profeti, Radio3), Paolo Ricca, pastore e teologo della chiesa valdese, morto a Roma nella notte fra il 13 e il 14 agosto 2024, affrontava l’oscurità di ogni discorso sulla morte ricorrendo sì alle Scritture e alle acquisizioni della scienza contemporanea, ma assottigliando via via ogni certezza, riconoscendo che ogni cultura ha elaborato “visioni fantastiche” intorno alla morte, senza però accontentarsi di quello che diceva una nota scienziata, secondo la quale ciascuno di noi si ridurrà a una “molecola” vagante nell’universo.
Certo, il corpo se ne va. Ma non credo, diceva, che la “persona” possa ridursi a una molecola. È vero che la morte cancella la vita, tuttavia non dissolve la “persona”. Qualcosa rimane. Non solo nella memoria dei vivi, ma in quella che lui chiamava la “memoria di Dio”, e che noi potremmo chiamare una grandezza che ci trascende, un “oltre” in cui non valgono più le categorie “terrene” di spazio e tempo, ma che pure esiste anche se per noi rimane invisibile e inconoscibile.
Chissà. Forse è così che si riesce a sopportare la scomparsa dal nostro orizzonte delle persone che ci sono state care. E che si sono spese fino in fondo in ogni momento della loro vita per rispondere a chi chiedeva qualcosa, qualunque cosa. Tenendoli vicini nella memoria. Ma anche collocandoli in un luogo dell’assenza nel quale una qualche impalpabile forma di presenza è custodita.
Il ricordo di Gabriella Caramore continua a questo link:
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