Il giorno della discesa agli Inferi


Anche se tutto tace, Cristo agisce. Secondo l’antica tradizione, infatti, in questo giorno, Gesù discende agli Inferi, nelle profondità del Regno della morte per salvare l’uomo e portarlo con sé in cielo, dove ci precede e dove ci attende a braccia aperte. Negli Inferi incontra Adamo, il primo uomo che qui simboleggia l’intera umanità, lo scuote, lo sveglia e gli dà l’annuncio della salvezza da cui nessuno è escluso, ponendo, di fatto, un ponte tra la tomba e il Regno di Dio. Gesù porta l’arma infallibile della Croce, perché “con la morte vince la morte”.

L’esperienza che le parole non sono sufficienti e a volte devono lasciare il posto al silenzio, al «non saper dire». Lo scandalo della croce getta un’ombra, e in quest’ombra dobbiamo imparare a stare. «È bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore» canta il profeta nelle Lamentazioni per la morte del Messia (3,26). Ma se è vero che questo silenzio e questa attesa ci stringono il cuore, nelle profondità del cuore stesso continuiamo però a credere che Gesù Cristo è sempre operante e che proprio quando non vediamo nulla e constatiamo solo che «se n’è andato il nostro Pastore» –, proprio allora lui, il Signore dei vivi e dei morti, è sceso negli inferi, nelle profondità irredente dell’uomo, a portare quella salvezza che noi non possiamo darci. In quel sabato santo è sceso per incontrare tutti gli umani già morti, ma ancora oggi scende nelle nostre profondità non evangelizzate, abitate dalle nostre ombre e dalla morte, per operare ciò che noi non possiamo operare.  Sì, nella vita spirituale prima o poi si va a fondo, ma andando a fondo troviamo Gesù che ci ha preceduti e ci attende a braccia aperte.

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