Due possibilità:
1) contemplare questa "Crocifissione bianca" di Chagall ascoltando la descrizione/meditazione a questo link: https://www.youtube.com/watch?v=d_SaQlb8HiU
2) in alternativa leggere la descrizione/meditazione seguente:
La crocifissione bianca è un quadro dipinto nel 1938 da Marc Chagall (1887-1985) e custodito oggi all’Art Institute di Chicago. Chagall è artista ebreo che ha avuto diretta esperienza della persecuzione contro il suo popolo in Russia negli anni ‘30 e in Germania dopo l’avvento del nazismo al potere e le leggi razziali contro il popolo ebraico. La figura di Gesù sulla croce è al centro del dipinto e posta accanto ad una presentazione drammatica di vicende di violenza, ingiustizia e morte del momento storico contemporaneo.
Il quadro può essere letto tenendo conto del simbolismo dei diversi elementi rappresentati e della giustapposizione di immagini, ricordi, eventi come avviene in un sogno senza particolare ordine.
Sulla destra si scorge una sinagoga incendiata con le sedie rovesciate e i libri della Torah dispersi. Si distingue un soldato nazista che ha appiccato l’incendio e si allontana. Al di sotto un vecchio con la barba vestito di un lungo abito verde fugge tenendo sulle spalle un sacco, simbolo dell’ebreo errante in fuga. Accanto a lui è raffigurato un rotolo delle Scritture incendiato e al di sotto il profilo di una donna con lo sguardo atterrito nel gesto di proteggere il suo bambino.
Alla sinistra compaiono altre immagini di violenza. Si scorgono i profili delle case di un villaggio devastato; uomini e donne sono costretti a fuggire mentre giunge un esercito con le bandiere rosse. Poco sotto una barca è ricolma di profughi disperati che scappano dalla violenza cercando rifugio attraversando il mare. Più in basso altre figure si allontanano impaurite dalla devastazione in atto nel tentativo di salvare i rotoli della Torah; uno di essi reca un cartello al collo con su scritto ‘io sono ebreo’, evocazione delle persecuzioni.
Nella parte superiore del dipinto tre persone sono rappresentate in atteggiamento di preghiera e sconforto e sembra che la figura di un profeta, attraversata dal fascio di luce bianca accolga il loro grido di disperazione e offra consolazione. In questo contesto di episodi di violenza, di fuga, di distruzione il quadro è pervaso dal colore bianco che scenda dall’alto descrivendo un fascio di luce che s’irradia e si diffonde vincendo le oscurità del fumo degli incendi e delle distruzioni.
Il corpo di Gesù sulla croce, al centro dell’opera, è tutto pervaso dal colore bianco: le braccia aperte sono segnate dalle ferite dei chiodi, il capo è chino in posizione dormiente, nel sonno della morte. È avvolto da un tallit, lo scialle bianco e con striature nere usato dagli ebrei nel momento della preghiera. La fascia di luce bianca dall’alto scende sino ad incontrare sotto la croce il chiarore di un candelabro a sette braccia, la menorah ebraica, lampada liturgica della preghiera: le candele accese irradiano un alone aureolato di luce. Una scala appare poggiata a fianco di Gesù, simbolo che può indicare il desiderio di salita e salvezza da parte dell’umanità sofferente, o anche la discesa di Dio che non rimane lontano e insensibile ma si rende vicino e soffre insieme alle vittime della violenza e dell’odio.
Possiamo interrogarci soffermandoci su questo corpo abbandonato che comunica il senso di sfinimento e di debolezza nel momento della morte: e d’altra parte testimonia la nonviolenza e il silenzio dell’amore inerme e che non viene meno in risposta alla violenza e alla malvagità umana. Il corpo di Gesù è pervaso dal chiarore di luce bianca che tutto avvolge.
La croce di Gesù è in rapporto con il grido degli oppressi e delle vittime: Gesù si è reso solidale con le sofferenze degli esclusi e dei poveri.
La scia di luce che scende indica la luminosità del bianco che fa vedere i colori anche quando non sono visibili. Piove dall’alto come dono ed è annuncio di Dio che opera anche quando non si vede. E la menorah ai piedi della croce rinvia al roveto che arde e non si consuma.
Vi è un amore di solidarietà con tutte le vittime della storia che non dimentica il dolore del mondo: non si consuma ma lo reca con sè. Il candelabro allude ad un amore che continua a bruciare senza venir meno.
Al cuore del quadro sta un messaggio riguardante la presenza di Dio, quale luce bianca che scende e porta luce laddove c’è solo l’oscurità di distruzione, malvagità e morte. Invita a camminare su questa terra prendendo sulle spalle il dolore di chi sta accanto: è questo il vero volto dell’uomo che non abbandona la legge di Dio ma la custodisce, salvandola dall’oblio, nel prendersi cura dell’altro. E Dio stesso è colui che si prende cura. Chagall suggerisce non solo di guardare ai dolori ma alla potenza della scia del bianco che scende.
La lettura cristiana di questo dipinto può scorgere nel volto di Gesù la vicinanza umana di Dio che soffre insieme e non dimentica ogni storia di dolore, portando luce nel buio dell’ingiustizia e della disperazione.
Guardando le immagini delle città devastate possiamo ricordare le città bombardate nel conflitto in Siria che perdura da dieci anni, le città distrutte dell’Iraq dai terroristi che hanno seminato orrore e morte, le distruzioni e le difficoltà della vita quotidiana dei palestinesi nella striscia di Gaza, e nei territori occupati.
Volgendo lo sguardo alla barca dei profughi possiamo ricordare oggi i migranti dai paesi dell’Africa subsahariana che cercano di attraversare il Mediterraneo trovandovi spesso la morte, tutti coloro che provenienti da Afghanistan, Pakistan, Siria sono respinti ai confini lungo la via balcanica trovando respingimento e violenza da parte dei paesi europei, i migranti che subiscono tortura e ogni genere di violazioni nei campi di detenzione in Libia. Possiamo ricordare tutti coloro che lasciano le loro case e terre fuggendo dal Venezuela in cerca di pane.
Ponendo attenzione il profilo della mamma con il bambino possiamo pregare per tutte le donne, per tutti i bambini che vivono nei campi profughi, in Libano, nella regione del Darfur in Sudan, nel Congo: hanno visto l’orrore della guerra, non hanno possibilità di andare a scuola, E possiamo ricordare tutti i bambini denutriti e senza aiuti nello Yemen devastato dalla violenza.
Osservando il fuoco che distrugge e annerisce le case possiamo ricordare le violenze nelle guerre tribali e motivate con riferimenti religiosi in Nigeria dove villaggi sono attaccati e bambini e giovani rapiti, in Repubblica centrafricana, nella regione del Tigray a Nord dell’Etiopia, dove è in corso un sanguinoso conflitto che semina vittime tra la popolazione e immani devastazioni e nella guerra che continua tra Russia e Ucraina nel territorio del Donbass.
Ponendo attenzione ai rotoli della Torah salvati possiamo pensare a tutte quelle piccole cose essenziali, spesso legate proprio alla vita di fede, che le persone in fuga recano con sé, libri delle Scritture sacre, oggetti di devozione e preghiera, segni dell’amore e degli affetti familiari: così i migranti nell’Africa subsahariana, e quelli ai confini tra Messico e gli USA.
Lasciandoci colpire dai volti tristi e sconsolati delle persone in pianto possiamo ricordare le tante vittime della pandemia che ha colpito tante persone vicino a noi e tutte le regioni del mondo, in particolare regioni povere dell’Amazzonia, in Brasile, in India, in Messico.
Insieme ai volti di chi vive nei luoghi delle grandi crisi umanitarie possiamo anche portare il desiderio di democrazia e diritto nel Myanmar, in Bielorussia, nelle sofferenze di tanti attivisti, avvocati, giornalisti, imprigionati per la loro richiesta di libertà e giustizia.
Questo grido profondo di sofferenza e dolore che sale dall’umanità sfinita e oppressa non rimane inascoltato: le candele accese indicano un amore che compatisce, si fa solidale e non viene meno. Il fascio di luce bianca che scende e avvolge apre una speranza che accoglie ogni sospiro di dolore e vince ogni oscurità del male.
(da: insiemesullastessabarca)
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