I dati evidenziano che, al netto delle dichiarazioni roboanti e di chi fornisce servizi essenziali, sono ancora tantissime le aziende Ue e G7 a mantenere, o addirittura consolidare, la propria presenza nel Paese di Putin. E in Italia…
L’invasione russa dell’Ucraina ha provocato una risposta imponente da parte dell’Occidente geopolitico, specie da parte delle aziende, che si sono mosse in massa – anticipando, talvolta, le sanzioni – per interrompere le proprie attività in Russia e minimizzare la quantità di denaro che sarebbe finito a foraggiare lo sforzo bellico del Cremlino. O perlomeno, questa era l’impressione. A conti fatti, e nonostante le grandi promesse, pare che solo l’8,5% delle aziende con sede in Unione europea e nei Paesi G7 sia realmente uscita dal Paese, disinvestendo (anche solo in parte) dalle proprie filiali russe.
Tra le realtà troppo “affezionate” alla Russia primeggiano le aziende tedesche (il 19,5% delle aziende rimaste), seguite da quelle statunitensi (12,4%), giapponesi (7%) e italiane (6,3%).
L'intero articolo di Otto Lanzavecchia a questo link:
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