Tra le altre cose Ratzinger mette in luce tre grandi differenze che ci sono tra Bibbia e Corano (in realtà sono molte di più). Una è questa: la Bibbia, a differenza del Corano, non pretende di essere stata scritta materialmente da Dio che, come sappiamo, non ha scritto nulla, tranne i Dieci Comandamenti, su due tavole di pietra, per ben due volte, dato che Mosè, vedendo il popolo di Dio in festa intorno al suo nuovo dio – un vitello d’oro – in un impeto d’ira aveva spezzato le due prime tavole (Esodo 32, 19), benché fossero state scritte «con il dito di Dio» (31,18) e quindi erano davvero «scrittura di Dio» (32,16). Pazientemente Dio aveva poi riscritto il Decalogo su altre due tavole di pietra: «L’Eterno scrisse sulle tavole le parole del patto, le dieci parole» (34,28), cioè i Dieci Comandamenti. Dio, secondo la Bibbia, non ha scritto altro, o meglio ha scritto e continua a scrivere molto altro, non però «con inchiostro, ma con lo Spirito di Dio, e non su tavole di pietra, ma su tavole che sono cuori di carne» (II Corinzi 3,
3). Resta il fatto che Dio non ha scritto la Bibbia, l’ha certamente ispirata, ma non l’ha scritta. I musulmani invece pensano che Dio stesso abbia scritto il Corano, in cielo.
Come per i cristiani la Parola, che è Dio, si è incarnata in un uomo, Gesù di Nazareth, per i musulmani si è incarnata (se così si può dire) in un libro, il Corano.
I cristiani affermano che «la Parola è stata fatta carne» (Giovanni 1,14), non Libro. Ratzinger ha dunque perfettamente ragione quando, con altre parole, ma uguale sostanza, mette in luce questa profonda differenza e conclude giustamente che il cristianesimo – contrariamente a quello che molti pensano e dicono – «non è una religione del Libro». Sbaglia però completamente quando afferma che la Riforma protestante, con il principio del sola Scriptura, ha fatto sì che «il cristianesimo appaia come una religione di libro», e cita, tra l’altro, la critica mossa al sola Scriptura dal grande storico e teologo Adolf von Harnack, massimo esponente del protestantesimo liberale. In realtà Harnack criticava il “biblicismo”, cioè il letteralismo biblico, che identifica la Lettera con la Parola. Adoperando un’immagine, possiamo paragonare la Lettera alla culla e la Parola al bambino nella culla. Il letteralismo biblico, purtroppo, identifica la culla con il bambino, confondendoli. Il letteralismo biblico, però, non è affatto presente solo in alcuni settori del protestantesimo; ricorre purtroppo in tutte le confessioni cristiane, compreso il cattolicesimo romano.
L’errore maggiore di Ratzinger riguarda la sua idea secondo cui il sola Scriptura avrebbe trasformato il cristianesimo (protestante) in una «religione del Libro». Non è affatto così. Sola Scriptura ha fin dall’inizio sempre significato solum Verbum, «solo la Parola», ovvero quello che Lutero chiamava «l’Evangelo orale», la viva Parola annunciata, il Christus praedicatus. Il cristianesimo protestante, come quello apostolico, è una religione della Parola, non del Libro. Certo, questa Parola è custodita di generazione in generazione nella Scrittura, che dichiariamo sola non nel senso che non ne conosciamo altre e ascoltiamo solo quella escludendo tutte le altre, ma nel senso che solo quella Parola ha l’autorità ultima per la fede, a lei sola prestiamo l’ubbidienza della fede. Tutte le altre parole umane, religiose o laiche, per quanto importanti e anche autorevoli possano essere, le sono subordinate.
Nessuna le è superiore. Solo la Parola che, per l’azione dello Spirito, incessantemente emerge dalla lettera della Scrittura dov’è custodita, è Parola che libera, salva, perdona, converte, consola, illumina, orienta. Di tante cose l’anima può fare a meno, ma non di questa Parola che è la sua stessa vita.
Certo, la Parola non è mai solitaria, è accompagnata e manifestata nel Battesimo, nel pane e vino della Cena e nelle opere buone per il prossimo, che sono come il corpo della fede. Ma tutto è opera della sola Parola nel soffio creatore dello Spirito. Quindi affermiamo il sola Scriptura nel XXI secolo come lo affermarono e praticarono nel XVI secolo tutti i Riformatori perché, come loro e – riteniamo – la Chiesa degli apostoli, interpretiamo il cristianesimo, fondamentalmente, come una religione della Parola, non della Lettera né del Libro
(Paolo Ricca)
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