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"Cristo è risorto!": un saluto che interroga la nostra fede

 

Il Signore ha stabilito il suo regno, si è rivestito di bellezza! Il Signore di potenza e gloria si è cinto (Sal 92,1). Ha tolto ad Adamo la sua tristezza e gli ha restituito il posto che gli è proprio. Per mezzo della Croce ha strappato il documento scritto dei nostri peccati, e con la sua morte ha annientato per sempre la morte. Egli ci ha donato davvero la vita che perdura e tutti i doni perfetti. Benedetto sei in verità, o Tu che sei risorto dai morti, poiché hai annientato la morte e ti sei mostrato nella tua potenza. Hai salvato con il tuo braccio il tuo popolo dal diavolo e, a motivo della tua compassione, sei andato nelle regioni sotterranee, nell’Amènti. Lì, hai manifestamente fatto prigionieri (cf. Sal 67,19)1, senza impedimento alcuno. Sì, hai spezzato con potenza le sbarre di ferro e ne hai fatto uscire i tuoi eletti, coprendoli con la tua misericordia. Da lì, li hai trasportati in alto con te, nel tuo luogo di riposo, ed essi gioiscono ed esultano! Cristo è risorto! È veramente risorto!                                  (Psali adam della Resurrezione sulla prima Ode)

Cristo è risorto! È veramente risorto! Per cinquanta giorni, queste sono le parole con le quali i cristiani ortodossi di tutte le parti del mondo si salutano quotidianamente. Dichiarazione dossologica che ci fa rivivere nel grande evento della resurrezione di Cristo dai morti – centro della fede cristiana, senza il quale vana è la nostra fede (cf. 1Cor 15,14) –, essa ci interroga ogni volta e ci mette a nudo di fronte alla nostra fede. Che cosa significa per noi salutare quotidianamente con le parole “Cristo è risorto”?

Soltanto se nella nostra esistenza abbiamo avuto un incontro vero con il Risorto, per il quale siamo ancora così commossi da lasciarci guidare dalla sua luce meravigliosa, il nostro salutare sarà davvero un “salutare” immergersi nel mistero eterno della salvezza operata dal Signore Gesù. Soltanto se siamo caduti a terra come Saulo avvolti dalla luce di Cristo, considerando tutti i nostri successi mondani come “immondizia” per essere trovati in Lui, il nostro saluto pasquale sarà garanzia che la Resurrezione non è soltanto una pagina di storia, ma è potenza di vita per i secoli dei secoli. Soltanto se abbiamo fatto davvero esperienza del Risorto, come i discepoli nella stanza superiore, potremo pronunciare il saluto pasquale con una gioia sincera e mite, ma potente della memoria amorosa che la genera. Soltanto se abbiamo visto la tomba vuota con gli occhi dello spirito, soltanto se abbiamo spezzato il pane con il risorto con il cuore che ci brucia in petto, soltanto se siamo stati conquistati da Cristo Gesù, soltanto se il suo amore ci assedia, soltanto se sentiamo di vivere in Lui e Lui vivere in noi, soltanto allora saremo capaci di andare al di là della prosaicità di un saluto e di trasmettere il profumo del Risorto. Soltanto se siamo testimoni della discesa di Cristo nei nostri inferi personali, se ci siamo alzati in piedi all’improvviso dopo aver emanato cattivo odore per anni nelle nostre tombe esistenziali, solo allora saremo in grado di dire un saluto che è eucaristia infinita, rendimento di grazie che percorre la nostra vita come un filo rosso. Soltanto se Cristo è stato l’unico nella nostra vita a essere riuscito a trasformare, in un modo che ancora facciamo fatica a credere, il nostro orgoglio, la nostra boriosità, la nostra vanagloria, il nostro sentirci superiori in un umile fiore a cui basta essere irrorato dalla rugiada dello Spirito, solo allora sapremo trasmettere con il saluto la sua umilissima gloria che si trasfigura nella povertà delle cose. Soltanto se abbiamo provato un amore indescrivibile per tutte le creature, buoni e cattivi, giusti e ingiusti, e abbiamo desiderato stringerli tutti nell’abbraccio paterno di Dio, solo allora il nostro saluto sarà potenza creativa e resurrettiva che dona una vita nuova, di una sostanza che non è di questo mondo. Soltanto se abbiamo amato i nostri nemici, anche solo una volta, le nostre parole trasmetteranno il grande amore che il Padre prova per i peccatori incalliti. Soltanto se abbiamo avuto la certezza di essere stati perdonati anche se non lo meritiamo, il nostro saluto pasquale sarà capace di coprire all’istante le colpe degli altri. Soltanto se abbiamo provato una pace che supera ogni comprensione, caparra di quella pace che nessuno potrà più toglierci, solo allora il nostro saluto diventerà terra ombreggiata sulla quale far riposare gli altri. Soltanto se siamo stati capaci di schiacciare sotto i nostri piedi il peccato, rifuggendo le fetide seduzioni del potere, avendo fame e sete di giustizia, le nostre parole saranno venate della purezza ineguagliabile del Risorto. Soltanto se abbiamo avuto la certezza, per mezzo dello Spirito Santo – che è Spirito della Resurrezione – che Gesù è Signore, il nostro saluto non sarà lettera morta ma renderà presente il Signore agli altri. Soltanto se abbiamo portato la nostra croce con umiltà e dignità, afflitti ma sempre lieti, tribolati, ma non schiacciati, sconvolti, ma non disperati, perseguitati, ma non abbandonati, colpiti, ma non uccisi, senza insultare il Signore come il ladro di sinistra, ma chiedendogli aiuto e compassione, come il ladro di destra; solo allora le nostre parole sulla resurrezione di Cristo saranno veramente credibili. Sarà, infatti, tutta la nostra esistenza a pronunciare quotidianamente quel saluto ormai fattosi preghiera incessante, rendimento di lode che sale come incenso verso il cielo, sia che dormiamo sia che vegliamo, nella buona e nella cattiva fama, nella gloria e nel disonore. Non diremo più con Paolo per cercare di convincere gli altri della resurrezione: “Se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede” (1Cor 15,14), ma: “Se io sono risorto in Cristo, come io so di essere per grazia, Cristo non può non essere risorto”.

Se per noi ormai il vivere è Cristo e il morire un guadagno, se cerchiamo le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio, allora, diciamo con gioia e commozione, con rendimento di grazie e con speranza incrollabile, fino a che avremo respiro: Cristo è risorto! È veramente risorto!

Un monaco del deserto

(dal sito di Bose)

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